Informatica giuridica e diritto dell’informatica: per una genesi delle discipline

Redazione 28/03/19
Esaminare i rapporti tra l’informatica giuridica o, in senso più esteso, l’automazione nella ricerca giuridica, e le tradizionali discipline “teoriche” del diritto, come la filosofia del diritto, la teoria generale del diritto e la logica giuridica, presenta, a un primo approccio, molte difficoltà.

L’una, infatti, si presenta come un settore prevalentemente applicativo dell’informatica che si è sviluppato soprattutto per affrontare e risolvere problemi giuridici di carattere operativo come ad esempio quelle delle Pubbliche Amministrazioni; le altre, invece, anche se non esiste una loro definizione universalmente accettata, affrontano in prevalenza problemi di teoria giuridica o, nel caso di una parte della sociologia giuridica, di descrizione e di interpretazione di fenomeni empirici connessi all’applicazione delle norme, dimostrano spesso indifferenza, o addirittura incomprensione, – anche per la formazione generalmente umanistica degli studiosi delle suddette discipline – verso metodologie di analisi e di trattamento delle informazioni ad alto contenuto tecnologico, che si ritengono orientate ad una “cultura” scientifica.

Tuttavia due sono gli elementi su cui riflettere: l’uno le modalità con cui l’informatica si è inserita nel mondo del diritto e l’altro l’intersezione di alcune correnti metodologiche della moderna ricerca giuridica con l’informatica giuridica e poi, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, a causa di uno sviluppo dirompente come strumento operativo indispensabile per le relazioni interpersonali e i processi economici, con la c.d. “telematica giuridica”. Il termine telematica (crasi di telema ed informatica) deriva dall’avverbio greco “tele” che significa lontano e dal suffisso “ema” che indica quell’elemento funzionale che dà forma a qualcosa. Il termine coniato da Simon Nora e Alain Minc nel loro rapporto al Presidente della Repubblica “L’informatization de la société” del 1983 intende, dunque, un insieme di servizi informatici basati sul codice binario, offerti e fruiti, in tempo reale, attraverso una rete di telecomunicazione.

L’excursus storico

Senza ripercorrere le varie tappe dell’applicazione dell’informatica al diritto, non possiamo non trascurare alcuni passaggi importanti per lo sviluppo della metodologia: la Giurimetria intesa come specializzazione relativa all’impiego dei calcolatori elettronici nel campo del diritto inizia nel 1949, allorquando Norbert Wiener, padre fondatore della cibernetica, accennò alla possibile applicazione della teoria dei servomeccanismi al funzionamento del diritto (Wiener, trad. it., 1968); nel contempo un giurista americano, Lee Loevinger, sviluppò tale intuizione teorizzando lo sfruttamento dei vantaggi offerti dalle tecniche elettroniche per studiare e risolvere i problemi giuridici (loevinger, 1949). La metodologia loevingeriana comportava “misurazioni” delle decisioni giudiziarie, così da valutarne la prevedibilità, al fine di strutturare modelli decisionali artificiali. Lo sviluppo della metodologia apportato da Baade (Baade, 1963) si basava sulla prevedibilità del contenuto delle sentenze sulla stregua dei precedenti giurisprudenziali, ma non hanno mai trovato riscontro empirico, in quanto i fattori umani e psicologici che normalmente incidono sulle pronunce non possono essere predeterminati. La giurimetria statunitense si è così rivolta alle applicazioni giuridiche dell’informatica per la costruzione di un sistema funzionale alle esigenze degli operatori del diritto, favorendo la strutturazione di best pratices per la diffusione e la ricerca di informazioni da parte degli operatori del diritto.

