Inammissibilità della prova testimoniale tesa a dimostrare la simulazione della quietanza – divieto sancito dall’art. 2722 codice civile – C. Cass., SS. UU., 13 maggio 2002, n. 6877

Redazione 21/12/02
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inserito in Diritto&Diritti nel dicembre 2002

Dott. Donato N. L. Palombella
dpalombella@libero.it

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-Svolgimento dei fatti
-Conflitto tra i diversi orientamenti
-A favore dell’inammissibilità della prova testimonialeA favore dell’ammissibilità della -prova testimonialePrincipi fissati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione
-Sentenza

Non è ammissibile la prova per testimoni tesa a dimostrare la simulazione della quietanza, nel senso che trattasi di ricevuta di comodo.

La simulazione può essere dimostrata solo mediante prove documentali – essendo esclusa la prova testimoniale – stante l’espresso divieto sancito dall’art. 2722 del codice civile.

Svolgimento dei fatti

La “C.B. SpA” conveniva in giudizio la “A.S. sas”, chiedendo la condanna al pagamento del saldo prezzo relativo della vendita di un autobus.

La convenuta si costituiva eccependo l’avvenuto adempimento dell’obbligazione, producendo, come prova, la fattura di vendita quietanzata.

L’attore sosteneva il carattere simulato della quietanza – emessa al solo scopo di permettere alla “A.S. sas” di ottenere dei finanziamenti pubblici – e forniva prova testimoniale del mancato pagamento della somma indicata nel documento fiscale.

Il Tribunale ammetteva la prova testimoniale fornita dall’attore e, conseguentemente, condannava la Società convenuta al pagamento.

La “A.S. sas” proponeva appello lamentando, tra l’altro, l’inammissibilità della prova testimoniale in relazione al presunto contenuto simulato della quietanza.

La Corte d’Appello dichiarava inammissibile la prova per testimoni diretta a dimostrare che il pagamento risultante dalla quietanza non era stato effettivamente eseguito.

Il successivo ricorso per Cassazione veniva rimesso al giudizio delle Sezioni Unite, perché si pronunciassero sulla questione relativa all’ammissibilità o meno della prova testimoniale, su fatti contrari al contenuto della quietanza, ovvero alla sua simulazione.

Conflitto tra i diversi orientamenti

Con la sentenza in esame, le Sezioni Unite della Suprema Corte sono intervenute per dirimere il conflitto sorto sull’ammissibilità o meno della prova testimoniale in relazione alla simulazione assoluta della quietanza.

La decisione riveste importanza non solo per il “valore di principio” espresso nell’occasione, ma anche per la fattispecie concretamente esaminata che si presenta, nella realtà, con una certa frequenza.

Nella sostanza dei fatti, il venditore sostiene che la quietanza è stata fornita al solo scopo di permettere all’acquirente di ottenere un finanziamento necessario all’acquisto del bene.

Occorre premettere che, spesso, allo scopo di evitare la consumazione di truffe ai danni dell’ente erogante, la materiale erogazione dei finanziamenti è subordinata ad alcune condizioni quali l’esibizione della bolla d’accompagnamento della merce (comprovante non solo, come ovvio, la consegna, ma anche l’esistenza del bene oggetto della vendita) nonché della relativa fattura quietanzata (comprovante l’avvenuto pagamento).

Di frequente l’acquirente non ha la liquidità necessaria a far fronte all’acquisto (da pagarsi col netto ricavo del finanziamento) per cui – a prescindere dalla liceità o meno del comportamento – si assiste ad un accordo simulato tra venditore ed acquirente, in virtù del quale il primo consegna la marce ed emette fattura quietanzata pur in mancanza del totale pagamento del corrispettivo convenuto per l’acquisto del bene.

In tali circostanze il venditore, per evitare possibili problemi d’ordine fiscale (può verificarsi, infatti, un possibile “sfasamento” tra la data della quietanza e quella dell’effettivo pagamento, con conseguenti ripercussioni contabili e fiscali per operazioni eseguite in esercizi diversi) o penale, omette di farsi rilasciare una “controdichiarazione” confidando sulla buona fede dell’acquirente; di contro si trova nell’impossibilità di poter provare documentalmente il contenuto “simulato” della fattura quietanzata.

Sull’ammissibilità della prova testimoniale in relazione alla simulazione della quietanza, erano sorti due diversi orientamenti.

