(Normativa di riferimento: C.p.p., art. 45)
Il fatto
Con provvedimento del 18 gennaio 2019, il Tribunale di … trasmetteva l’istanza del 16 gennaio 2019 con la quale l’imputata G. D. L. chiedeva la rimessione del processo penale instaurato nei suoi confronti davanti al medesimo Tribunale per il delitto di diffamazione aggravata – contestatole per avere postato, il 21 giugno 2011, un intervento sul blog di … nel quale aveva affermato che sarebbe stato necessario promuovere una commissione di inchiesta sul Tribunale di … “…” – perché in quel Tribunale si era costruita, a suo danno e “a tavolino”, una richiesta di risarcimento derivante da una presunta infiltrazione d’acqua proveniente da un suo appartamento nei locali di un immobile di proprietà di due impiegati dello stesso Tribunale, … ed il …, e che a tale procedimento civile erano interessati, a vario titolo, altri parenti delle sue controparti, il difensore, Avv. S. C., fratello di S., il consulente di parte geom. E. C., zio di S., l’ufficiale giudiziario notificatore, F. C., padre di S..
Il processo penale, con decreto di citazione del 7 luglio 2015, era stato chiamato all’udienza davanti al Tribunale di … l’8 luglio 2016.
Posto ciò, la ricorrente lamentava come dalla ricordata azione civile di risarcimento dei danni le fossero derivati una serie di comportamenti vessatori che, nonostante, fossero stati oggetto di plurime denunce all’autorità giudiziaria, non avevano sortito alcun procedimento penale contro i responsabili.
Anche la sua denuncia del 2014 alla Procura nazionale antimafia non aveva avuto seguito.
Il legittimo sospetto, che doveva condurre allo spostamento del processo penale, ad avviso dell’istante, derivava dall’interessamento a quella azione civile, promossa ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ., dei parenti della sua controparte tenendo anche conto che S. C. era impiegata proprio presso la cancelleria civile del Tribunale di … ed il marito presso la cancelleria dell’ufficio Gip del medesimo Ufficio e, a riprova del pregiudizio ambientale, vi era il fatto che il difensore di fiducia della richiedente aveva inopinatamente rinunciato al mandato ed altrettanto avevano fatto i successivi difensori di ufficio fermo restando che vi era anche stata l’astensione del Gip, C. D. R. proprio a motivo della frequentazione con le persone offese.
Tal che se ne faceva conseguire come si sarebbe determinata quella grave situazione locale, esterna al processo ma idonea a turbarne lo svolgimento, che imponeva l’applicazione del disposto dell’art. 45 del codice di rito.
Sul punto:”Processo civile telematico: la remissione in termini”
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
La richiesta di rimessione veniva dichiarata inammissibile alla stregua delle seguenti ragioni.
Si osservava prima di tutto come non risultasse che la richiedente abbia provveduto alla notifica alle altre parti della richiesta stessa adempimento che, come ricordava la Corte in questa pronuncia, costituisce una condizione indefettibile di ammissibilità della medesima, che non consente equipollenti, sicché, in mancanza di essa, l’istanza deve dichiararsi inammissibile, ancorché depositata in udienza (Sez. 2, n. 45333 del 28/10/2015, omissis, Rv. 264960).
Si faceva presente in secondo luogo come la richiesta fosse anche manifestamente infondata posto che, come dedotto in sede di legittimità ordinaria, in tema di remissione del processo, per grave situazione locale deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità del giudice (inteso come l’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito) o di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo, tale che i motivi di legittimo sospetto possono configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e come conseguenza di essa (da ultimo: Sez. 3, n. 24050 del 18/12/2017, dep. 29/05/2018, omissis, Rv. 273116).
Orbene, declinando tale principio al caso di specie, gli ermellini evidenziavano come nulla di abnorme fosse rilevabile così come il pregiudizio per la serenità della decisione non potesse derivare dalla mera constatazione che le persone offese prestino la propria attività lavorativa, come addetti alla cancelleria, nel Tribunale ove si celebra il processo dato che, osservava la Corte, il codice di rito, all’art. 11, prevede uno spostamento di competenza solo quando i soggetti interessati al processo siano dei magistrati del distretto.
Ed invece la richiedente sollecitava, in buona sostanza, un ampiamento di tale regola, anche ai dipendenti del Ministero della Giustizia, ma ciò non era consentito all’interprete, dovendo attenersi alle norme che individuano il giudice precostituito per legge mentre, viceversa, la richiedente sollecitava, in buona sostanza, un ampiamento di tale regola, anche ai dipendenti del Ministero della Giustizia, il che non è consentito all’interprete dovendo attenersi alle norme che individuano il giudice precostituito per legge.
Si denotava oltre tutto come la stessa richiedente, poi, avesse riferito come uno dei giudici, che era stato chiamato a decidere la causa, si fosse astenuto per la frequentazione con le sue controparti così che risultava evidente come i giudici del Tribunale di … avessero, nell’unico caso concreto evidenziato, applicato le regole di procedura destinate a salvaguardare la serenità del giudizio instaurato nei suoi confronti e non sussisteva pertanto, pure per questa ragione, quella grave situazione locale, esterna alla dialettica processuale, che la richiesta summenzionata denunciava.
Tal che, come visto in parte anche prima, se ne faceva conseguire l’inammissibilità del ricorso proposto e la contestuale condanna dell’istante al pagamento delle spese processuali e, versando la medesima in colpa, della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
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Conclusioni
La sentenza in questione è condivisibile.
In detta decisione, difatti, è stata correttamente applicata la grave situazione locale che, come è noto, legittima la rimessione del processo a norma dell’art. 45 richiamandosi quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, in tema di remissione del processo, per grave situazione locale deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità del giudice (inteso come l’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito) o di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo, tale che i motivi di legittimo sospetto possono configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e come conseguenza di essa.
Va da sé dunque che, ove si debba valutare la ricorrenza di questo istituto processuale, si può prendere nella dovuta considerazione questa decisione nella parte in cui chiarisce in cosa consiste la grave situazione locale che, come appena enunciato, può giustificare la remissione di un processo.
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