Il tema dei contributi europei in agricoltura ha assunto una significativa rilevanza nella recente giurisprudenza amministrativa, che si è in particolare concentrata sulla validità dei provvedimenti di accertamento del credito emessi da parte dell’AGEA con conseguente richiesta di restituzione delle somme erogate.
In questo scritto si tenterà un primo esame dello stato dell’arte delineato nella giurisprudenza recente, con particolare riguardo a due distinte tematiche: i limiti temporali di decadenza del potere di accertamento da parte dell’Agenzia e il rilievo che assumono i vizi formali della domanda di contributo, nello specifico l’omesso ritrovamento dell’originale cartaceo sottoscritto nel fascicolo aziendale.
Tali questioni hanno infatti trovato soluzione nelle recenti sentenze “gemelle” del T.A.R. Bari, sezione terza, numeri 415 e 416 depositate il 5 marzo 2021, qui in sintetico commento.
Premesse sui contributi europei in materia di agricoltura: la presentazione delle domande e il ruolo dei Centri autorizzati di Assistenza Agricola
Come noto, la comunità europea ha previsto, nel corso degli anni, l’erogazione di contributi a sostegno dei produttori nazionali del settore agricolo, allo scopo di garantire l’attuazione di una politica comune che consentisse lo sviluppo uniforme delle individualità nazionali in una cornice organica sovranazionale.
Oggi, a livello domestico in Italia l’erogazione dei contributi europei per l’agricoltura avviene di norma per il tramite dell’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, che interviene anche per la fase di accertamento di eventuali percezioni indebite.
I singoli produttori che intendano accedere ai fondi europei e ottenere il contributo devono presentare apposita domanda per il tramite di specifici soggetti privati, i Centri autorizzati di Assistenza Agricola, disciplinati dal decreto ministeriale 27 marzo 2001 e successivamente dal D.M. 27 marzo 2008[1], ai quali AGEA delega i compiti di istruttoria dei fascicoli aziendali delle imprese. I C.A.A. curano poi la trasmissione dei dati all’AGEA, mediante un sistema informatizzato unico.
I C.A.A. sono quindi per un verso delegati dall’AGEA ad attività amministrative, per l’altro ricevono mandato dai singoli produttori per la presentazione delle istanze di accesso ai contributi.
Il contenzioso amministrativo in materia di contributi in agricoltura: il provvedimento di “accertamento del credito” dell’Agenzia
Le sentenze gemelle qui in sintetico commento risolvono molteplici dubbi giurisprudenziali stratificatosi nelle spire del vasto contenzioso sulle erogazioni in agricoltura.
Nei casi sottoposti al Tribunale Amministrativo barese, così come nella maggior parte di quelli analoghi all’attenzione del giudice amministrativo, si discute della legittimità del provvedimento dell’AGEA di accertamento “del credito” nei confronti di un produttore.
La disciplina prevede infatti che ove l’Agenzia ritenga di aver erogato l’aiuto a un soggetto in realtà non avente diritto[2], avvia la relativa istruttoria e, all’esito, può disporre la revoca del beneficio concesso mediante un provvedimento di “accertamento del credito” seguito dalla richiesta di restituzione delle somme.
Normalmente, l’avvio del procedimento per l’accertamento del credito origina da un verbale di accertamento della polizia giudiziaria che riscontri una irregolarità nell’erogazione. Tali verbali si inseriscono di norma nell’ambito di operazioni complesse condotte sul territorio.
Il caso all’esame: domande di contributo prive di sottoscrizione
Nel caso oggetto della sentenza in commento, la tenenza della guardia di finanza aveva condotto un sopralluogo con attività ispettiva presso un Centro autorizzato di Assistenza Agricola, sottoponendo a verifica i fascicoli aziendali di un’impresa.
All’interno di questi aveva rinvenuto le domande di aiuto per l’accesso ai benefici europei interamente compilate, ma prive della sottoscrizione autografa del produttore.
Tali domande, essendo state comunque correttamente caricate a sistema dal C.A.A. avevano consentito l’erogazione dei finanziamenti, percepiti dall’impresa e interamente impiegati senza rilievi.
