Non possono essere messi in discussione i diritti acquisiti da un terzo professionista in buona fede incaricato dal condominio con una delibera annullabile.
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Indice
1. La vicenda
Un professionista presentava ricorso al Tribunale per ottenere un decreto ingiuntivo nei confronti del condominio per il pagamento a titolo di compenso per l’attività professionale prestata in favore della collettività condominiale.
A fondamento del ricorso il professionista faceva presente di aver ricevuto, con apposita delibera assembleare, l’incarico professionale consistente nella redazione del progetto di sistemazione della vela del palazzo, nonché di verifica delle cause dei danni esistenti sui balconi del suddetto caseggiato; inoltre evidenziava che l’amministratore del condominio con una lettera raccomandata gli aveva formalmente affidato l’incarico per il detto progetto; in ogni caso aggiungeva di aver tempestivamente espletato entrambi gli incarichi ricevuti, tanto che veniva invitato dall’amministratore a partecipare personalmente ad una riunione assembleare per illustrare ai condomini i progetti così come da lui realizzati; lo stesso professionista notava pure di aver manifestato la propria disponibilità allo svolgimento di nuovi incarichi solo laddove gli fossero state corrisposte le proprie spettanze per gli incarichi già precedentemente eseguiti, specificando le proprie competenze, richiesta quest’ultima nuovamente non riscontrata.
Successivamente risultato vano ogni successivo sollecito di pagamento, il detto professionista otteneva dall’ordine di appartenenza il parere di congruità per l’attività professionale svolta.
Il decreto ingiuntivo veniva concesso.
Avverso tale provvedimento il condominio proponeva opposizione sostenendo che l’incarico era stato illegittimamente conferito all’ingegnere per via dell’invalidità della deliberazione con cui gli era stato dato mandato. Nel merito i condomini deducevano che la delibera assembleare relativa al conferimento dell’incarico a favore del professionista risultava essere stata assunta con un quorum deliberativo insufficiente; inoltre sostenevano che la quantificazione del compenso a favore del professionista non risultava essere stata pattuita al momento del conferimento dell’incarico e che il parere di congruità non fosse vincolante.
2. La questione
L’invalidità della delibera assembleare può essere opposta al terzo che, in buona fede, ha fatto affidamento su detta decisione?
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3. La soluzione
Il Tribunale ha dato torto al condominio. Lo stesso giudice ha sottolineato che oggetto del decreto ingiuntivo opposto è il legittimo credito vantato dal professionista per le prestazioni professionali svolte nei confronti del condominio in virtù dell’incarico ricevuto dapprima con nomina fatta dall’assemblea dei condomini e, poi, successivamente, con lettera raccomandata A/R. inviata dall’amministratore. Di conseguenza il Tribunale non ha accolto l’eccezione sollevata dal condominio opponente in ordine alla asserita invalidità della suddetta delibera condominiale per effetto del mancato raggiungimento del quorum deliberativo.
A parere del giudice partenopeo l’eventuale difetto del quorum deliberativo doveva essere fatto valere attraverso una rituale impugnazione giudiziale del verbale condominiale, nel termine di trenta giorni dalla relativa adozione e/o comunicazione.
Tale delibera condominiale, però, non risulta essere stata oggetto di alcuna impugnazione, né tantomeno risulta essere stata annullata dall’autorità giudiziaria.
È stato confermato quindi il decreto ingiuntivo opposto.
4. Le riflessioni conclusive
Secondo la Cassazione i terzi in buona fede, che abbiano acquisito diritti in seguito a una delibera dell’assemblea poi eventualmente dichiarata invalida dal giudice, non perdono alcuna delle loro garanzie derivanti da quel rapporto.
Si applica in questi casi l’articolo 2377 c.c., norma dettata in materia societaria, ma pacificamente applicabile per analogia anche in materia condominiale; di conseguenza qualora venga pronunciata una sentenza che renda invalida una delibera del condominio, vengono fatti salvi i diritti acquistati, in buona fede, dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della delibera stessa.
In particolare, ad avviso dei giudici supremi, lo stato di “buona” o “cattiva” fede va verificato in un momento anteriore: ossia prima della firma del contratto.
Pertanto se il creditore, pur consapevole che la delibera sulla scorta della quale sta ricevendo l’incarico è impugnabile perché viziata, allora non potrà mai pretendere alcunché.
Diversamente, se in quel (primitivo) momento egli non poteva essere al corrente delle cause di invalidità della decisione, va considerato “in buona fede” e, pertanto, il suo contratto resiste anche ad eventuali sentenze di annullamento (Cass. civ., sez. II, 22/07/2014, n. 16695).
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