La struttura sanitaria è inadempiente per la mancata rimozione di una benda da parte dei medici dopo l’intervento eseguito sul paziente. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica
Indice
1. I fatti: inadempienza sanitaria per benda non rimossa
Una paziente di un ospedale siciliano aveva agito in giudizio nei confronti della struttura sanitaria, lamentando un errore medico da parte di quest’ultima per la mancata rimozione totale del cerchiaggio cervicale che le era stato precedentemente inserito. In particolare, la paziente sosteneva di essere stata sottoposta, nel dicembre 2006, ad un intervento di cerchiaggio cervicale a causa della incapacità del collo dell’utero di supportare una gravidanza fino al termine naturale e che a seguito della rottura prematura delle membrane, nell’aprile 2007, aveva partorito e gli era stato quindi rimosso il cerchiaggio cervicale precedentemente introdotto.
Subito dopo le dimissioni la paziente aveva sofferto di episodi di leucorrea maleodorante, dolore pelvico-pubico e senso di spossatezza, che però aveva trascurato. Fino al maggio 2012, allorquando a causa dell’aggravarsi dei disturbi aveva eseguito una visita ginecologica presso uno specialista, che le aveva prescritto una terapia. Nel novembre 2013, a causa del persistere dei problemi, aveva svolto un nuovo controllo specialistico a seguito del quale era emersa la presenza di un corpo estraneo nastriforme all’interno della fornice vaginale posteriore della paziente. Pertanto, un paio di mesi dopo si era sottoposta ad intervento chirurgico per la rimozione di detto nastro.
La paziente aveva quindi introdotto un procedimento per ATP nei confronti della struttura sanitaria che nel 2006 le aveva introdotto il cerchiaggio e i CTU del predetto procedimento avevano rilevato che alla paziente era stato lasciato un pezzo del cerchiaggio (precisamente una benda di mersilene) e che questo, nei 5 anni successivi, aveva determinato un granuloma secondario ad una reazione infiammatoria cronica da corpo estraneo. Secondo i CTU dell’ATP, inoltre, i sanitari che avevano effettuato la rimozione del cerchiaggio avrebbero dovuto prevedere le difficoltà nella rimozione e pertanto avrebbero dovuto eseguire una visita ginecologica più approfondita dopo il parto per verificare l’eventuale presenza di residui di benda o comunque avrebbero dovuto programmare un monitoraggio successivo.
La struttura sanitaria si costituiva in giudizio affermando che non vi era alcuna responsabilità della medesima in quanto l’intervento di rimozione del cerchiaggio era stato eseguito a regola d’arte dai sanitari della struttura e che non era stato provato dalla paziente che il corpo estraneo trovato nella fornice vaginale posteriore della paziente fosse un residuo del cerchiaggio eseguito presso la struttura sanitaria. In secondo luogo, la struttura sanitaria sosteneva che il fatto che la paziente non fosse immediatamente ricorsa alle cure nonostante avesse avvertito delle problematiche di salute, sostanziava un comportamento negligente della danneggiata idoneo a configurare un suo concorso di colpa nella determinazione dei danni lamentati. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica
Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
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2. Le valutazioni del Tribunale
Il giudice ha in primo luogo evidenziato come la responsabilità della struttura sanitaria va ricondotta nell’alveo della responsabilità contrattuale, in quanto all’accettazione del paziente all’interno della struttura, per l’effettuazione di un ricovero o di una visita ambulatoriale, determina la conclusione dei un contratto di prestazione d’opera atipico (il c.d. contratto di spedalità).
Detta responsabilità della struttura sanitaria, per inadempimento al contratto di spedalità, può poi derivare sia a causa di fatti propri posti in essere dalla struttura medesima, sia a causa di condotte poste in essere dai sanitari di cui la stessa si è avvalsa per l’esecuzione della propria prestazione.
In ragione della natura contrattuale del rapporto tra struttura sanitaria e paziente, quest’ultimo deve fornire la prova del contratto intercorso con la struttura e dell’aggravamento della situazione patologica o dell’insorgenza di nuove patologie e del relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari. Mentre resta a carico dell’obbligato la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile con l’uso della ordinaria diligenza esigibile nei confronti dei sanitari in base alle conoscenze tecnico-scientifiche del momento.
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3. La decisione del Tribunale
Nel caso di specie, la paziente ha provato la sussistenza del rapporto contrattuale con la struttura sanitaria, concluso a seguito dell’accettazione della paziente presso l’ospedale il giorno del ricovero per l’esecuzione dell’intervento di rimozione del cerchiaggio.
Inoltre, l’attrice ha altresì dimostrato la condotta colpa dei sanitari per errata esecuzione dell’intervento, poiché lo hanno eseguito in maniera difforme rispetto ai protocolli all’epoca vigenti (per non aver eseguito i necessari controlli dopo la rimozione del cerchiaggio volti ad escludere la presenza di residui all’interno della fornice vaginale), nonché la sussistenza di un nesso causale tra la predetta condotta colposa dei sanitari e i danni lamentati dalla paziente.
Infatti, i CTU hanno accertato che vi era un nesso di causa tra la rimozione del cerchiaggio e le lesioni riportate dalla paziente nonché con l’evoluzione flogistica dei tessuti in cui era presente il corpo estraneo.
In considerazione di ciò, secondo il tribunale gravava sulla struttura sanitaria l’onere di dimostrare che la mancata rimozione integrale del cerchiaggio sia derivata da un evento imprevisto e imprevedibile non imputabile alla stessa struttura.
Tuttavia, la struttura sanitaria non ha dato prova del fatto impeditivo, cioè del verificarsi di un evento imprevedibile e non superabile con l’adeguata diligenza.
In conclusione, il giudice ha dato rilievo anche alla inerzia della paziente che per i 5 anni successivi all’esecuzione dell’intervento di rimozione del cerchiaggio ha omesso di recarsi da un ginecologo, nonostante i fastidi avvertiti.
Secondo il giudice, tale omissione della paziente ha concorso a determinare le conseguenze dannose lamentate dalla paziente.
In particolare, come accertato dai CTU, la presenza del corpo estraneo (cioè della benda) all’interno della fornice vaginale della paziente non è la sola causa sufficiente per determinare l’evento dannoso, ma si inserisce in maniera concausale in maniera paritaria nella terminazione dell’evento con la condotta della paziente (che si è sottoposta agli ulteriori esami volti ad escludere la presenza di una patologia, soltanto 5 anni dopo l’intervento di rimozione del cerchiaggio, nonostante la presenza di chiari sintomi patologici).
Conseguentemente, il giudice pur accogliendo la domanda risarcitoria della attrice ha ritenuto che quest’ultima con la propria condotta abbia contribuito alla causazione del danno dovuto alla incompleta rimozione del cerchiaggio cervicale e ne ha tenuto conto nella quantificazione del risarcimento.
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