Il fatto
Il G.i.p. del Tribunale di Nocera inferiore non convalidata un arrestato per il reato di induzione indebita.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso questa decisione proponeva ricorso per Cassazione la pubblica accusa per erronea applicazione della legge nonché per mancanza o manifesta illogicità della motivazione.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva ritenuto fondato in quanto, secondo i principi ripetutamente affermati dalla Cassazione, in tema di arresto in flagranza, il giudice della convalida deve limitarsi alla verifica della sussistenza dei presupposti legali per l’arresto e dell’uso ragionevole dei poteri da parte della polizia giudiziaria, alla quale è istituzionalmente attribuita una sfera discrezionale nell’apprezzamento dei medesimi, in una chiave di lettura che non deve riguardare né la gravità indiziaria e le esigenze cautelari (trattandosi di valutazione riservata all’applicazione delle misure cautelari coercitive) né l’apprezzamento sulla responsabilità (riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito), in guisa tale che il giudice della convalida non può sovrapporre una propria autonoma interpretazione degli elementi oggettivi evidenziati nel verbale di arresto e, al fine di effettuare il controllo di ragionevolezza, deve porsi nella stessa situazione di chi ha operato l’arresto ed a tal fine è sufficiente che le ragioni che hanno indotto gli operanti a procedere all’arresto emergano dal contesto descrittivo del verbale d’arresto o dagli atti complementari, in modo da consentire al giudice della convalida di prenderne conoscenza e di sindacarle.
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Orbene, ad avviso del Supremo Consesso, di tali principi non aveva fatto corretta applicazione il giudice procedente avendo costui travalicato i limiti del controllo affidatogli ex art. 391 cod. proc. pen. non limitandosi alla valutazione della sussistenza degli elementi che legittimavano l’arresto secondo una verifica ex ante, ma sovrapponendo la propria valutazione sulla gravità del fatto e sulla pericolosità del soggetto, senza fornire adeguata motivazione sugli elementi oggettivi presentatisi alla polizia giudiziaria – consegna del denaro nel luogo concordato con la persona offesa, modalità di fissazione dell’appuntamento, rinvenimento del denaro in possesso dell’indagato, registrazione del colloquio – ed omettendo di considerare che la polizia giudiziaria aveva svolto accertamenti sulle dichiarazioni del denunciante, acquisendo i tabulati e le registrazioni dei colloqui, effettuati nel corso degli incontri precedenti: circostanze che, valutate unitamente alla consegna del denaro ed alle affermazioni dell’indagato, risultanti dal colloquio registrato che, sempre per gli Ermellini, deponevano per la sussistenza del reato e per la reiterazione delle consegne di denaro all’indagato, quale emissario dei pubblici ufficiali denunciati.
L’ordinanza di non convalida dell’arresto veniva, pertanto, annullata, ma in ossequio all’orientamento prevalente (Sez. 5, n. 21183 del 27/10/2016; Sez. 2, n. 21389 del 11/03/2015), l’annullamento veniva disposto senza rinvio, ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen., trattandosi di una fase oramai esaurita nella quale il giudice di merito avrebbe dovuto limitarsi a statuire formalmente la correttezza dell’iniziativa a suo tempo assunta dalla polizia giudiziaria e la legittimità dell’arresto- e quindi, l’esistenza dei presupposti che avrebbero giustificato la relativa convalida-, già riconosciute dalla Suprema Corte con la presente decisione.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito quale verifica è tenuto a compiere il giudice della convalida in tema di arresto in flagranza di reato.
Difatti, in tale pronuncia, sulla scorta di un orientamento nomofilattico consolidato, si afferma che, in tema di arresto in flagranza, il giudice della convalida deve limitarsi alla verifica della sussistenza dei presupposti legali per l’arresto e dell’uso ragionevole dei poteri da parte della polizia giudiziaria, alla quale è istituzionalmente attribuita una sfera discrezionale nell’apprezzamento dei medesimi, in una chiave di lettura che non deve riguardare né la gravità indiziaria e le esigenze cautelari (trattandosi di valutazione riservata all’applicazione delle misure cautelari coercitive) né l’apprezzamento sulla responsabilità (riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito), in guisa tale che il giudice della convalida non può sovrapporre una propria autonoma interpretazione degli elementi oggettivi evidenziati nel verbale di arresto e, al fine di effettuare il controllo di ragionevolezza, deve porsi nella stessa situazione di chi ha operato l’arresto ed a tal fine è sufficiente che le ragioni che hanno indotto gli operanti a procedere all’arresto emergano dal contesto descrittivo del verbale d’arresto o dagli atti complementari, in modo da consentire al giudice della convalida di prenderne conoscenza e di sindacarle.
Questo provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione al fine di appurare se il giudice della convalida abbia correttamente compiuto cotale verifica, oppure no.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in tale decisione, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
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