In che modo deve essere eccepita, da parte del difensore presente in udienza, la nullità nel caso di omessa notificazione del decreto di citazione per il giudizio ad uno dei due difensori di fiducia dell’imputato

(Annullamento con rinvio)

Il fatto

La Corte d’Appello di Lecce, Sezione Distaccata di Taranto, confermava una sentenza emessa dal Tribunale di Taranto con cui l’imputato era stato condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed euro 200 di multa in relazione al reato di furto aggravato ai sensi dell’art. 625, comma primo, nn. 2 e 7 cod. pen..

Ciò posto, per quanto concerne la determinazione della pena, all’imputato erano state concesse le attenuanti previste dall’art. 62, comma primo, nn. 4 e 6 cod. pen. equivalenti alle contestate aggravanti.

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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Ricorreva l’imputato, tramite il suo difensore, deducendo dieci motivi differenti così formulati: 1) violazione di legge nullità della sentenza impugnata ex art. 185 cod. proc. pen. per omessa notifica del decreto di fissazione di udienza in grado di appello al codifensore dell’imputato; 2)

violazione di legge in relazione alla mancata rinnovazione istruttoria ed all’omessa assunzione di una prova decisiva con violazione del diritto di difesa poiché erano state scoperte, dopo la sentenza di primo grado, nuove prove che avrebbero potuto portare all’assoluzione dell’imputato; 3)  contraddittorietà della prova raccolta nel processo evidenziandosi alcune incongruenze che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte d’Appello che le aveva ritenute “modeste difformità“, a giudizio della difesa, impedivano di attribuire al ricorrente il reato; 4) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione dell’istituto della messa alla prova dell’imputato, previsto dall’art. 168-bis cod. pen. atteso che la presenza di precedenti penali non è elemento di per sé sufficiente ad escludere l’applicabilità della messa alla prova in quanto quello in esame è istituto condizionato ad altri presupposti (l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato ed eventualmente il risarcimento del danno cagionato), piuttosto che all’assenza di precedenti penali, potendo applicarsi al recidivo ed essendo escluso solo per le ipotesi di professionalità, abitualità e tendenza a delinquere, in ragione del richiamo normativo agli artt. 102, 103, 104, 105 e 108 cod. pen.; 5) mancata configurabilità della fattispecie concreta quale tentativo di reato con violazione di legge e vizio di motivazione; 6) insussistenza dell’aggravante del danneggiamento della res sottratta quando, in relazione al furto di frutti, la tipologia di essi comporta che l’asportazione risulti necessaria per non comprometterne l’integrità così come non si riteneva sostenibile la tesi della violenza sulle cose costituita dalla recisione dei rami degli alberi poiché è la stessa asportazione del frutto che determina la caduta di piccole porzioni di rami e foglie da cui non conseguono danni all’integrità dell’albero in sé tenuto conto altresì del fatto di come non vi sarebbe prova certa del danneggiamento delle piante; 7) vizio di violazione di legge quanto alla ritenuta sussistenza dell’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede dei frutti sottratti affermandosi ciò sulla base di alcune pronunce della Quinta Sezione Penale del 29/9/1993, e Sez. 5, n. 18282 del 14/4/2014, secondo le quali l’aggravante non può ritenersi sussistente quando l’esposizione a pubblica fede non dipende da un atto di volontà dell’uomo ma è condizione naturale del bene come nel caso di furto di frutti pendenti e non distaccati dalla pianta rilevandosi al contempo che il fondo di proprietà della persona offesa non è luogo aperto al pubblico ma privato in cui l’accesso è consentito solo alle condizioni fissate dal legittimo proprietario; 8) violazione dell’art. 131-bis cod. pen. che, previa esclusione delle aggravanti contestate e riqualificazione della fattispecie in furto semplice, avrebbe potuto essere applicato al fatto commesso dal ricorrente; 9) mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche; 10) eccessiva severità per quanto concerne la dosimetria sanzionatoria giudicata compiuta in violazione dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen. in relazione ai quali si deduceva anche il difetto di motivazione.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso veniva stimato fondato quanto al primo motivo reputato assorbente rispetto alle altre ragioni di censura rilevandosi a tal proposito che l’omessa notificazione del decreto di citazione per il giudizio ad uno dei due difensori di fiducia dell’imputato configura una nullità a regime intermedio che deve essere eccepita in udienza dal difensore presente, anche quando si tratti del sostituto d’ufficio del difensore di fiducia regolarmente avvisato e poi revocato dall’imputato, mentre la mancata eccezione sana la nullità, già nel grado d’appello, ai sensi dell’art. 184, comma primo, cod. proc. pen., a prescindere dal fatto che l’imputato, regolarmente citato, abbia presenziato all’udienza o sia rimasto contumace (Sez. 3, n. 38021 del 12/6/2013; Sez. 6, n. 13874 del 20/12/2013) tenuto conto altresì del fatto che, da un lato, anche nel giudizio di legittimità, l’omessa notificazione ad uno dei due difensori dell’imputato non dà luogo ad una nullità assoluta, ex art. 179 cod. proc. pen., ma comunque genera una nullità, benchè a regime intermedio (Sez. 5, n. 12576 del 14/10/2016, V., Rv. 269703, che ha specificato come tale vizio debba ritenersi sanato, ex art. 184, comma primo, cod. proc. pen., nel caso di mancata comparizione di entrambi i difensori all’udienza, implicando tale condotta la volontaria e consapevole rinuncia della difesa e della parte, globalmente considerata, a far rilevare l’omessa comunicazione ad uno dei difensori), dall’altro, che la giurisprudenza successiva ha ribadito che, in caso di omesso avviso di fissazione dell’udienza ad uno dei due difensori di fiducia dell’imputato, si configura una nullità a regime intermedio che deve essere eccepita in udienza dal difensore presente sicché la mancata proposizione dell’eccezione sana la nullità a prescindere dal fatto che l’imputato, regolarmente citato, sia presente o meno (Sez. 5, n. 55800 del 3/10/2018) fermo restando che tali affermazioni sono tutte, peraltro, coerenti con l’arresto delle Sezioni Unite, n. 39060 del 16/7/2009, secondo cui la nullità di ordine generale a regime intermedio, derivante dall’omesso avviso ad uno dei due difensori di fiducia, deve essere eccepita a opera dell’altro difensore al più tardi immediatamente dopo gli atti preliminari, prima delle conclusioni qualora il procedimento non importi altri atti, in quanto il suo svolgersi (in udienza preliminare, riesame cautelare o giudizio) presume la rinuncia all’eccezione.

Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto al caso di specie, si notava come la nullità fosse stata tempestivamente eccepita poiché il difensore di fiducia del ricorrente l’aveva fatta valere nella fase degli atti preliminari all’udienza svoltasi dinanzi alla Corte d’Appello e poi chiusa dall’emissione della decisione lamentando l’omessa notifica del decreto di citazione per il giudizio di secondo grado all’altro difensore di fiducia.

Il provvedimento impugnato, pertanto, emesso in violazione del diritto di difesa, veniva annullato.

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito in che modo deve essere eccepita, da parte del difensore presente in udienza, la nullità nel caso di omessa notificazione del decreto di citazione per il giudizio ad uno dei due difensori di fiducia dell’imputato.

Difatti, citandosi precedenti conformi, in tale pronuncia, è postulato che l’omessa notificazione del decreto di citazione per il giudizio ad uno dei due difensori di fiducia dell’imputato configura una nullità a regime intermedio che deve essere eccepita in udienza dal difensore presente, anche quando si tratti del sostituto d’ufficio del difensore di fiducia regolarmente avvisato e poi revocato dall’imputato, mentre la mancata eccezione sana la nullità, già nel grado d’appello, ai sensi dell’art. 184, comma primo, cod. proc. pen., a prescindere dal fatto che l’imputato, regolarmente citato, abbia presenziato all’udienza o sia rimasto contumace.

Questo provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione al fine di comprendere entro quali termini può essere eccepita una nullità di questo tipo.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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