A favore dell’inammissibilità della prova testimoniale

In molte pronunce delle Sezioni Semplici della Corte di Cassazione, l’inammissibilità della prova testimoniale era stata sostenuta sulla base di diverse considerazioni.

A volte la quietanza era stata considerata quale “dichiarazione confessoria stragiudiziale” d’avvenuto pagamento, con conseguente applicazione dell’art. 2732 codice civile e possibile invalidità solo per errore di fatto o violenza (Cass. civ., sez. lav., 7 ottobre 1994, n. 8229).

In altre circostanze l’ammissibilità della prova testimoniale era stata basata sull’art. 2722 cod. civ.; di contro, si era sostenuto che tale articolo trova applicazione solo nelle ipotesi di rapporti contrattuali e non nell’ipotesi della quietanza, quale dichiarazione unilaterale (Cass. civ., 10 gennaio 1983, n. 175).

In alcuni casi, era stato applicato il combinato disposto dell’art. 2722 e 2726 codice civile da cui il divieto di provare con testimoni patti difformi dal contenuto del documento – rectius della quietanza (C. Cass., sez. I, 28 luglio 1997, n. 7021 – conforme, per la quietanza del prezzo indicato nell’atto di vendita, C. Cass., sez. I, 5 luglio 1994, n. 6346).

Nel caso in esame la Corte d’Appello di Bologna (sentenza del 20 maggio 1998) aveva dichiarato inammissibile la prova per testimoni, «essendo diretta a dimostrare l’esistenza di un accordo simulatorio che, per la sua natura convenzionale, forma oggetto del divieto sancito dall’art.1417 cc, applicabile anche agli atti unilaterali, a norma dell’art.1324 dello stesso codice; e che il valore privilegiato della quietanza, al rilascio della quale il debitore ha diritto, ai sensi dell’art. 1199 del codice civile, “sarebbe vanificato dall’indiscriminata possibilità di prova testimoniale ad essa contraria».

A favore dell’ammissibilità della prova testimoniale

Un altro orientamento, forse mosso da “necessità d’ordine pratico”, aveva sostenuto la possibilità di provare la nullità della quietanza anche mediante prova testimoniale.

In questo caso l’ammissibilità della prova testimoniale tesa a dimostrare la simulazione assoluta della quietanza (nel senso che trattasi di ricevuta di comodo) trovava fondamento nell’art. 1414 codice civile (Cass. civ., 31 marzo 988, n. 2716)

Altre volte si è ritenuto che il divieto di prova testimoniale ex art. 2721 cod. civ. si riferisse solo a contratti e non alla quietanza, quale atto unilaterale (C. Cass., sez. II, 5 dicembre 1994, n. 10442).

In altre circostanze, per “aggirare” l’ostacolo dell’inammissibilità della prova testimoniale, il “focus” della discussione era stato spostato dalla “quietanza” al “contratto sovrastante” (ovvero la compravendita del bene); quindi l’ammissibilità della prova testimoniale era fondata sul richiamo all’art. 27296 codice civile in tema di rapporti contrattuali.

Principi fissati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione

Secondo il principio espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza in esame, l’oggetto della prova non è costituito dal “contratto sovrastante” (nella specie, la compravendita dell’autobus), ma dalla quietanza (art. 1199 del codice civile) quale atto unilaterale dichiarativo.

Di conseguenza, non può trovare applicazione l’art. 2726 codice civile perchè si riferisce esclusivamente ai rapporti contrattuali.

La dimostrazione della simulazione può essere fornita solo con la produzione in giudizio di prova documentale e non con deposizioni testimoniali, stante l’espresso divieto sancito dall’art. 2722 codice civile.

Corte Suprema di Cassazione

Sezioni Unite Civili

Sentenza n. 6877 del 13 maggio 2002

(Sezioni Unite Civili – Presidente V. Baldassarre – Relatore A. Vella)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione, notificato l’undici maggio 1984, la società per azioni (omissis) convenne, davanti al Tribunale di Ferrara, la società in accomandita semplice (omissis), per la condanna al pagamento della somma di 45.866.000 lire, costituente il prezzo residuo della vendita di un autobus.

