La Seconda Sezione penale ha affermato che, nel caso di ricorso per Cassazione proposto, in violazione dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., da un difensore privo di specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla pronunzia della sentenza, è possibile dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione con procedimento “de plano” ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen.
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1. I fatti
La decisione della Corte di Cassazione scaturisce dal ricorso presentato dall’imputata, a mezzo del proprio difensore avverso la sentenza della Corte di appello di Milano che confermava la decisione con la quale il Tribunale di Milano l’aveva condannata alla pena ritenuta di giustizia per il reato previsto dagli artt. 633 (invasione di terreni) e 639-bis (si procede di ufficio se si tratta di acque, terreni, fondi o edifici pubblici o destinati ad uso pubblico) cod. pen.
Nel ricorso viene chiesto l’annullamento della sentenza per mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla affermazione di responsabilità.
2. Ricorso senza specifico mandato ad impugnare: l’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione osserva, preliminarmente, che il ricorso è stato proposto da difensore non munito dello specifico mandato ad impugnare rilasciato dall’imputata dopo la pronuncia della sentenza di appello, chiarendo che “l’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. d), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Riforma Cartabia, ndr), prevede che, nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio“.
Nel caso in esame, l’imputata fu dichiarata assente nel primo grado di giudizio, il suo difensore impugnò la sentenza del Tribunale nella vigenza della precedente normativa e il giudizio di appello si svolse senza trattazione orale.
La Suprema Corte ritiene, pertanto, che anche nel giudizio di secondo grado, celebratosi con trattazione cartolare, l’imputata fu giudicata in assenza, considerato che, secondo quanto disposto dal comma 1 dello stesso articolo 89 del d. lgs. 150/2022 cit., “quando, nei processi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, è stata già pronunciata, in qualsiasi stato e grado del procedimento, ordinanza con la quale si è disposto procedersi in assenza dell’imputato, continuano ad applicarsi le disposizioni del codice di procedura penale e delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale in materia di assenza anteriormente vigenti“.
Inoltre, all’epoca della presentazione dell’appello non era ancora in vigore l’art. 581, comma 1-quater cod. proc. pen., cosicché il difensore impugnò la sentenza senza essere munito di mandato specifico ad impugnare, prima non richiesto, che avrebbe assicurato una sicura conoscenza del processo in capo alla ricorrente.
La Corte osserva che “l’intenzione del legislatore nel prevedere uno specifico mandato ad impugnare, deve ritenersi senz’altro applicabile al giudizio di Cassazione non solo in ragione della collocazione sistematica della norma ‘Forme dell’impugnazione’, nell’ambito del libro IX dedicato in generale alle impugnazioni, ma anche in considerazione della ratio sottesa alla Riforma che è quella di selezionare le impugnazioni, anche per il giudizio di Cassazione, avendo comunque attenzione alla salvaguardia dei diritti delle parti e delle garanzie del giusto processo“.
La questione nuova che il Collegio è chiamato a decidere riguarda la possibilità, nel caso di ricorso per Cassazione proposto da un difensore privo di specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la pronuncia della sentenza, di dichiarare la inammissibilità dell’impugnazione con procedimento de plano (“senza formalità di procedura”).
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Appello e ricorso per cassazione penale dopo la Riforma Cartabia
Alla luce delle novità introdotte dalla Riforma Cartabia (D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150), il volume propone al professionista che si trova ad affrontare l’appello e il ricorso per cassazione in ambito penale indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti.La prima parte è dedicata all’appello: dove va depositato? Chi può depositarlo, ed entro quando? Quali requisiti devono sussistere? E molte altre questioni di ordine pratico a cui gli autori offrono risposte attraverso richiami alla più significativa giurisprudenza di settore e con il supporto di utili tabelle riepilogative.La seconda parte si sofferma invece sul ricorso per cassazione, dai motivi del ricorso ai soggetti legittimati, dai provvedimenti impugnabili alle modalità di redazione del ricorso e degli atti successivi, con l’intento di fornire indicazioni utili ad evitare l’inosservanza o erronea applicazione della normativa e la scure dell’inammissibilità. Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato in Larino, giornalista pubblicista e cultore della materia in procedura penale, è autore di numerosi articoli su riviste giuridiche telematiche.Gabriele EspositoAvvocato penalista patrocinante in Cassazione. Autore di manuali di diritto penale sostanziale e procedurale, dal 2017 è Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.
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3. La decisione della Cassazione
Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione si avvia alle conclusioni osservando che, come disposto dall’art. 591, comma 1 cod. proc. pen., l’impugnazione è inammissibile:
a) quando è proposta da chi non è legittimato o non ha interesse;
b) quando il provvedimento non è impugnabile;
quando non sono osservate le disposizioni degli articoli 581, 582, 585 e 586;
d) quando vi è rinuncia all’impugnazione.
Ebbene, ad avviso della Corte “la mancanza di specifico mandato integra senza dubbio un difetto di legittimazione, al pari di un ricorso presentato personalmente dall’imputato o da un difensore non iscritto all’albo speciale della Corte di cassazione, ipotesi per le quali si procede sempre de plano“.
Dal combinato disposto delle norme richiamate risulta che da una parte la dichiarazione di inammissibilità senza formalità di procedura sarebbe consentita (“limitatamente al difetto di legittimazione”) e dall’altra sarebbe preclusa (quando non sono osservate le disposizioni degli artt. 581 e ss.).
Ritiene il Collegio che “il contrasto fra le due disposizioni, sulla base di una interpretazione sistematica, vada risolto dando prevalenza alla prima, che consente detta procedura nella ipotesi di difetto di legittimazione, potendosi ritenere che il riferimento all’art. 581 nella sua interezza, in detto comma, sia rimasto invariato solo per un difetto di coordinamento tra norme e quindi che debba intendersi escluso dal divieto di applicazione della procedura de plano il caso di inammissibilità previsto dal comma 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen., inserito dal d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150“.
La Corte di Cassazione ha, dunque, dichiarato la inammissibilità del ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
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