E così nell’Europa degli anni ’60 del secolo scorso le possibilità di trattamento automatico delle informazioni furono recepite dai giuristi “pratici” e dagli operatori del diritto, che pensarono di sfruttarle per migliorare lo svolgimento di compiti ripetitivi, come ad esempio la ricerca delle disposizioni e della documentazione riferentisi ad un certo caso concreto (SimitiS, trad. it., 1977). Poco più tardi, ed in numero più ridotto, anche i teorici del diritto si resero conto che i sistemi di elaborazione elettronica potevano rappresentare un salto di qualità nella loro ricerca, consentendo verifiche più precise delle loro ipotesi, o addirittura lo sbocco pratico di indagini fino ad allora puramente teoriche. In Italia, i primi studiosi ad occuparsi dell’informatica giuridica sono stati Vittorio Frosini, Mario G. Losano, Renato Borruso e Vittorio Novelli con i contributi di un allora giovane Giannantonio. In particolare nel 1968 Losano propose di sostituire il termine Giurimetria con il termine Giuscibernetica, superando, anche nel lessico, la metodologia loevingeriana. L’approccio metodologico seguiva alcune relazioni fra cibernetica e diritto: a) il significato filosofico sociale del fenomeno; b) la prospettiva del diritto come strumento utile per ristabilire l’equilibrio rotto; c) l’applicazione della logica alle tecniche di formulazione del diritto; d) l’uso dell’elaboratore nel settore giuridico. Nel 1975 Frosini ha proposto l’adozione del nuovo termine Giuritecnica, in sostituzione di Giuscibernetica, nella convinzione che così venisse adeguatamente valorizzato lo stretto rapporto filosofico e sociale risultante dall’applicazione di procedimenti e strumenti tecnologici nel campo del diritto (FroSini v., 1975).

Le definizioni riprendevano una metodologia della logica formale così da permettere un controllo più accurato dei procedimenti dimostrativi nell’ambito del diritto, con il vantaggio di elaborare una formalizzazione attraverso il calcolatore ed affidando ad esso le operazioni di controllo logico sulle norme e su altri documenti significativi ad esse connessi. In realtà, entrambe le terminologie sono state superate dal termine informatica giuridica. Il termine informatica deriva dalla crasi dell’espressione francese information automatique ed indica la gestione automatica di dati e di informazioni mediante calcolatore. Coniato nel 1962 da Philippe Dreyfus – docente dell’Università di Harvard, che nel 1950 utilizzò Mark I, il primo computer automatico – ha avuto una notevole diffusione in Italia nella seconda metà degli anni Sessanta.

Oggi, il termine informatica ha assunto altresì il significato di disciplina scientifica e sta per scienza dell’uso dell’elaboratore elettronico (computer science). Tale novità terminologica venne criticata da Frosini, il quale riteneva che il suo impiego comprendesse un campo eccessivamente vasto, senza designare un modello nuovo di procedimento operativo giuridico (FroSini, 1988, 163 ss.). Il 30 aprile 1980 il Consiglio d’Europa, con l’approvazione della Raccomandazione «Informatica e diritto», ha promosso l’insegnamento, la ricerca e la diffusione in materia d’informatica e diritto. La Raccomandazione prevede, in particolare, di considerare l’elaboratore elettronico come strumento d’uso per il giurista, nonché di approfondire sistematicamente, accanto alle problematiche specifiche dell’informatica, anche le applicazioni e gli strumenti giuridici legati alla protezione dei dati immessi negli elaboratori elettronici (FroSini, 1988, 62 ss.).

Da queste constatazioni derivano due principali modalità di utilizzazione dell’informatica nel diritto, locuzione ideata da Renato Borruso: da un lato, con l’impiego del calcolatore nella ricerca documentaria, inizia lo sviluppo dell’informatica giuridica; da un altro, con i primi tentativi di applicare norme giuridiche a casi concreti, specie nel settore amministrativo, con procedure automatizzate, si apre la storia della modellistica. Oggi tali formulazioni corrispondono all’informatica giuridica gestionale e alla documentazione giuridica automatica.

L’una e l’altra, in verità, si distinguono più per gli obiettivi a cui tendono, che per le metodologie che adottano. Ad esempio, è frequente che nei sistemi di ricerca documentaria si utilizzano particolari strutture logiche, come nel caso, più recente, dei sistemi di banche dati relazionali e, d’altra parte, che l’informatica giuridica gestionale o i recentissimi sistemi esperti si servano spesso di banche di dati, anche estese, come necessari supporti conoscitivi per l’automazione di attività e procedimenti per una migliore circolazione dell’informazione giuridica, la qual cosa imponeva, tuttavia, la previa digitalizzazione dei dati (in altri termini, che tutte le informazioni venissero scritte in codice binario affinché gli elaboratori potessero indicizzarle), ponendo così le basi per la diffusione della videoscrittura o, come è stato definito da Borruso, di un nuovo modo di scrivere: con un nuovo alfabeto, quello binario, con un nuovo inchiostro, quello degli elettroni, su un nuovo supporto, le memorie elettroniche (BorruSo, tiBeri, 2001, 49 ss.).