La convenuta, costituitasi in giudizio, eccepì di avere già eseguito il pagamento della somma di denaro pretesa, e come prova di esso, produsse la quietanza apposta alla fattura di vendita. Con domanda riconvenzionale chiese la condanna dell’attrice alla restituzione della somma di 5.700.000 lire, versatale per interessi non dovuti e al risarcimento del danno per la consegna del veicolo, eseguita con ritardo nel mese di giugno dell’anno 1982 e non in quello di maggio dell’anno precedente, come si era stabilito nel contratto di compravendita.

Il Tribunale, espletata una prova per testimoni, dedotta dall’attrice per dimostrare che la somma di denaro indicata nella quietanza non era stata versata, in parziale accoglimento della domanda principale, condannò la convenuta a corrisponderle la minore somma di 33.700.000 lire (avendo respinto la pretesa di pagamento degli interessi per le dilazioni concesse), e rigettò la riconvenzionale.

La società in accomandita semplice (omissis) propose appello, affermando che il Tribunale era incorso in errore per i seguenti motivi:

1)- aveva ritenuta ammissibile la prova per testimoni di un accordo contrario al contenuto della quietanza, in violazione del divieto di revoca della confessione (nel cui schema s’inquadra la quietanza), divieto da cui deriva l’impossibilità di dimostrarne la falsità se non sia stata determinata da dolo o errore;

2)- aveva ritenuto non provato il pagamento della somma di 5.700.000 lire,pur essendosi prodotte in giudizio per tale importo le cambiali sulle quali era anche riportata la dicitura “a saldo fattura n. 342 del 25.6.1981”;

3)- aveva respinto la domanda riconvenzionale di restituzione degli interessi stilla parte di prezzo versata (35.000.000), sebbene essa fosse basata sul ritardo colpevole nella consegna dell’autobus vendutole, ritardo a causa del quale aveva rigettato la domanda dell’attrice di pagamento degli interessi di rinnovo dei titoli cambiari con scadenza 30 ottobre 1981.

L’appellata resistette al gravame e, con impugnazione incidentale, rinnovò la richiesta di condanna della controparte al pagamento degli interessi pretesi.

Con sentenza del 20 maggio 1998 la Corte d’Appello di Bologna, in parziale accogli mento delle impugnazioni, ha riformato la decisione di primo grado, condannando la convenuta a pagare alla società attrice la somma di 12.166.000 lire con gli interessi al tasso legale dalla domanda al saldo.

La Corte ha dichiarato inammissibile la prova per testimoni, diretta a dimostrare che il pagamento risultante dalla quietanza rilasciata all’appellante non era stato eseguito e ha accolto, conseguentemente, l’eccezione di adempimento, avendo aderito, in presenza del contrasto esistente sul punto tra le sentenze della Corte di cassazione, all’orientamento, secondo cui la prova orale non può essere in tal caso consentita, essendo diretta a dimostrare l’esistenza di un accordo simulatorio che, per la sua natura convenzionale, forma oggetto del divieto sancito dall’art.1417 del codice civile, applicabile anche agli atti unilaterali, a norma dell’art.1324 dello stesso codice; e che il valore privilegiato della quietanza, al rilascio della quale il debitore ha diritto, ai sensi dello art. 1199 del codice civile, “sarebbe vanificato dall’indiscriminata possibilità di prova testimoniale ad essa contraria”.

La stessa Corte ha, però, escluso l’estensione dell’efficacia probatoria della quietanza alla pretesa degli interessi sulle somme di denaro, il cui pagamento era stato dilazionato e, quindi, in accoglimento del gravame incidentale , ha condannato al pagamento di essi la convenuta, osservando che tale debito era stato da questa riconosciuto in parte,con dichiarazione del 24 febbraio 1982, e, in parte, con l’emissione di cambiali scadenti il 30 agosto 1981 e di una fattura per l’intero importo non contestata. E ha, in proposito, rilevato che la acquirente, cui incombeva il relativo onere per avere rilasciato tali titoli, non aveva provato l’insussistenza -della causale del pagamento, e che, comunque, dagli elementi acquisiti al processo, era risultata l’assenza della responsabilità della società per azioni (omissis) per il ritardo della consegna dell’autobus e per il suo ritiro dalla circolazione. Infine ha negato che alla società in accomandita semplice (omissis) competesse la restituzione della somma di 5.700.000 lire pagata alla venditrice con due cambiali in scadenza il 30 agosto 1981,essendo tale importo relativo a interessi su parte del prezzo, il cui versamento era stato originariamente differito al 31 ottobre 1981, data poi prorogata altre due volte, e non essendosi provata dalla stessa società l’inesatto adempimento della controparte.

