Incidente stradale: rimborso CPT se non superflua

l’ordinanza ha accolto un ricorso un incidente stradale, decidendo sul rimborso delle spese per la consulenza tecnica di parte

Chiara Schena 21/10/24
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Con l’ordinanza n. 26729 del 15 ottobre 2024, la Corte di Cassazione ha parzialmente accolto un ricorso riguardante un incidente stradale, decidendo in particolare sul tema del rimborso delle spese sostenute per la consulenza tecnica di parte. La Suprema Corte ha chiarito che tali spese devono essere rimborsate, a meno che non risultino superflue o sproporzionate.

Per approfondire il commento: Rimborso spese consulente tecnico di parte in incidente stradale

Indice

1. La vicenda


Il sinistro in questione risale al 2013, quando un ciclista fu investito da un’automobile. L’incidente causò al ciclista gravi danni fisici e materiali, spingendolo a chiedere il risarcimento per danni sia patrimoniali che non patrimoniali. La sua tesi era che fosse stato tamponato da dietro mentre attraversava la strada. Tuttavia, il Tribunale e la Corte d’Appello di Milano stabilirono che l’impatto era avvenuto lateralmente. Di conseguenza, fu attribuita una responsabilità concorrente: il 60% della colpa fu assegnata al ciclista, per non aver prestato la dovuta attenzione durante l’attraversamento, e il 40% all’automobilista, che non aveva adottato le precauzioni necessarie nonostante avesse visto il ciclista.

2. La decisione in appello


Il ciclista ha impugnato la sentenza davanti alla Corte d’Appello, sostenendo che l’incidente non fosse stato ricostruito correttamente. Egli riteneva infatti che il sinistro dovesse essere qualificato come un tamponamento piuttosto che come un impatto laterale. In aggiunta, ha sollevato la questione del danno non patrimoniale, lamentando la mancata personalizzazione del risarcimento per le sue sofferenze psicologiche e fisiche, che secondo la consulenza tecnica d’ufficio avrebbero richiesto una valutazione più accurata.
Per quanto riguarda il danno patrimoniale, il ciclista ha inoltre contestato il fatto che il tribunale avesse ignorato le conseguenze lavorative del suo infortunio, che avevano portato a un demansionamento, con una conseguente perdita di reddito. La Corte d’Appello ha tuttavia rigettato la maggior parte delle sue richieste, riducendo addirittura il risarcimento a causa di un indennizzo precedentemente corrisposto dall’INAIL. Il ciclista, insoddisfatto dell’esito, ha deciso di proseguire con un ricorso in Cassazione.

3. Il ricorso in Cassazione


Dopo la parziale sconfitta in appello, il ciclista ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, reiterando molte delle argomentazioni già sollevate nei precedenti gradi di giudizio. Tra le principali doglianze, ha continuato a sostenere che l’incidente fosse stato mal ricostruito e che la dinamica reale fosse stata trascurata dai giudici di merito. Inoltre, ha criticato la mancata valorizzazione delle conseguenze psicopatologiche derivanti dall’incidente e la sottostima della perdita di capacità lavorativa causata dalle lesioni subite.
Un punto rilevante del ricorso ha riguardato le spese sostenute per la consulenza tecnica di parte . Il ciclista ha sostenuto che tali costi, essenziali per supportare la sua ricostruzione dei fatti, avrebbero dovuto essere rifusi, e che la decisione della Corte d’Appello di non riconoscerli costituiva un errore.

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4. La decisione della Cassazione sull’incidente


Esaminando il ricorso, la Corte di Cassazione ha rigettato gran parte delle pretese del ciclista. In merito alla dinamica dell’incidente, la Suprema Corte ha confermato la ricostruzione effettuata dai giudici di merito, ritenendo che fosse sorretta da motivazioni adeguate e che non emergessero elementi tali da giustificare una diversa interpretazione. Anche sulla questione del danno non patrimoniale, la Corte ha stabilito che le manifestazioni psicopatologiche riscontrate dal consulente tecnico fossero già state considerate nella liquidazione del danno biologico, escludendo la necessità di ulteriori risarcimenti per danni morali o psicologici.
Per quanto riguarda il danno patrimoniale, la Corte ha ribadito che il ciclista non aveva fornito prove sufficienti a dimostrare un collegamento diretto tra la riduzione delle capacità fisiche causate dall’incidente e la perdita di reddito lamentata. In altre parole, il demansionamento subito non era stato adeguatamente collegato alle lesioni, né era stato quantificato il danno economico conseguente.
Un aspetto in cui la Cassazione ha dato ragione al ricorrente riguarda le spese per la consulenza tecnica di parte. La Corte ha stabilito che tali spese, se necessarie e non eccessive, devono essere rimborsate alla parte che ha ragione. Nel caso specifico, la nomina del consulente tecnico di parte non poteva essere considerata superflua, come invece sostenuto dai giudici d’appello. La consulenza tecnica aveva infatti contribuito in modo significativo alla definizione della causa, rendendo quindi il suo costo un esborso giustificato. Pertanto, la Suprema Corte ha cassato la sentenza della Corte d’Appello su questo punto, ordinando il rimborso delle spese relative al consulente tecnico

4. Conclusioni


La decisione della Cassazione sottolinea l’importanza di valutare attentamente le spese processuali, in particolare quelle relative alla consulenza tecnica di parte, nei contenziosi giudiziari. Per una trattazione più approfondita degli altri aspetti legali emersi nel caso, rimandiamo all’articolo già pubblicato su una diversa rivista.

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