L’inconciliabilità tra sentenze irrevocabili nella revisione per il reato di associazione per delinquere secondo l’art. 630, comma 1, lett. a) c.p.p.: quando ricorre? Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri
Indice
1. La questione: la inconciliabilità tra giudicati in riferimento al reato associativo
La Corte di Appello di Caltanissetta rigettava un’istanza di revisione avente ad oggetto una sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Palermo con cui l’istante era stato dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 416-bis cod. pen..
Ciò posto, avverso questa decisione il difensore ricorreva per Cassazione, deducendo violazione di legge processuale e sostanziale e vizio cumulativo della motivazione.
In particolare, tra le argomentazioni ivi addotte, il ricorrente sosteneva come la sentenza impugnata avesse travisato il chiaro contenuto della sentenza di assoluzione, con cui si affermava la non completezza, o comunque, la contraddittorietà della prova in ordine all’esistenza di un sodalizio criminale mafioso di matrice nigeriana nel palermitano. Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri
Codice penale e di procedura penale e norme complementari
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il Supremo Consesso reputava il ricorso suesposto infondato.
In particolare, tra le argomentazioni giuridiche che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, in tema di revisione, l’inconciliabilità fra sentenze irrevocabili, di cui all’art. 630, comma 1, lett. a),cod. proc. pen., anche in relazione al reato di associazione per delinquere deve essere intesa con esclusivo riferimento ai casi in cui i fatti storici allegati a sostegno dell’imputazione associativa siano negati in un caso e riconosciuti nell’altro, spiegandosi in motivazione che il riscontro circa la sussistenza dell’associazione non è sempre riconducibile ad un fenomeno del tutto materiale, indipendente dalle valutazioni giudiziali, soprattutto ove si considerino strutture caratterizzate da una “organizzazione minima”, il cui riconoscimento è il risultato di una valutazione giuridica ontologicamente “sovrastrutturale”, che può essere non omogenea anche in ragione del compendio probatorio disponibile in relazione al rito prescelto (Sez. 2, n. 18209 del 26/02/2020), disattendendo in tal guisa quel diverso indirizzo interpretativo, richiamato dalla difesa, secondo cui, invece, “in tema di revisione, ricorre l’ipotesi di cui alla lett. a) dell’art. 630 cod. proc. pen. quando ad una sentenza irrevocabile di condanna per il reato di associazione per delinquere (nella specie, finalizzata allo spaccio di stupefacenti) sia seguita altra sentenza irrevocabile che assolva ulteriori imputati dall’identica imputazione per insussistenza del fatto, dovendosi riconoscere un’effettiva incompatibilità fra i fatti stabiliti a fondamento delle due decisioni (Sez. 6, n. 695 del 03/12/2013).
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito come deve essere intesa, in tema di revisione, l’inconciliabilità fra sentenze irrevocabili, di cui all’art. 630, comma 1, lett. a),cod. proc. pen., in relazione al reato di associazione per delinquere.
Si afferma in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso indirizzo ermeneutico ma, come appena visto, non uniforme, che, in tema di revisione, l’inconciliabilità tra sentenze irrevocabili, ai sensi dell’art. 630, comma 1, lett. a) c.p.p., riguardo al reato di associazione per delinquere, si applica solo quando i fatti storici a sostegno dell’imputazione siano affermati in una sentenza e negati nell’altra, fermo restando che il riconoscimento dell’associazione dipende anche da valutazioni giudiziali, specialmente in casi di organizzazioni minimali, dove la valutazione giuridica può variare a seconda del compendio probatorio e del rito scelto.
Pur tuttavia, a fronte di un filone interpretativo di segno contrario, per una evidente esigenza di certezza del diritto, sarebbe auspicabile, ad avviso dello scrivente, che su tale questione intervengano le Sezioni unite.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché prova a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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