La società in accomandita semplice (omissis) ricorre per cassazione con un motivo, illustrato con memoria.

La società per azioni (omissis) resiste con controricorso e propone ricorso incidentale con due motivi.

Anche la società in accomandita semplice (omissis) ha depositato un controricorso. Il Primo Presidente ha disposto, ai sensi dell’art.374 del codice di procedura civile, la assegnazione dei ricorsi alle Sezioni Unite, perché si pronuncino sulla questione di diritto (quella relativa all’ammissibilità o non della prova testimoniale di fatti anteriori o contestuali al contenuto della quietanza, o della sua simulazione), decisa in senso difforme dalle sezioni semplici.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Pregiudizialmente si dispone la riunione dei due ricorsi, ai sensi dell’art.335 del codice di procedura civile, perché proposti contro la stessa sentenza.

Con l’unico motivo del ricorso principale, denunziandosi la violazione degli art.2697 del codice civile e 214 e 215 del codice di procedura civile, in relazione all’art.360 nn. 3 e 5 di quest’ultimo codice, si censura la sentenza impugnata per avere la Corte d’Appello respinto la domanda riconvenzionale e accolto quella proposta dalla società (omissis) per ottenere il pagamento della somma di 12.166.000 lire per interessi, con l’argomento che la ricorrente aveva riconosciuto di essere debitrice di una parte di tale importo con dichiarazione del 24 febbraio 1982, e di altra parte mediante il rilascio di cambiali scadenti il 30 agosto 1981 e l’emissione di una fattura per l’intera somma di denaro non contestata.

In contrario si sostiene che la dichiarazione datata 24 febbraio 1982, prodotta al momento dell’iscrizione della causa a ruolo, non aveva alcun valore probatorio, perché essendosi dalla convenuta negato con la comparsa di costituzione di averla sottoscritta,e dal suo difensore confermato il disconoscimento nell’udienza del 31 ottobre 1986, l’attrice, per far valere il suo preteso diritto in base ad essa, avrebbe dovuto chiederne la verificazione.

Si soggiunge che, comunque, dalla prova per testimoni espletata era risultato che la dichiarazione menzionata non era stata firmata dal rappresentante legale della convenuta e che, quindi, mancava la causale del credito preteso dalla società (omissis).

Si afferma ancora che di quest’ultima la Corte d’Appello ha negato l’inadempimento perché non ha considerato che:

a)- l’autobus, consegnato nel mese di giugno 1981 al l’acquirente, era privo dei requisiti che avrebbe dovuto avere,in base al contratto di vendita del 30 marzo di quello stesso anno concluso dalle parti (“in tutto e per tutto rispondente alle caratteristiche previste dal d.l.13 agosto 1975 n.377, convertito nella legge 16 ottobre 1975 n.433 e dal d.19 marzo 1979), e che, per tale ragione, era stato ritirato dalla circolazione e sostituito con un altro veicolo;

b)- il contributo era stato concesso all’acquirente prima della consegna dell’autobus, non perché questo avesse i requisiti prescritti, ma perché erano stati prodotti i documenti necessari per ottenerlo;

c)- l’acquirente era stata autorizzata ad immettere nel servizio pubblico di linea l’autobus, poi rivelatosi inidoneo, ma, una volta accertata la sua non corrispondenza ai requisiti richiesti dalla legge, era stato ordinato il suo immediato ritiro dalla circolazione.

Con il primo motivo del ricorso incidentale, il cui esame deve precedere quello del ricorso principale, essendosi solo con esso proposta la questione su cui si è formato il contrasto tra le pronunce delle sezioni semplici di questa Corte, si censura la sentenza impugnata per avere il Giudice d’appello commesso i seguenti errori:

a)- ha escluso l’ammissibilità della prova per testimoni in contrasto con il prevalente orientamento della Corte di cassazione, secondo cui il divieto sancito dall’art.2726 codice civile, non si applica alla quietanza che, essendo un atto unilaterale, non contenente una convenzione, non può entrare in conflitto con patti aggiunti o contrari, “data la mancanza di omogeneità di tali categorie di atti giuridici, posti su piani concettualmente diversi”,

