Il caso
Si segnala una interessante pronuncia del giudice di pace di cerignola, (sentenza n. 274/2019) la quale, con sentenza parziale ex. Art. 279 cpc, affronta il dibattuto caso della legittimità dell’intervento in giudizio dell’assicuratore del danneggiato nel giudizio promosso in danno dell’assicuratore del responsabile.
Giova premettere che nel giudizio da cui la pronuncia in esame, dopo l’infruttuoso espletamento della procedura stragiudiziale, l’attore evocava in giudizio il danneggiante e il suo assicuratore.
In sede di prima udienza spiegava intervento l’assicuratore del danneggiato, asserendo di intervenire ex. Art. 77 cpc in forza della convenzione Ania.
L’attore, sempre in sede di prima udienza, eccepiva la illegittimità dell’intervento, evidenziando la carenza di interesse e/o legittimazione del proprio assicuratore.
La pronuncia
Il contesto normativo
Il giudice di pace comincia con una disamina del contesto normativo sotteso alla domanda.
Si premette che l’attuale impianto normativo consente al danneggiato una triplice facoltà. Questi, infatti, può evocare in giudizio il solo responsabile del danno, ex. Art. 2054 cc, il proprio assicuratore ex. Art. 149 codice delle assicurazioni (c.d. Indennizzo diretto) o l’assicuratore del danneggiante (e lo stesso danneggiante litisconsorte necessario) ex art. 144 del cda.
Il giudice di pace evidenzia, altresì, che la corte costituzionale, con la nota pronuncia n. 180/2009, ha stabilito come il ricorso all’indennizzo diretto sia meramente facoltativo per il danneggiato il quale, pertanto, ha a disposizione il ventaglio di azioni di cui sopra.
Altresì il giudice di pace sottolinea come la facoltatività dell’indennizzo diretto abbia anche una copertura comunitaria in virtù della direttiva 2005/14/ce.
La ratio decidendi
Fatta questa premessa, il giudice di pace struttura la ratio decidendi a sostengo della inammissibilità dell’intervento su quattro pilastri.
In primis il giudice di pace sottolinea come consentendo l’intervento dell’assicuratore del danneggiato si porrebbe nel nulla la pronuncia della corte costituzionale.
In secondo luogo nella sentenza si evidenzia come il codice delle assicurazioni preveda una ipotesi di intervento nell’art. 148 in favore dell’assicuratore del danneggiante nel giudizio promosso in danno dell’assicuratore del danneggiato. Argomenta il gdp che se il legislatore avesse voluto consentire l’ipotesi inversa lo avrebbe espressamente previsto.
Indi il giudice di pace affronta le questioni strettamente processuali, e quindi l’art. 105 cpc, evidenziando che nel caso che occupa, non si delinea nessuna delle ipotesi ivi previste per consentire l’intervento volontario del terzo.
Non è ravvisabile, a detta del giudicante, un diritto proprio dell’assicuratore del responsabile da far valere nei confronti di una delle parti, o un diritto nei confronti dell’attore o del convenuto che giustifichi l’adesione alle ragioni degli stessi onde ottenere un esito della controversia favorevole alla parte adiuvata.
Giustamente il gdp censura l’illogicità dell’intervento sulla scorta del fatto che l’assicuratore dovrebbe tutelare e manlevare il proprio assicurato e non costituirsi in giudizio onde contrastarne le ragioni e domande.
Il giudice, per evidenziare il paradosso, pone l’ipotesi della domanda riconvenzionale proposta dal convenuto privato in danno dell’assicuratore dell’attore, che determinerebbe per quest’ultimo contemporaneamente il sostenere le ragioni di entrambe le parti in giudizio, con un plateale conflitto di interessi. Il paradosso si completerebbe, poi, nel caso di intervento dell’assicuratore del convenuto.
Indi il giudice di pace sottolinea come l’accordo ania, che secondo l’intervenuto giustifica la costituzione in giudizio, altro non è che un contratto di natura privatistica con il quale tutti gli assicuratori aderenti concordano che la gestione del sinistro sia effettuata dall’assicuratore del danneggiato per loro conto. La natura privatistica dell’accordo non lo rende opponibile erga omnes e comunque non giustifica la rappresentanza ex. Art. 77 cpc, non prevedendo ne una procura generale ne, tantomeno, una surrogazione soggettiva.
Nel caso che occupa, infatti, non possono trovare applicazione gli articoli 1273 e 1268 cc, stante la mancata adesione del creditore.
L’intervento basato sulla card, quindi, è in aperta violazione dell’art. 81 cpc e palesa una falsa applicazione dell’art. 77 cpc.
L’art. 77 cpc, infatti, è invocabile secondo l’insegnamento della suprema corte, solo in presenza di potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio. Una investitura che, nel caso che occupa, sottolinea il giudicante, difetta radicalmente.
Con l’ultima ratio decidendi il giudice di pace motiva come, pur a voler superare l’ostacolo di cui sopra, leggendo la card si può notare come la gestione è demandata ai sinistri ex. Art. 141 e 149 cda (terzo trasportato e indennizzo diretto del conducente e/o proprietario) e non l’ipotesi del 144 cda oggi trattata; per tale ragione, scrive il gdp, non è invocabile la pronuncia della corte di cassazione n. 20408/2016 in quanto, in detta ipotesi, il mandato irrevocabile afferiva anche all’azione ex. Art. 144 cda.
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