Incidente stradale: la presunzione di pari responsabilità

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Posto che l’art. 2054 Cc impone al conducente di un veicolo senza guida di rotaie l’obbligo di risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, il successivo secondo comma, stabilisce la presunzione di responsabilità in capo a ciascuno dei conducenti, in egual misura, fatta salva la prova contraria.

Tuttavia, tale presunzione di co-responsabilità deve essere esplicitamente invocata dalle parti in causa che, pertanto, devono concludere in tal senso, in caso contrario, il giudice non può sentenziare sul concorso di colpa della vittima.

Ed invero, la sentenza che statuisce in merito, senza alcuna richiesta delle parti, risulta affetta, tra l’altro, dal vizio di ultra petizione.

Tanto ha stabilito la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 22811, pubblicata in data 29 settembre 2017.

A seguito dello scontro tra un’autovettura ed un ciclomotore, il conducente di quest’ultimo rimaneva ucciso, mentre il conducente dell’auto, nel frattempo datosi alla fuga, una volta identificato veniva tratto in arresto e condannato, con sentenza ex art. 444 c.p.p. (patteggiamento), passata in giudicato, con l’accertamento della sua piena ed esclusiva responsabilità.

A causa della mancanza di copertura assicurativa dell’autovettura, gli eredi del defunto convenivano nel giudizio civile sia il proprietario-conducente dell’autovettura, che la compagnia di assicurazioni designata alla gestione del Fondo Vittime della Strada, per chiedere l’integrale ristoro dei danni.

Il Tribunale di Nocera Inferiore, in accoglimento della domanda attorea, previo riconoscimento dell’esclusiva responsabilità del sinistro del conducente dell’autovettura, lo condannava, in solido con la compagnia di assicurazioni, al risarcimento del danno.

Interponeva appello la compagnia assicuratrice, chiedendo che il risarcimento del danno fosse limitato al massimale stabilito dalla normativa sul fondo di garanzia, all’epoca del sinistro pari ad euro 774.685,35.

La Corte d’appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza impugnata, riduceva del 50% la somma liquidata in primo grado a titolo di risarcimento del danno, in virtù della ritenuta presunzione di pari responsabilità in capo al conducente del ciclomotore, ai sensi dell’art. 2054 Cc.

 

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Propongono ricorso per cassazioni i familiari del defunto conducente il ciclomotore, eccependo, tra altro, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 Cpc, nella parte in cui la sentenza avrebbe pronunciato extra petita partium, violazione e falsa applicazione dell’art. 115 Cpc, nonché degli artt. 2043 e 2054 Cc.

La Corte di Cassazione immediatamente premette come <<il ricorso è complessivamente fondato e merita accoglimento in quanto la Corte d’appello, ponendosi in contrasto con tutte le norme indicate nell’epigrafe dei vari motivi di ricorso, non si è ritenuta vincolata alle risultanze probatorie acquisite nel giudizio penale ed univocamente confluenti nel giudizio di responsabilità esclusiva del conducente l’autovettura, ed ha applicato la presunzione di corresponsabilità di cui all’art. 2054, 2° co. c.c., indipendentemente da ogni richiesta in tal senso formulata dall’appellante>>.

Riferisce la stessa come, dal testo della sentenza di secondo grado impugnata, la quale riporta le conclusioni rassegnate dalle parti in causa e, in particolare, quelle della compagnia di assicurazioni appellante, nessuna conclusione era stata formulata in merito alla corresponsabilità del danneggiato.

L’appellante, infatti, si era limitato a richiedere una valutazione del danno nei limiti del massimale allora vigente.

Conclude, pertanto, affermando come <<da quanto premesso deriva certamente la fondatezza dei vari motivi di censura mossi all’ impugnata sentenza. Innanzitutto il Giudice ha pronunciato ultra petita partium in quanto non vi era alcuna espressa conclusione dell’appellante volta ad affermare il concorso del danneggiato; in secondo luogo appare violato il divieto di novum in appello, posto dall’art. 345 c.p.c., in quanto, ove anche si giungesse alla conclusione che l’accertamento della corresponsabilità del danneggiato costituisse una motivazione implicita dell’impugnata sentenza, in ogni caso, non avendo l’accertamento della corresponsabilità del danneggiato costituito oggetto del giudizio di primo grado, il giudice d’appello avrebbe dovuto rilevare la violazione dell’art. 345 c.p.c. in presenza di una domanda nuova ad esso proposta>>.

Pertanto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

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Avv. Accoti Paolo

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