In una procedura concorsuale è legittimo il giudizio di valutazione espresso con voti numerici, purché tale attribuzione avvenga in coerenza con i criteri predeterminati

Il contenzioso nasce dall’espletamento di un concorso pubblico, per titoli e esami, finalizzato all’assunzione di dirigenti amministrativi di seconda fascia.

Una candidata chiede l’annullamento dell’esito della prova orale, nonché della graduatoria finale del concorso nella parte in cui non contempla il proprio nominativo per mancato superamento della prova stessa.

Tra i vari motivi del ricorso la ricorrente evidenzia, in particolare, l’assenza di motivazione in ordine al voto riportato, adducendo l’omessa indicazione da parte della Commissione giudicatrice delle modalità di assegnazione del punteggio complessivo a disposizione nel giudizio sulla prova orale, essendosi invece limitata a stabilire i criteri di valutazione della prova orale (conoscenza degli argomenti; proprietà e contenuto delle conoscenze; governo delle problematiche; capacità logiche; correttezza linguistica ed espositiva).

Il Tribunale capitolino, nel ritenere infondato il ricorso nel merito, richiama preliminarmente l’orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui “le valutazioni espresse dalle Commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, seppure qualificabili quali analisi di fatti (correzione dell’elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l’espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica e/o culturale, ovvero attitudinale, dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal Giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto, o ancora una contraddittorietà ictu oculi rilevabile”. Il Giudice, pertanto, non può sindacare ambiti riservati alla discrezionalità tecnica sostituendosi alla Commissione, se non nei casi in cui il giudizio risulti viziato da illogicità, vizio che sostanzialmente non può essere confuso con l’inadeguatezza della motivazione, ben potendo questa essere adeguata e sufficiente e tuttavia al tempo stesso illogica”. In linea di principio ne consegue che la valutazione negativa, valorizzata in un punteggio numerico, non è affetta da profili di insufficienza, né da profili di irrazionalità, tanto che il Giudice non può sostituire la propria competenza a quella specifica della Commissione, salvo che rilevi una concreta ed evidente discrasia tra la votazione negativa attribuita e il contenuto degli elaborati.

Il Collegio richiama anche quanto affermato dall’Adunanza Plenaria (sentenza 20 settembre 2017, n. 7) secondo cui “i giudizi delle Commissioni sulle prove scritte d’esame vanno di per sé considerati adeguatamente motivati anche quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da esse predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, valendo comunque il voto a garantire la trasparenza della valutazione”.

La Commissione giudicatrice, peraltro, non è obbligata alla specifica indicazione nel verbale dei voti espressi dai singoli commissari riguardo ad ogni materia d’esame, essendo sufficiente l’indicazione del voto collegiale. La valutazione, infatti, si concretizza legittimamente nel giudizio complessivo che la Commissione esprime con il voto finale unico assegnato al candidato. Ciò, a parere del Collegio, trova giustificazione nella stessa caratteristica dello svolgimento della prova orale con il colloquio, che è unitario e inscindibile, seppur articolato nelle diverse domande formulate dai commissari nelle materie d’esame e nelle risposte del candidato.

Il voto esprime una volontà collegiale, che si presume unanime ed uniforme tranne i casi in cui non vi sia una espressa manifestazione di dissenso da parte di taluno dei commissari. In tal senso, il giudizio individuale dei singoli commissari contribuisce, nella fase propedeutica, “alla formazione del giudizio collegiale e conclusivo della Commissione nella sua completa composizione, con la conseguenza che non occorre riportare il voto assegnato da ciascun membro della Commissione d’esame, risultando il voto singolo irrilevante ai fini della possibilità di ricostruire l’iter logico del giudizio complessivo e unanime della Commissione sul colloquio inteso nella sua unicità[1].

Pertanto, definiti preliminarmente i criteri di valutazione, il voto numerico rappresenta una formula sintetica idonea ad esternare la valutazione tecnica compiuta dalla Commissione ed esprime, sintetizzandolo, il giudizio tecnico discrezionale reso dalla stessa, contenendo in sé la motivazione, senza bisogno di ulteriori chiarimenti. In tal senso l’estrinsecazione di un giudizio mediante l’attribuzione di un valore numerico, alla oltre a rispondere a un evidente principio di economicità amministrativa, “assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute e del potere amministrativo esercitato[2].

In conclusione la pronuncia ribadisce la legittimità del giudizio di valutazione espresso con voti numerici, purché tale attribuzione avvenga in coerenza con i criteri predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni volte a chiarire il significato del voto attribuito né di una griglia di valutazione che riporti la verbalizzazione delle singole valutazioni dei componenti della Commissione esaminatrice. Ne consegue, inoltre, che il giudizio espresso con l’assegnazione di un voto numerico collegiale si presume reso all’unanimità dei componenti.

Va evidenziato, però, che, per quanto resa all’unanimità, la valorizzazione dei punteggi in termini numerici, seppure idonea a rendere palese la valutazione compiuta, potrebbe risultare irragionevole, illogica o errata sotto il profilo tecnico rispetto ai criteri predefiniti: soltanto se ricorre quest’ultima circostanza è consentito al Giudice amministrativo di sostituire la propria valutazione di merito alla discrezionalità tecnica esercitata dalla Commissione[3].

Note

[1] Tar Lazio, Roma, sez. I quater,  5 novembre 2020, n. 11435; Cons. Stato sez. V, 13 luglio 2010, n. 4528; Cons. Stato, sez. VI, 2 aprile 2012, n. 1939; Cons. Stato, sez. II, par. 16 marzo 2017, n. 668.

[2] Tar Piemonte, sez. II, 7 ottobre 2019, n. 1043; Tar Campania, Napoli, sez. VIII, 8 luglio 2019 n. 3798

[3] Cons. Stato, sez. II, 23 febbraio 2021, n. 1568; Cons. Stato, sez. IV, 5 gennaio 2017, n. 11.

Sentenza collegata

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Giacomo Giuseppe Verde

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