In materia di continuazione, nel caso di annullamento con rinvio vige il divieto della reformatio in peius

Indice:

Il fatto

La Corte di Appello di Ancona, in sede di rinvio disposto dalla sezione Prima penale della Cassazione, con sentenza di annullamento dell’ordinanza emessa dalla stessa Corte territoriale, quale giudice dell’esecuzione, aveva parzialmente accolto la richiesta finalizzata ad ottenere l’applicazione della continuazione in relazione ai reati giudicati con cinque sentenze esecutive, in essa specificamente indicate, limitando detto regime a due pronunce (n. 4 e 5 del provvedimento di cumulo), con indicazione della pena complessiva di anni sei e mesi sei di reclusione, nonché aveva rideterminato la durata delle pene accessorie fallimentari per una durata pari alla pena irrogata.

In particolare, la Corte territoriale, quale giudice dell’esecuzione, secondo la sentenza di annullamento con rinvio, pur avendo osservato che la Corte costituzionale, con sentenza n. 222 del 5/12/2018, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 216, ultimo comma, R.D. n. 267 del 16 marzo 1942, con declaratoria avente efficacia ex tunc ai sensi dell’art. 30 della legge costituzionale n. 87 del 1953, integrando un’ipotesi di (sopravvenuta) illegalità della pena apprezzabile ex officio in sede di legittimità (Sez. U, n. 33040 del 26 febbraio 2015) aveva rilevato, in merito alle sentenze sub 4) e sub 6) di cui al provvedimento di cumulo, “che irrogavano entrambe la sanzione accessoria ex art. 216, ultimo comma, legge fall., per la durata di anni dieci, rideterminandola per la durata della pena, così trascurando i principi affermati dalle Sezioni Unite che hanno, invece, ritenuto che, nella determinazione della durata delle sanzioni accessorie ex art. 216 cit., vanno, comunque, considerati i criteri di cui all’art. 133 cod. pen.

Di conseguenza, in sede di rinvio, la Corte d’appello aveva stabilito la pena principale irrogata per le due sentenze irrevocabili relative a reati per i quali era stato riconosciuto il vincolo della continuazione, ritenuta pari ad anni sette di reclusione e aveva indicato la durata delle pene accessorie fallimentari in anni sei.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure il difensore dell’istante aveva proposto ricorso per Cassazione deducendo violazione del divieto di reformatio in peius posto che l’ordinanza censurata, pur aderendo al dictum della Suprema Corte di cui alla sentenza di annullamento con rinvio, quanto alla rilevata necessità di indicare, con riferimento ai reati per i quali era stata riconosciuta la continuazione ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., la pena base per il reato ritenuto più grave, nonché la quota di pena determinata a titolo di aumento, limitandosi ad indicare l’entità complessiva della pena definitivamente rideterminata, ad avviso del ricorrente, aveva, in sostanza, incrementato la pena irrogata in complessivi anni sette di reclusione, pur trattandosi di incidente di esecuzione in origine introdotto dall’imputato, così determinando, a carico di quest’ultimo, un trattamento peggiorativo.

La posizione assunta dalla Procura generale

Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, dal canto suo, faceva pervenire una requisitoria scritta con la quale chiedeva l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza. 

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso era reputato fondato per le seguenti ragioni.

Si evidenziava a tal proposito che, secondo la giurisprudenza della Cassazione, in caso di annullamento, a seguito di ricorso per Cassazione del solo condannato, dell’ordinanza di parziale accoglimento della richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., il giudice dell’esecuzione deve, in sede di rinvio, rispettare il divieto di reformatio in peius in ordine ai punti della decisione annullata già favorevoli al ricorrente (Sez. 5, n. 38740 del 10/07/2019; Sez. 5, n. 39373 del 21/09/2011; Sez. 1, n. 36414 del 19/09/2007), rilevandosi al contempo come sia stato anche osservato, sia pure in una materia diversa dall’esecuzione, che il divieto di reformatio in peius è un principio di portata generale che va applicato anche nel giudizio di rinvio rapportando la pena irrogata con la sentenza annullata a quella irrogata dal giudice del rinvio non potendosi, in nessun caso, ammettere che l’imputato veda aggravarsi una posizione che non aveva accettato e che questa possa essere peggiorata in forza di un atto che mirava, invece, a rimuoverla (Sez. 1, n. 9861 del 29/09/1993).

Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto al caso di specie, gli Ermellini ritenevano come tali principi non risultassero essere stati osservati posto che il giudice dell’esecuzione aveva, nell’originario provvedimento già annullato dalla medesima Corte di legittimità a seguito di ricorso del solo condannato, individuato la pena complessiva per i reati unificati dalla continuazione in anni sei mesi sei di reclusione mentre, nell’ordinanza impugnata in sede di legittimità, la pena complessiva per i medesimi reati era stata quantificata in anni sette di reclusione.

Da quanto sin qui esposto se ne faceva dunque derivare l’annullamento sul punto (unico devoluto con il ricorso per Cassazione) dell’impugnata ordinanza con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello individuata secondo i criteri di cui alla sentenza della Corte cost. n. 183 del 2013. 

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante essendo stato ivi postulato che, in materia di continuazione, nel caso di annullamento con rinvio vige il divieto della reformatio in peius.

Difatti, in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, è per l’appunto affermato che, in caso di annullamento, a seguito di ricorso per Cassazione del solo condannato, dell’ordinanza di parziale accoglimento della richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., il giudice dell’esecuzione deve, in sede di rinvio, rispettare il divieto di reformatio in peius in ordine ai punti della decisione annullata già favorevoli al ricorrente.

Ove quindi si verifichi invece una situazione di questo genere, ben potrà essere impugnato un provvedimento di tal fatta nei modi e nelle forme consentite dal codice di rito penale.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, dunque, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, non può che essere positivo.

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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