Quando il giudice dell’esecuzione non può adottare de plano una decisione di inammissibilità?
Per approfondimenti si consiglia: Dibattimento nel processo penale dopo la Riforma Cartabia
Indice
1. La questione: la possibilità per il giudice dell’esecuzione di intervenire de plano
Il Tribunale di Catania, quale giudice dell’esecuzione, rigettava una richiesta di applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen..
Ciò posto, avverso questa decisione il difensore dell’istante ricorreva per Cassazione, deducendo inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità perché, a suo avviso, il giudice dell’esecuzione avrebbe rigettato l’istanza de plano, pur non ricorrendo nel caso di specie una delle ipotesi disciplinate dall’art. 666, comma 2, cod. proc. pen.. Per approfondimenti si consiglia: Dibattimento nel processo penale dopo la Riforma Cartabia
Dibattimento nel processo penale dopo la riforma Cartabia
Nel presente volume viene esaminata una delle fasi salienti del processo penale, il dibattimento, alla luce delle rilevanti novità introdotte dalla Riforma Cartabia con l’intento di razionalizzare i tempi del processo di primo grado e di restituire ad esso standards più elevati di efficienza, come la calendarizzazione delle udienze, la ridefinizione della richiesta di prova e la nuova disciplina della rinnovazione della istruzione dibattimentale.L’opera, che contempla anche richiami alla nuovissima disciplina relativa al Portale deposito atti penali (PDP), è stata concepita come uno strumento di rapida e agile consultazione a supporto dell’attività dell’avvocato.Oltre a quelle previste dal codice di rito penale, la trattazione passa in rassegna tutte le ipotesi in cui si svolge il dibattimento, come il procedimento innanzi al giudice di pace, il processo penale minorile e quello previsto in materia di responsabilità degli enti.Il testo è corredato da tabelle riepilogative e richiami giurisprudenziali e da un’area online in cui verranno pubblicati contenuti aggiuntivi legati a eventuali novità dei mesi successivi alla pubblicazione.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB) e giornalista pubblicista. Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica Diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il Supremo Consesso riteneva il ricorso suesposto fondato.
In particolare, gli Ermellini – dopo avere fatto presente che, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., infatti, è possibile che il giudice dell’esecuzione adotti de plano una decisione di inammissibilità dell’istanza con decreto motivato, sentito il pubblico ministero, solo nei casi di manifesta infondatezza della richiesta per difetto delle condizioni di legge o di mera riproposizione di una richiesta già rigettata – rilevavano di conseguenza come l ‘inammissibilità dell’istanza possa essere rilevata dal giudice ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. solo nei casi in cui appaiono immediatamente insussistenti i presupposti normativi della richiesta, restando riservati al rito camerale le questioni di diritto di non univoca soluzione e la delibazione di fondatezza nel merito dell’istanza (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014) mentre ogni qual volta, invece, si pongano problemi di valutazione che impongono l’uso di criteri interpretativi in relazione al thema probandum,deve essere data all’istante la possibilità di instaurazione del contraddittorio con il procedimento camerale previsto – sul modello di quello tipico ex art. 127 cod. proc. pen. – dall’art. 666, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 35045 del 18/04/2013).
Ebbene, nel caso di specie, per i giudici di piazza Cavour, il giudice dell’esecuzione aveva provveduto de plano, senza previa rituale instaurazione dell’udienza camerale, esaminando nel merito la richiesta, con valutazioni riferite alla verifica della sussistenza delle condizioni per il riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso, estese all’apprezzamento della personalità dell’istante e, così facendo, il giudice dell’esecuzione aveva espresso un giudizio di merito e aveva fornito un apprezzamento discrezionale e, pertanto, non avrebbe potuto applicare la disposizione di cui all’art. 666, comma 2, cod. proc. pen..
La Corte di legittimità, quindi, annullava, l’ordinanza impugnata, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Catania, per l’ulteriore corso.
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3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando il giudice dell’esecuzione non può adottare de plano una decisione di inammissibilità.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo, che ciò non è possibile nel caso in cui ci siano problemi di valutazione che richiedono l’uso di criteri interpretativi per quanto riguarda il thema probandum, dato che in tale ipotesi è necessario garantire immediatamente la possibilità di contraddittorio attraverso il procedimento camerale previsto, simile a quello tipico dell’articolo 127 del codice di procedura penale, come stabilito dall’articolo 666, comma 3, del medesimo codice.
Ove dunque si verifichi siffatta situazione e, nonostante ciò, il giudice dell’esecuzione provveda senza contraddittorio, ben si potrà ricorrere per Cassazione (come è avvenuto nel caso di specie).
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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