Indice
- Il fatto
- I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
- Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
- Conclusioni
1. Il fatto
La Corte di Appello di Brescia, in riforma di una pronuncia emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale della stessa città, rideterminava la pena inflitta agli imputati per il reato ascritto al capo B), e dichiarava non doversi procedere in ordine ai reati di cui ai capi A), C) e D), perché estinti per prescrizione.
2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponevano ricorso per Cassazione ambedue gli imputati, per il tramite dei loro legali.
In particolare, uno di essi adduceva i seguenti motivi: 1) erronea applicazione della legge e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata per essere stata affermata la responsabilità dell’imputato, pur non essendovi stata la prova, né della sottrazione del portafoglio da parte del medesimo, né del dolo, richiesto dall’art. 628 cod. pen.; 2) erronea applicazione della legge per la mancata applicazione dell’art. 116 cod. pen. non essendo il furto una conseguenza prevedibile di una condotta di violenza; 3) erronea applicazione della legge e illogicità della motivazione per essere state riconosciute le attenuanti generiche con giudizio di equivalenza, pur non essendo la rapina grave, stante l’evoluzione dei fatti.
Ciò posto, il difensore dell’altro imputato, dal canto suo, formulava le seguenti doglianze: a) erronea applicazione della legge e vizi della motivazione della sentenza impugnata per essere stata affermata la responsabilità dell’imputato pur avendo la Corte territoriale espresso mere congetture sulla credibilità dei testi; b) erronea applicazione della legge e vizi della motivazione della pronuncia impugnata per la mancata applicazione dell’art. 116 cod. pen. poiché la Corte territoriale non avrebbe indicato gli atti da cui ha desunto che tutti i testi avevano riferito della sottrazione del portafoglio mentre nelle denunce sarebbe stato solo uno di questi a dire di essere stato rapinato del portafoglio nella colluttazione, tenuto conto altresì del fatto che la Corte di merito non avrebbe spiegato perché la rapina fosse stata prevedibile; c) illogicità della motivazione per non essere stata riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen. sulla base del rilievo del tutto congetturale che non sarebbe stato risarcito il danno all’altra persona offesa; d) illogicità della motivazione per essere stata negata la prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti senza fare riferimento alla personalità del reo.
Leggi anche: Il concorso di persone nel reato e il concorso anomalo ex art. 116 c.p.
3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Entrambi i ricorsi erano dichiarati inammissibili.
In particolare, era fatto innanzitutto presente che i primi motivi di entrambi i ricorsi, relativi all’affermazione della responsabilità dei coimputati in ordine al delitto di rapina aggravato, non erano reputati consentiti essendo essi, per gli Ermellini, volti a sovrapporre un’interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella recepita dai giudici del merito, più che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati nell’art. 606 cod. proc. pen., il che fuoriesciva dal perimetro del sindacato rimesso alla Corte di legittimità posto che, secondo una linea interpretativa da tempo tracciata, l’epilogo decisorio non può essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto, posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dai giudici del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili o assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015; Sez. 6, n. 22256 del 26/4/2006; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006).
Precisato ciò, il secondo motivo di entrambi i ricorsi era considerato manifestamente infondato, rilevandosi a tal proposito, una volta osservato che, in tema di concorso anomalo, la stessa Cassazione (Sez. 5, n. 306 del 18/11/2020, Rv. 280489; Sez. 5, n. 34036 del 18/06/2013, Rv. 257251) ha affermato che, ai fini dell’affermazione della responsabilità per il reato diverso commesso dal compartecipe, è necessaria la verifica della sussistenza di un nesso, non solo causale ma anche psicologico, tra la condotta del soggetto, che ha voluto soltanto il reato meno grave, e l’evento diverso, nel senso che quest’ultimo deve essere oggetto di possibile rappresentazione in quanto logico sviluppo, secondo l’ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, fermo restando che la prognosi postuma sulla prevedibilità del diverso reato, commesso dal concorrente, va effettuata in concreto, valutando la personalità dell’imputato e le circostanze ambientali nelle quali l’azione si è svolta, come, nel caso di specie, la Corte territoriale avesse fatto una corretta applicazione di tali principi dato che, in un contesto di un’aggressione da parte di un gruppo di una dozzina di giovani contro un singolo individuo, era del tutto prevedibile che si verificasse la sottrazione di denaro ovvero oggetti di valore della vittima, essendo stato attuato cotale comportamento un contesto di assoluta prevaricazione nei confronti di un soggetto.
Orbene, ad avviso del Supremo Consesso, una argomentazione di tal fatta era immune da vizi di sorta avendo la Corte del merito argomentato la sussistenza, nel caso concreto, di una colpa in concreto in capo ai ricorrenti sulla base delle specifiche circostanze della fattispecie concreta.
Chiarito ciò, il motivo di uno dei ricorsi relativo al diniego dell’attenuante del risarcimento del danno, era stimato privo di specificità a fronte delle considerazioni formulate dalla Corte di Appello in ordine al non avvenuto risarcimento dei danni subiti che, a loro volta, non erano state contrastate da obiettivi elementi da parte del ricorrente.
Da ultimo, pure gli ultimi motivi di entrambi i ricorsi erano stimati parimenti privi di specificità atteso che, avendo il Collegio di Appello condiviso il giudizio di equivalenza delle circostanze, formulato dal giudice di primo grado, “in considerazione della gravità in fatto e sanzionatoria dell’aggravante” delle più persone riunite, si notava come la medesima Suprema Corte avesse già chiarito che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora – come nel caso di specie – non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (così Sez. Un., n. 10713 del 25 febbraio 2010).
I ricorsi erano quindi dichiarati inammissibili e i ricorrenti erano condannati al pagamento delle spese processuali, nonché – valutati i profili di colpa nella proposizione dei ricorsi inammissibili – della sanzione pecuniaria, pari a euro tremila, in favore della Cassa delle ammende.
4. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che verifica il giudice è tenuto a fare per potere affermare la responsabilità per il reato diverso commesso dal compartecipe in tema di concorso anomalo.
Difatti, in tale pronuncia, si afferma, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, in tema di concorso anomalo, ai fini dell’affermazione della responsabilità per il reato diverso commesso dal compartecipe, è necessaria la verifica della sussistenza di un nesso, non solo causale ma anche psicologico, tra la condotta del soggetto, che ha voluto soltanto il reato meno grave, e l’evento diverso, nel senso che quest’ultimo deve essere oggetto di possibile rappresentazione in quanto logico sviluppo, secondo l’ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, fermo restando che la prognosi postuma sulla prevedibilità del diverso reato, commesso dal concorrente, va effettuata in concreto, valutando la personalità dell’imputato e le circostanze ambientali nelle quali l’azione si è svolta.
Questo provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare se il giudice abbia (o meno) proceduto correttamente all’affermazione di siffatta responsabilità.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in cotale sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.
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