La Guardia di Finanza elevava un verbale di contestazione, rilevando il difetto di sottoscrizione delle domande presentate. L’AGEA avviava quindi un’istruttoria, conclusasi con un provvedimento di accertamento del credito per l’intero importo dei contributi erogati al produttore in riferimento alle predette domande sfornite di sottoscrizione. L’Agenzia argomentava infatti che l’assenza della firma avesse reso le domande inesistenti e, pertanto, inidonee a consentire l’erogazione dei finanziamenti. Chiedeva pertanto l’integrale restituzione delle somme.
Limiti temporali al potere di accertamento del credito per indebita erogazione da parte dell’Agenzia
Una prima questione, risolta dalle sentenze gemelle, attiene alla tempestività dell’esercizio del potere di accertamento da parte dell’Agenzia.
Sulla base dei dati desumibili dalla sentenza, l’evoluzione diacronica della vicenda può essere così ricostruita: le domande di aiuto oggetto di contesa si riferivano agli anni dal 2006 al 2010 ed erano state presentate in quel medesimo frangente temporale. La Guardia di Finanza aveva condotto il sopralluogo ispettivo nel 2018, elevando contestualmente un verbale di constatazione, nel quale si dava atto dell’assenza di sottoscrizione in calce alle domande. Soltanto dopo, nel 2019, l’AGEA aveva avviato il procedimento di accertamento del credito che si era sviluppato fino al provvedimento conclusivo emesso nel 2020.
L’AGEA argomenta di aver esercitato il potere di accertamento tempestivamente, comunque nel termine di prescrizione decennale previsto dall’ordinamento interno, considerando come data rilevante la notifica del verbale di contestazione della Guardia di Finanza avvenuta nel 2018.
Disciplina applicabile in materia di decadenza dal potere di accertamento: le norme europee
Come osservato dal giudice amministrativo in una siffatta circostanza non si verte nell’ipotesi di un normale indebito soggetto al termine di prescrizione decennale previsto dall’ordinamento interno, bensì in una fattispecie del tutto peculiare, di contestata illegittima percezione degli aiuti di sostegno all’agricoltura di matrice europea[3].
In questo caso non è dunque possibile invocare l’ordinario termine di prescrizione decennale previsto dall’ordinamento italiano, in quanto l’esercizio del potere di accertamento del credito da parte dell’Agenzia nazionale è disciplinato direttamente da speciali norme europee che prevedono termini diversi, aventi per di più natura decadenziale.
In particolare, i limiti temporali al potere di accertamento, per la specifica vicenda, erano disciplinati da una norma speciale (comma 5 dell’art. 73 del Regolamento CE 796/2004[4]), in forza della quale l’obbligo di restituzione dei contributi comunitari indebitamente percepiti dal produttore è escluso «se il periodo intercorso tra la data di pagamento dell’aiuto e quella in cui l’autorità competente ha notificato per la prima volta al beneficiario il carattere indebito del pagamento effettuato è superiore a dieci anni». La medesima norma prevede poi che tale decennio sia ridotto a un quadriennio ove il produttore versi in “buona fede” al momento della presentazione della domanda.
Data rilevante di accertamento del carattere indebito dell’erogazione: (ir)rilevanza degli atti istruttori e dell’avvio del procedimento
Alla luce del quadro normativo per come pocanzi delineato, al fine di valutare la tempestività dell’accertamento occorre anzitutto individuare il momento «in cui l’autorità competente ha notificato per la prima volta al beneficiario il carattere indebito del pagamento». È necessario in particolare domandarsi se tale “momento” vada individuato nel provvedimento di accertamento del credito che chiude il procedimento istruttorio dell’AGEA, oppure se possa rinvenirsi in epoca antecedente: già nell’atto di avvio procedimentale dell’Agenzia o persino prima, nel verbale di contestazione della polizia giudiziaria che accerta la presunta irregolarità.
Il T.A.R. afferma che il “carattere indebito” del pagamento possa dirsi sussistere unicamente nel momento in cui l’AGEA conclude il procedimento istruttorio e formalizza l’accertamento del credito.
Nell’atto di avvio dell’istruttoria, invece, vi è ancora la fisiologica incertezza sulla regolarità o meno dell’erogato finanziamento[5].