b)- ha omesso di considerare che la prova per testimoni non aveva come oggetto né il pagamento o la remissione di un debito, ai quali si applica il divieto dell’art.2726 cod. civ., né patti aggiunti o contrari alla quietanza, ma era diretta a dimostrarne la simulazione – ed era, pertanto, ammissibile, ai sensi dell’art.1414 codice civile, che si riferisce anche agli atti unilaterali- alla quale si era fatto ricorso per ottenere dalla Regione Emilia Romagna il finanziamento previsto dal d.m. 18 agosto 1976, prima ancora del pagamento effettivo del prezzo di vendita dell’autobus;

c)- ha applicato la norma dell’art.2722 cod. civ. – che vieta la prova per testimoni di patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, per i quali si alleghi che la stipulazione è stata anteriore o contemporanea sul presupposto che l’accordo simulatorio costituisca il fatto anteriore o contestuale al contenuto della quietanza, mentre avrebbe dovuto applicare la disposizione dell’art.2723 cod. civ., in quanto “il documento da considerare era il contratto di compravendita”, e ritenere, conseguentemente ammissibile la prova dedotta, potendo il giudice ammetterla, qualora con essa si alleghi che, dopo la formazione di un documento (nella specie :compravendita),sia stato stipulato un patto aggiunto o contrario al suo contenuto;

d)- ha dichiarato inammissibile la prova per testimoni, mentre avrebbe dovuto ammetterla, ai sensi dell’art.2724 cod. civ., avendo ritenuto provato il parziale riconoscimento del debito, contenuto nella dichiarazione rilasciata dalla società Autoservizi il 24/2/1982 (principio di prova per iscritto);

e)- ha dichiarato inammissibile la prova per testimoni nel suo complesso, pur essendo stati formulati alcuni suoi capitoli non al fine di dimostrare che il rilascio della quietanza era avvenuto per consentire alla convenuta di ottenere il finanziamento, ma “per confermare se le ricevute bancarie emesse alle scadenze pattuite fossero o non ritornate insolute e se la convenuta avesse o meno pagato la somma residua di 33.700.000 lire”.

Il motivo è infondato.

L’art. 1199 del codice civile dispone che il creditore il quale riceve il pagamento,deve, a richiesta e a spese del debitore, rilasciare quietanza e farne annotazione sul titolo se questo non è restituito al debitore.

Come è evidente e pacifico, la quietanza è un atto unilaterale dichiarativo e dovrebbe, quindi, essere ammessa liberamente la prova per testimoni diretta a contrastarne il contenuto, distinguendosi dal pagamento e dalla remissione del debito, ai quali l’art.2726 cod. civ. estende le norme che limitano l’operatività di questo mezzo istruttorio.

Al riguardo si è detto che “le quietanze, le bolle di consegna e gli assegni bancari sono atti unilaterali che non contengono convenzioni e non possono, perciò, entrare in contrasto con patti aggiunti o contrari, data la mancanza di omogeneità di tali categorie di atti giuridici, posti su piani concettualmente diversi” (sent.n.2716 del 1988 in motivazione).

Si è, però, obiettato che la quietanza, a differenza degli altri atti unilaterali, ha valore di confessione stragiudiziale e fa piena prova, contro colui che la rilascia, del ricevimento di quanto in essa dichiarato (art. (art.2735 cod. civ.: ” La confessione stragiudiziale fatta alla parte o a chi la rappresenta, ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziaria. Se è fatta a un terzo o se è contenuta in un testamento, è liberamente apprezzata dal giudice”); e si è conseguentemente ritenuto che ad essa debba applicarsi la norma dell’art. 2732 cod. civ. secondo cui: “La confessione non può essere revocata se non si prova che è stata determinata da errore di fatto o da violenza”, norma con la quale si è sancita, da un lato, la irrevocabilità del vincolo con il quale il confidente è assoggettato alla libera dichiarazione resa contro la sua persona, e, dall’altro lato, si è consentita la stia invalidazione per tutelarne l’autore dal rischio di subire gli effetti pregiudizievoli di una dichiarazione non vera, perché rilasciata per errore o per costrizione.

Nella specie, tuttavia, il contrasto da risolvere riguarda la questione specifica della ammissibilità della prova per testimoni della simulazione della quietanza, avendo la ricorrente sostenuto di avere rilasciato all’acquirente dell’autobus una quietanza “di comodo” al solo scopo di consentirle di ottenere dalla Regione Emilia il finanziamento previsto dal d.m.18 agosto 1976.

