(Riferimento normativo: Cod. pen, art. 81; Cod. proc. pen., art. 671)
Il fatto
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava una istanza volta al riconoscimento della continuazione in sede esecutiva tra cinque sentenze.
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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso questo provvedimento proponeva ricorso per Cassazione l’avvocato dell’istante denunciando la violazione di legge e il vizio della motivazione perché la difesa aveva richiesto il riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso anche parziale per gruppi di sentenze mentre il giudice dell’esecuzione le aveva analizzate complessivamente giungendo, inoltre, a conclusioni diverse da quelle contenute nel parere del Pubblico ministero che era favorevole all’accoglimento parziale.
Del resto, rilevava sempre la difesa, tra gli episodi di rapina commessi da minorenne, decorrevano soltanto 42 giorni sicché era evidente, sempre per il legale, la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 671 cod. proc. pen. per questi e tutti gli altri reati in quanto si trattava, comunque, di delitti contro il patrimonio (rapina e furto) perciò indicativi della unicità del disegno criminoso a nulla rilevando invece la diversa collocazione spaziale o il differente atteggiarsi dei fatti solo perché commessi talvolta in solitudine e negli altri casi in concorso con soggetti diversi.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva stimato fondato per le seguenti ragioni.
Si osservava a tal riguardo prima di tutto che, secondo l’autorevole insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, «il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017).
Ciò posto, veniva inoltre rilevato, una volta ribadito l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, «in tema di applicazione della continuazione in sede esecutiva, è legittima l’ordinanza che esclude la sussistenza del vincolo della continuazione in considerazione sia del notevole lasso di tempo intercorrente fra i vari fatti criminosi (se tale elemento non sia contrastato da positive e contrarie risultanze probatorie), sia dei frequenti periodi di detenzione subiti dal richiedente, verosimilmente interruttivi di qualunque progetto, non potendo concepirsi che un disegno delittuoso includa anche gli arresti, l’espiazione delle pene e le riprese del fantomatico progetto esecutivo» (Sez. 1, n. 44988 del 17/09/2018) e fatto presente come fosse stato del resto chiarito che «l’elevato arco di tempo all’interno del quale sono stati commessi più reati (nella specie, dieci anni) non esime il giudice dall’onere di verificare se la continuazione possa essere riconosciuta con riferimento a singoli gruppi di reati commessi, all’interno di tale arco, in epoca contigua, tenuto conto degli ulteriori indici rappresentati dalla similare tipologia, dalle singole causali e dalla contiguità spaziale» (Sez. 1, n. 7381 del 12/11/2018 dep. 2019; in precedenza Sez. 1, n. 14348 del 04/02/2013), che l’esigenza di tale verifica sussiste se e nei limiti in cui l’interessato abbia dedotto l’evenienza del medesimo disegno criminoso anche per singoli gruppi di reati enucleandoli ed allegando gli indici rivelatori della corrispondente continuazione parziale.
Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto al caso di specie, i giudici di piazza Cavour denotavano come il giudice dell’esecuzione non avesse considerato, anzitutto, che l’istanza del condannato aveva per oggetto il distinto e separato riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati con un primo gruppo di tre sentenze essendo in proposito stati evidenziati alcuni elementi (identità delle fattispecie; breve lasso temporale tra i fatti) ritenuti indicativi del medesimo disegno criminoso.
Non risultava, in particolare, ad avviso del Supremo Consesso, adeguata la motivazione che, in relazione ai reati giudicati con le due ultime sentenze, si limitava a porre in luce che le rapine «sono state commesse in luoghi ben distanti tra loro (Roma e Ciampino) ed ai danni di soggetti tra loro non legati in alcun modo».
Difatti, fermo restando che, per la Corte, la diversità di vittime non costituisce affatto un elemento logicamente valorizzabile per escludere la sussistenza del medesimo disegno criminoso poiché il progetto attiene soltanto alla persona del colpevole e non alla vittima, la motivazione veniva altresì stimata apodittica e illogica là dove sottolineava la distanza tra i luoghi trattandosi, in realtà, di comuni confinanti e, peraltro, facenti parte della Città metropolitana di Roma Capitale nonché tradizionalmente, per ragioni storiche, sociali ed economiche, rientranti in un unico percorso di conurbazione dei vari centri abitati che gravitano intorno alla Capitale tenuto conto oltre tutto del fatto che uno dei due aeroporti della Capitale è sito in parte nel Comune di Ciampino e in parte nel Comune di Roma Capitale.
Da ciò se ne faceva conseguire il riconoscimento della sussistenza del vizio motivazionale denunciato dal ricorso.
L’ordinanza impugnata non risultava per di più adeguatamente motivata anche per ciò che concerneva i primi tre reati giudicati dall’autorità giudiziaria minorile in quanto essa ometteva di considerare che i singoli episodi di furto distavano, l’uno dall’altro, pochi mesi e non, come genericamente ritenuto dal giudice dell’esecuzione, oltre un anno sicché era doveroso procedere, anche mediante la necessaria acquisizione delle relative decisioni (Sez. 1, n. 36289 del 08/05/2015), a una separata valutazione dei singoli fatti per verificare, così come richiesto nell’istanza, la sussistenza del medesimo disegno criminoso tra di essi.
Da ciò se ne faceva discendere il riconoscimento della sussistenza del vizio motivazionale denunciato dal ricorso.
L’ordinanza, di conseguenza, veniva annullata con rinvio al giudice dell’esecuzione perché, in diversa persona fisica, sanasse i vizi motivazionali sopra evidenziati procedendo in conformità ai principi di diritto dianzi richiamati.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante nella parte in cui si afferma che, in materia di continuazione, la diversità di vittime non costituisce affatto un elemento logicamente valorizzabile per escludere la sussistenza del medesimo disegno criminoso.
Ove dovesse essere emessa una ordinanza con cui, invece, tale diversità venisse presa in considerazione per escludere la sussistenza di tale requisito previsto, come è noto, per il riconoscimento della continuazione, ben si potrà ricorrere per Cassazione richiamandosi questa pronuncia.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché fa chiarezza su tale tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.
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