Nel verbale della polizia giudiziaria, a maggior ragione, sono raccolte unicamente le risultanze preliminari istruttorie che possono rivelarsi pur sempre rivelarsi non conclusive (e la cui valutazione spetta solo all’AGEA). Sotto altro profilo, la norma si riferisce specificamente all’ “autorità competente”, da intendersi evidentemente con l’Agenzia, con esclusione dei terzi che eventualmente contribuiscano con apporti istruttori alle sue determinazioni (e.g. proprio la polizia giudiziaria).
Nel caso oggetto della pronuncia qui in sintetico commento, dunque, l’AGEA era ormai decaduta dal potere di accertamento, essendo decorso un decennio tra presentazione delle domande e provvedimento di accertamento.
L’omessa sottoscrizione delle domande di aiuto custodite nel fascicolo aziendale e il successivo rinvenimento degli originali in corso di giudizio
Nel caso oggetto di commento, come anticipato, l’AGEA pretendeva la restituzione die contributi erogati sull’unico assunto che, nel corso di un’ispezione condotta dalla polizia giudiziaria presso il C.A.A., fossero state ivi rinvenute, nel fascicolo del produttore, le domande cartacee prive della sottoscrizione autografa.
Un primo dirimente rilievo è che, come ritenuto dal Tribunale, le domande munite di sottoscrizione e vidimazione del C.A.A. siano state poi rinvenute e depositate in giudizio. Ciò, a parere del giudice amministrativo, prova il difetto d’istruttoria a carico del provvedimento di accertamento del credito perché dimostra che le domande furono effettivamente sottoscritte a suo tempo e che la copia non firmata rinvenuta nel corso degli accertamenti giudiziari rappresentava semmai l’esito di un errore di archiviazione.
Sul tema, il T.A.R. si appropria di un consolidato orientamento[6] per cui il mancato ritrovamento, nel corso di una ispezione presso il C.A.A., degli originali firmati delle domande non dimostra sic et simpliciter l’omessa sottoscrizione, ben potendo trattarsi di un errore di archiviazione o di una negligente custodia degli originali. A maggior ragione quando si tratti di domande risalenti ad annualità remote.
Al più, tale circostanza vale come una mera presunzione[7] che può essere vinta dal successivo ritrovamento degli originali firmati. Né vale in senso contrario il potere di documentazione della polizia giudiziaria o la forza di atto pubblico del verbale di contestazione atteso che i pubblici ufficiali possono attestare unicamente il rinvenimento o meno della domanda, senza nulla poter ipotizzare sulla sua effettiva esistenza.
La procedura “interamente informatizzata” per la presentazione della domanda di aiuto e il difetto di sottoscrizione della copia cartacea
La questione più rilevante affrontata dalle sentenze gemelle in commento è tuttavia quella relativa alle potenziali conseguenze dell’omessa sottoscrizione del cartaceo delle domande di aiuto. Assunto che nel caso oggetto di giudizio il successivo rinvenimento delle domande ha comprovato che le stesse furono a suo tempo debitamente sottoscritte, il T.A.R. barese ricostruisce – con non indifferente beneficio per gli interpreti reticenti – anche l’eventuale effetto dell’omessa sottoscrizione.
Per comprendere esattamente il pronunciamento giurisprudenziale occorre brevemente ricomporre le sequenze procedimentali della presentazione di una domanda di aiuto in agricoltura nella cornice comunitaria. Anzitutto, il produttore nazionale predispone la domanda in cartaceo, sottoscrivendola e presentandola presso un C.A.A., delegato alla ricezione dall’AGEA. Il C.A.A., che vidima il cartaceo ricevuto, lo inserisce nel fascicolo dell’impresa[8] e immette i relativi dati in una piattaforma telematica che, per il tramite dell’AGEA, consente l’effettivo inoltro della domanda. Il rapporto che lega produttore e C.A.A. appare qualificabile in termini di mandato.
Vi è quindi un primo segmento in cui la domanda nasce cartacea e una successiva fase in cui viene digitalizzata e inviata per il tramite di una procedura telematica, in una piattaforma riservata al C.A.A.
