Inammissibilità dell’appello dichiarata dopo la celebrazione del giudizio: chiarimenti della Cassazione

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La Quinta Sezione penale, in tema di impugnazioni, ha affermato che la causa di inammissibilità dell’appello, di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., non rilevata dal giudice prima della celebrazione del giudizio, non può essere dallo stesso dichiarata in esito ad essa, nel caso in cui la notifica del relativo decreto di citazione sia stata effettuata personalmente all’imputato.

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Corte di Cassazione – Sez. V Pen. – Sent. n. 21005 del 28/05/2024

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Indice

1. I fatti

La Corte di appello di Salerno ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’imputato avverso la condanna pronunziata dal Tribunale di Salerno per il reato di atti persecutori aggravati. Il motivo dell’inammissibilità era da ricercarsi nel mancato deposito ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. da parte dell’imputato della dichiarazione o elezione di domicilio funzionale alla notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello.
Avverso tale sentenza è stato proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi: con il primo si deduceva violazione di legge, posto che nel mandato ad impugnare la sentenza di primo grado conferito al proprio difensore l’imputato indicava la propria residenza e questo costituirebbe a tutti gli effetti una dichiarazione di domicilio, tanto più che il decreto di citazione gli veniva regolarmente notificato a mezzo posta all’indirizzo indicato.
In più, la Corte ha dichiarato inammissibile l’appello a seguito di eccezione proposta dalla parte civile nella memoria tardivamente presentata dal suo difensore ed alla quale l’imputato non ha potuto replicare ai sensi dell’art. 598-bis c.p.p., avendone appreso l’esistenza solo da lettura della sentenza impugnata.
Con il secondo motivo venivano addotti vizi di motivazione in merito alla ritenuta inammissibilità dell’appello nonostante la Corte avesse originariamente considerato lo stesso ammissibile, tanto da ordinare la citazione dell’imputato, e nonostante quest’ultima sia stata ritualmente eseguita presso la residenza dell’imputato.
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2. Inammissibilità dell’appello dopo la celebrazione del giudizio: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, nell’analizzare il ricorso, ha osservato che, a norma dell’art. 581, comma 1-ter c.p.p. (introdotto con la Riforma Cartabia), è richiesto, a pena di inammissibilità, il deposito della dichiarazione o elezione di domicilio unitamente all’atto di impugnazione ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio.
La disposizione in esame si riferisce a tutte le impugnazioni proposte dalle parti private ed è funzionale al buon esito della notificazione del decreto di citazione a giudizio, affinché lo stesso raggiunga la sfera di conoscenza del destinatario.
È, dunque, escluso, ad avviso della Corte, come preteso dal ricorrente, che la mera indicazione nel corpo del mandato difensivo conferito al difensore per impugnare la sentenza di primo grado della residenza dell’imputato equivalga ad una dichiarazione di domicilio ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter c.p.p.
Per ciò che riguarda la dichiarazione di inammissibilità di appello con sentenza pronunziata all’esito dell’udienza fissata per la celebrazione dello stesso, la Suprema Corte osserva, preliminarmente, che l’art. 591 c.p.p. prevede espressamente che l’inammissibilità dell’impugnazione non rilevata ai sensi del comma secondo dello stesso articolo può essere dichiarata in ogni stato e grado del procedimento.
Non rileva nemmeno che l’inammissibilità sia stata eccepita dalla parte civile con memoria presentata intempestivamente, posto che il giudice può rilevarla anche d’ufficio.
Tuttavia, il ricorso coglie nel segno riguardo alla circostanza che il decreto di citazione per il giudizio di appello è stato comunque regolarmente notificato all’imputato all’indirizzo indicato come quello di sua residenza.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione ha osservato che la causa di inammissibilità apparentemente si è perfezionata prima dell’esecuzione della notifica del decreto di citazione, “ma non di meno non può ritenersi ininfluente che la stessa sia stata rilevata solo all’esito del giudizio d’appello o, meglio, che questo sia stato ritualmente celebrato con la presenza dell’imputato o in assenza del medesimo, ma a seguito della sua rituale citazione“.
La Corte specifica, infatti, che non è possibile promuovere una lettura eccessivamente formalistica dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. che non tenga conto della ratio che l’ha ispirata e, dunque, della funzione assegnata dal legislatore all’adempimento imposto alle parti private, ossia quella di agevolare la vocatio in iudicium e acquisire prova ragionevolmente certa della conoscenza da parte dell’imputato della celebrazione del giudizio di impugnazione“.
In tal senso, deve ritenersi che qualora il giudice dell’appello non rilevi la specifica causa di inammissibilità prima della celebrazione del giudizio, quale ne sia la ragione, ma fissi l’udienza per la sua trattazione e provveda con successo alla notifica del decreto di citazione personalmente all’imputato, venga meno la stessa ragione per cui la sanzione processuale viene comminata dalla legge processuale, essendo per l’appunto certo che, in tal caso, egli ha avuto conoscenza dell’udienza fissata per la trattazione della sua impugnazione.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Napoli per il giudizio.

Riccardo Polito

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