Sotto un altro profilo è opportuno considerare che alcune correnti metodologiche della ricerca giuridica si intersecano in parte nella ricerca sull’applicazione dell’informatica al diritto: l’analisi linguistica del diritto può avvalersi degli strumenti matematici elaborati dalla teoria dell’informazione; con alcuni approcci dello strutturalismo si può tentare un’interpretazione dei fenomeni giuridici ricorrendo al concetto di modello (o sistema) cibernetico; una parte della ricerca logico-formale diviene strumento indispensabile per affidare all’elaboratore alcune attività (es. controllo di coerenza, ecc.) finora svolte manualmente e mentalmente dal giurista.

Queste parziali sovrapposizioni metodologiche non consentono di recuperare tutta la ricerca metodologica dei settori sopraindicati, ma impongono scelte precise (e limitative) dovute sia ad esigenze tecniche, sia ad esigenze di coordinamento. In altre parole, se le sovrapposizioni metodologiche hanno effetto unificante fra discipline che mantengono identità diverse, non si può generalizzare affermando che la metodologia che si è sviluppata con l’informatica giuridica e che è ancora in corso di ulteriore elaborazione rappresenti un nuovo tema di studio nell’ambito delle discipline tradizionali.

L’informatica giuridica è una disciplina bifronte nella quale convivono la metodologia con supporto tecnologico con oggetto giuridico, che a sua volta condiziona le stesse modalità di applicazione e quindi si studia sia il trattamento automatizzato delle fonti di conoscenza giuridica, attraverso i sistemi di documentazione legislativa, giurisprudenziale e dottrinale (informatica giuridica documentale), sia delle fonti di produzione giuridica attraverso l’elaborazione informatica dei fattori logico-formali che concorrono nel procedimento legislativo e nella decisione giudiziale (informatica giuridica decisionale) e i processi di organizzazione dell’infrastruttura o mezzi strumentali con i quali si gestisce il diritto (informatica giuridica gestionale). Nel caso dell’informatica giuridica tale sovrapposizione si verifica sia a livello di settori applicativi (es. nella ricerca documentaria o nello sviluppo di sistemi esperti per il diritto), sia a livello di singola applicazione (es. automazione di un procedimento amministrativo), in quanto, per poter progettare sistemi di documentazione giuridica automatica, procedure automatizzate, modelli di analisi legislativa, ecc., l’informatica giuridica deve spesso fare ricorso a strumenti concettuali e metodologie di indagine e di sviluppo che sono state elaborate all’interno delle altre discipline su indicate.

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I metodi dell’informatica

I limiti metodologici dell’informatica sono il suo carattere esclusivamente meccanico razionale a cui deve essere adeguato il dato giuridico per essere elaborato elettronicamente, sia il carattere linguistico formale, vuoto di contenuti concreti e di significati, poiché l’informatica è un mezzo per l’accumulazione e la distribuzione dell’informazione giuridica ma non aggiunge nulla ad essa in termini di contenuti, sia la sua essenziale ripetitività. Appare evidente la funzione strumentale delle metodologie e delle tecnologie dell’informatica nei confronti della risoluzione dei problemi giuridici poiché si tratta di uno strumento che pone una serie di vincoli quando deve essere utilizzato. Del resto, l’automazione del ragionamento giuridico si dirige attualmente verso sistemi di deduzione automatica di conseguenze giuridiche relative a premesse giuridiche.

Tutto ciò, però, non influisce minimamente sulla discrezionalità, a meno che non ci si affidi totalmente alla consulenza del computer. L’automazione, infatti, può essere un mezzo di grande decentramento o di grande accentramento, secondo l’ideologia che presiede alla sua messa in opera. Nella Pubblica Amministrazione numerosi sono i problemi affidati alla discrezionalità del funzionario, e l’introduzione dell’automazione tende a ridurre questo ambito di discrezionalità, il che non è necessariamente un male (Sartor, 2012). È un bene nella misura in cui rende rigorosi i criteri di valutazione vaghi, grazie ai quali facilmente la discrezionalità diviene arbitrio, e talora, arbitrio interessato.