Certezza della paternità della domanda e irrilevanza dell’omessa sottoscrizione
La natura completamente informatizzata della procedura di inserimento finale dei dati della domanda, a condivisibile parere del T.A.R. sulla scorta della giurisprudenza del Consiglio di Stato[9], consente di ritenere irrilevante l’omessa sottoscrizione della copia cartacea contenuta nel fascicolo dell’impresa.
Ciò perché la domanda, originariamente predisposta in cartaceo, è ricevuta per mandato dal C.A.A., che ne immette i dati in una procedura del tutto informatizzata. Ciò determina una degradazione del documento predisposto in cartaceo, che non viene mai inviata all’Agenzia bensì resta nel fascicolo dell’impresa conservato nel Centro, mentre i dati per l’accesso all’aiuto vengono effettivamente trasmessi per via digitale all’AGEA, che li riceve ed elabora. La riconducibilità della domanda allo specifico C.A.A. è provata dall’accesso autorizzato alla piattaforma di caricamento dei dati: proprio in quella specifica dimensione digitale si concretizza dunque la domanda[10].
Alcun interesse sembrerebbe in ogni caso avere l’AGEA ad accertare la sussistenza o meno della firma in calce al cartaceo agli atti del fascicolo d’impresa, dovendo semmai contestare la veridicità dei dati effettivamente dichiarati a sistema o la non spettanza dell’aiuto per ragioni sostanziali.
Sull’essenzialità (o meno) della sottoscrizione per ragioni sostanziali: una conclusione
La sottoscrizione, con riferimento a tali domande di aiuto, è dunque qualificata dal giudice amministrativo barese come irrilevante.
Per di più la sottoscrizione stessa è prevista unicamente dalle circolari interne dell’AGEA e da nessuna norma comunitaria, talché la sua omissione non potrebbe rappresentare in ogni caso la carenza di un requisito essenziale.
Né vi sono ragioni sostanziale per ricollegare all’omessa firma la decadenza dal beneficio.
Non vi è infatti incertezza in ordine alla paternità del documento, superata dall’impiego di una piattaforma informatica.
Ancora e da ultimo perché la firma non è nemmeno necessaria all’assunzione degli obblighi e degli impegni dichiarati in domanda, che discendono dall’invio della domanda per il mezzo telematico. Sotto quest’ultimo profilo, non vi può comunque essere un interesse postumo alla contestazione della regolare assunzione degli impegni, se non accompagnato da contestazioni nel merito sulla loro successiva osservanza.
Si deve quindi concludere che la firma non costituisca nemmeno elemento essenziale della domanda.
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Note
[1] Recante “Riforma dei Centri autorizzati di assistenza agricola“.
[2] Per difetto dei requisiti oppure, come nella specie, per irregolarità della domanda o comunque per qualsiasi altra ragione.
[3] In base, tra gli altri, ai regolamenti CE nn. 1782/2003, 796/2004, 73/2009, e 1122/2009.
[4] Si ricordi che, nel caso di specie, sono oggetto di causa le domande di aiuto dal 2006 al 2010. La norma menzionata si applica ratione temporis proprio alle domande di aiuto fino al 2010, ai sensi dell’art. 86 del reg. CE n. 1122/2009.
[5] Come si desume dalla sentenza, il provvedimento di avvio dell’istruttoria nella specie si limitava a sospendere l’erogazione dei finanziamenti «finché i fatti non siano definitivamente accertati». È quest’ultimo un riferimento particolarmente significativo perché testimonia inequivocabilmente l’inesistenza di una certezza giuridica del carattere indebito dell’erogazione.
[6] Cfr. T.A.R. Piemonte, I, 29 gennaio 2016, n. 138.
[7] Un “mero indizio” come definito da T.A.R. Marche I, 25 luglio 2020, n. 486.
[8] Questo obbligo di conservazione, in verità, è previsto unicamente dalle circolari interne dell’AGEA e da nessuna norma primaria, circostanza che assume rilievo – nell’economia della decisione – in merito agli effetti della negligente custodia e conseguente dispersione.
[9] Cons. Stato, III, 25 agosto 2020, n. 5207.
[10] Sembrerebbero applicabili, a tal proposito, i principi espressi dalla giurisprudenza in materia di dichiarazioni fiscali compilate in procedure telematiche.
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