Per alcune sentenze il mezzo istruttorio della testimonianza è in tale ipotesi ammissibile, in quanto l’ultimo comma dell’art.1414 del codice civile (“Le precedenti disposizioni si applicano anche agli atti unilaterali destinati a una persona determinata, che siano simulati per accordo tra il dichiarante e il destinatario”) prevede come possibile la simulazione anche degli atti unilaterali, la cui prova, essendo diretta a dimostrare l’inesistenza o la nullità della dichiarazione confessoria di avvenuto pagamento, non trova ostacolo, né nell’art.2730 del codice civile, il quale limita la revoca ai soli casi di errore o di violenza della confessione, che sia stata, però, realmente resa, né nello art.2726 dello stesso codice, in quanto l’oggetto della prova non è il pagamento o la remissione di un debito, mala simulazione assoluta della quietanza, in base a un accordo concluso tra il dichiarante e il destinatari, per un pagamento in realtà non eseguito (sent.n.739 del 1966, 2716 del 1988).

Con altre pronunce la prova testimoniale si è ritenuta, invece, inammissibile,ma le ragioni addotte a sostegno di questo orientamento non sono state sempre le stesse. Con alcune decisioni si è affermato che “l’esistenza del fatto estintivo (pagamento) attestato dalla quietanza può essere contestata soltanto mediante la prova degli stessi fatti (errore o violenza) che l’art. 2732 cod. civ. richiede siano provati, perché venga meno l’efficacia della confessione, onde sono irrilevanti il dolo e la simulazione” (sent. nn. 5955 del 1979, 328 del 1990, 8229 del 1994).

Con altre si è considerata ostativa all’ammissione della prova per testimoni la norma dell’art.2726 del codice civile, in base al rilievo che questa, avendo esteso al pagamento il divieto, sancito dall’art.2722 del codice civile,di provare con testimoni patti aggiunti o contrari al contenuto del documento contrattuale, ha escluso che con tale mezzo istruttorio possa dimostrarsi l’esistenza di un patto, come l’accordo simulatorio, anteriore o contestuale alla quietanza e contrario ad essa,che del pagamento costituisce la prova documentale. E si è anche osservato che questa conclusione è coerente con la disposizione dell’art.1417 del codice civile, secondo cui la prova della simulazione dedotta da una delle parti per l’accertamento del negozio dissimulato lecito, incontra gli stessi limiti stabiliti dall’art. 2722 cod. civ. per la prova testimoniale, la quale, pertanto, se l’atto simulato è scritto, non è ammissibile contro il contenuto del documento, risolvendosi l’accordo simulatorio in un fatto contrario al suo contenuto (sent.n.7021 del 1997).

Per le Sezioni Unite questo secondo orientamento è quello giuridicamente corretto.

Ed infatti, poiché l’oggetto della prova, diversamente da quel che sostiene la ricorrente, è costituito non dal contratto (nella specie: compravendita dell’autobus), ma dall’accordo simulatorio, che è lo strumento attuativo della simulazione (nel caso concreto della quietanza), essendo concluso allo specifico fine di negare l’esistenza giuridica dell’atto apparente, nei cui confronti si configura come un patto (anteriore o contemporaneo) ad esso aggiunto e contrario, la sua dimostrazione può essere data dalle parti con la produzione in giudizio del documento che lo racchiude e non con deposizioni testimoniali, stante l’espresso divieto sancito dall’art. 2722 del codice civile.

Pertanto, deve rigettarsi il primo motivo del ricorso incidentale, che è quello con il quale è stata proposta la questione decisa in modo divergente dalle sezioni semplici della Corte, mentre sul suo secondo motivo e sul ricorso principale si pronuncerà la seconda sezione civile alla quale entrambi i ricorsi erano stati inizialmente assegnati.

P. Q. M.

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, rigetta il primo motivo del ricorso incidentale e rimette gli atti alla seconda sezione civile per l’esame del secondo motivo dello stesso e del ricorso principale, e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

AVVERTENZA: Il testo della sentenza non ha carattere di ufficialità. L’unico testo ufficiale è quello pubblicato attraverso la stampa autorizzata. L’autore, pur avendo posto la massima cura nell’elaborazione dei testi e nella riproduzione dei documenti, non assume responsabilità per eventuali errori e/o imprecisioni.

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