È un male nella misura in cui i criteri di valutazione divengono non solo rigorosi, ma anche rigidi: l’automazione integrale riduce infatti la possibilità di interpretazioni elastiche delle norme. Queste considerazioni tecniche si fondano però su un presupposto politico: quello che gli interessati vogliono effettivamente ridurre la possibilità di agire arbitrariamente. Il problema, infatti, è legato alla non genesi, ma all’esercizio del potere discrezionale. Quindi ai problemi tecnico-giuridici, sarà bene aggiungere anche questi problemi socio-politici: solo così si avrà un’idea abbastanza realistica delle difficoltà che incontra nel diritto l’automazione che non riguardi esclusivamente attività strumentali o comunque senza o con irrilevante contenuto discrezionale (pagallo, 2006, 72 ss.). L’informatica giuridica documentale ha del resto oggetto l’automazione dei sistemi di informazione relativi alle fonti di conoscenza giuridica: legislazione, giurisprudenza e dottrina.

L’inflazione normativa è uno dei fenomeni caratteristici delle società tecnologicamente giuridica e informatizzata. L’inflazione normativa è senza dubbio uno dei fenomeni caratteristici delle società tecnologicamente avanzate del presente. Il flusso incessante delle leggi e delle decisioni giurisprudenziali, la cui conoscenza esatta è necessaria al buon funzionamento del sistema giuridico, poiché la crisi dell’informazione giuridica precipita nell’ignoranza dell’ordinamento giuridico. La trasparenza del sistema normativo è un presupposto fondamentale della certezza del diritto (amato mangiameli, 2015, 41 ss.).

Si è coniato sì il termine “informatica giuridica”, ma lo si è impiegato onnicomprensivamente, e solo nella cerchia degli addetti ai lavori senza confondere in esso due materie diverse (informatica giuridica e diritto dell’informatica) tra loro anche se connesse per il comune presupposto di una doverosa chiara conoscenza, almeno nelle sue linee fondamentali, di che cosa sia veramente il computer, di quali siano tutte le sue più caratteristiche potenzialità, dei vantaggi, ma anche dei rischi che il suo uso implica. Tale uso è, oggi, assai diffuso anche nell’ambiente forense, ma raramente è accompagnato da quel minimo di nozioni tecnico-scientifiche che pur dovrebbero essere possedute da chiunque voglia farne un uso consapevole, ma ancor più del giurista, che non è veramente tale, se non basa la cognizione delle norme di diritto su quella dei fatti e dei fenomeni che esse sono dirette a disciplinare.

Questa cultura di fondo oggi ancora manca, tantoché incredibilmente in qualsiasi ambiente è difficile trovare utenti dell’informatica che ne conoscano le nozioni più elementari. Ma, anche a voler prescindere da tale “ignoranza” di base inammissibile in un vero giurista, sta di fatto che anche chi parla di “informatica giuridica” spesso non si rende conto che in tale denominazione è ricompresso sia il “diritto dell’informatica” (inteso come complesso delle leggi emanate in questi ultimi anni per disciplinare l’uso del computer ormai penetrato in qualsiasi ambiente della odierna società e, indipendentemente dalle leggi, come studio di tutti i problemi giuridici che esso solleva), sia quello che, per contrapposto, potremmo chiamare “l’informatica del diritto”, così da evidenziare una diversa materia, tanto nuova quanto importante per l’evoluzione del diritto, non solo perché illustra nuovi strumenti per la conoscenza (soprattutto attraverso la ricreabilità computerizzata della legislazione, della giurisprudenza e della dottrina), ma anche perché prospetta nuove soluzioni al modo di soddisfare talune esigenze sociali e, quindi, la loro regolamentazione giuridica, al modo di svolgere i processi, al modo stesso di formulare le leggi con maggior chiarezza di quella consentita dall’uso del linguaggio comune e, infine, perché affronta il problema dell’applicabilità automatica della legge: affascinante anche se non la si vuol realizzare, perché, proprio al fine di motivarne il rifiuto, è un’occasione preziosa per approfondire, da un lato, lo studio del computer e, dall’altro, la vera essenza ed efficacia delle norme giuridiche (giannantonio, 1993, 83 ss.), cioè un punto critico fondamentale nella situazione della vita nazionale anche sotto il profilo politico per l’indiscutibile squilibrio determinatosi tra i massimi Poteri dello Stato.

