Ricorso: pedissequa riproduzione degli atti processuali
In tema di ricorso per Cassazione, ai fini del requisito di cui all’art. 366 comma 2 c.p.c. , la pedissequa riproduzione dell’intero letterale contenuto degli atti processuali, è per un verso del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata. Per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte Suprema, dopo averla costretta a leggere tutto, la scelta di quanto effettivamente rileva. In sostanza, detta modalità di redigere il ricorso, è pari ad un mero rinvio alla lettura degli atti processuali, bypassando in tal modo il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione.
Quasi tutto il ricorso, consiste nell’esposizione dei fatti
E’ questo il principio più volte affermato dai giudici di legittimità, e dalla medesima Corte di Cassazione, seconda sezione civile – con ordinanza n. 10493 del 3 maggio 2018 – ritenuto appropriato al giudizio di specie, ove, in una causa di divisione ereditaria, i ricorrenti avevano inserito nel corpo del ricorso la fotoriproduzione degli atti del processo, eccedendo nel riportare, in modo estremamente meticoloso, ogni singolo accadimento processuale senza che ve ne fosse necessità. Infatti, sebbene la vicenda in esame non si connotasse per particolare complessità, i ricorrenti avevano impiegato ben 68 pagine (su 82 totali) per spiegare l’intero svolgimento dei gradi di merito, in modo da escludere, senza dubbio, la sommarietà di esposizione richiesta dal codice di rito. Una tecnica espositiva – spiegano gli Ermellini – che ha reso particolarmente “indaginosa” l’individuazione delle questioni da parte della Corte, investendo quest’ultima della ricerca e della selezione dei fatti rilevanti per decidere. E la residua parte “di diritto” non sopperisce affatto, laddove esamina le ragioni di diritto invocate, dando per scontata la sommaria esposizione dei fatti di causa e demandando quindi ai Giudici di Cassazione, il complicato lavoro di selezione e valutazione dei fatti importanti. Da qui, l’inammissibilità del ricorso.
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