Il presente contributo è tratto

L’informatica per il giurista

Il mondo del diritto si sta evolvendo: le nuove tecnologie richiedono specifiche competenze ai professionisti del diritto chiamati sempre di più a misurarsi con le diverse novità intese sia come vantaggi che insidie dello strumento tecnologico. La stessa Rete ormai si sta evolvendo in modo esponenziale ed il giurista deve essere in grado di affrontare e risolvere le problematiche conseguenti. Il manuale scritto a più mani e contraddistinto da una facile lettura, recepisce gli ultimi sviluppi sia legislativi che tecnologici della nostra società dell’informazione che tende sempre più a trasformarsi in una società tecnologica della comunicazione digitale. Vengono esaminati ed approfonditi tutti i principali strumenti ed istituti dell’informatica giuridica alla luce del più recente progresso tecnologico: le banche dati, l’intelligenza artificiale e la robotica, la digitalizzazione del settore pubblico, la protezione dei dati personali, i contratti informatici nonché i reati informatici. Con la presente opera si cerca, quindi, di fare il punto della situazione in questo mondo variegato e multidisciplinare offrendo una guida indispensabile che possa aiutare il lettore nella conoscenza di quelle dinamiche che costituiscono il motore della società dell’Information Communication Technology. Alfonso Contaldo, Insegna Diritto dell’informazione e della comunicazione digitale nell’Accademia delle Belle Arti di Roma Michele Iaselli, Insegna Informatica Giuridica nell’Università degli Studi di Cassino Romano Oneda, Insegna Informatica e logica giuridica (laurea magistrale in Giurisprudenza) e Corso di Informatica giuridica (laurea in Scienze dei servizi giuridici) nell’Università degli Studi di Pavia Flaviano Peluso, Insegna Abilità informatiche e telematiche presso la facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza, Idoneità informatica presso la facoltà di Economia Aziendale dell’Università degli Studi della Tuscia, Abilità Informatiche presso la facoltà di Scienze Ambientali del medesimo ateneo e Comunicazione digitale presso la facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale Emilio Tucci, Insegna Informatica del diritto nell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” Giuseppe Vaciago, Insegna Informatica Giuridica nell’Università degli Studi dell’Insubria

Michele Iaselli, Alfonso Contaldo, Romano Oneda, Flaviano Peluso, Emilio Tucci e Giuseppe Vaciago | 2019 Maggioli Editore

29.00 €  27.55 €

Il diritto dell’informatica

L’evoluzione ha portato all’acquisizione di una formale e sostanziale autonomia del “diritto dell’informatica”, il quale ha così cessato di essere una mera branca dell’informatica giuridica. Il “diritto dell’informatica”, invece, è volto, prevalentemente, allo studio delle vicende giuridiche nel contesto telematico (paSCuzzi, 2010, 47 ss.): la libertà di comunicazione, la tutela dei dati personali, la rilevanza giuridica del documento informatico e delle firme elettroniche, la formazione e conclusione dei contratti del commercio elettronico, la proprietà intellettuale nella distribuzione elettronica, la responsabilità civile degli operatori in rete. In merito alla questione dell’autonomia dell’informatica giuridica rispetto alle tradizionali discipline teoriche del diritto, come la filosofia del diritto, la teoria generale del diritto e la sociologia giuridica, l’informatica giuridica si presenta come una disciplina teorico-applicativa che si è sviluppata anche per esigenze di carattere economico, per affrontare e risolvere problemi giuridici di tipo operativo; e in ciò vi è una prima differenza con le altre discipline giuridiche tradizionali che invece affondano problemi di ontologia giuridica o di descrizione e interpretazione dei fenomeni connessi all’applicazione del diritto.

Teorico-applicativa significa non solo che produce applicazioni suscettibili di esatta valutazione, ma anche che richiede una continua sperimentazione delle sue ipotesi e dei suoi risultati sul computer da parte degli studiosi che si avvicinano a questo ambito. I temi di raccordo ai due saperi (informatica giuridica e diritto dell’informatica) sono, invece, rappresentati da quegli istituti che mostrano elementi di interesse sotto il profilo dell’applicazione delle tecnologie informatiche al diritto e che, altresì, hanno ricevuto una specifica disciplina da parte del legislatore, così da segnalare la loro portata innovativa. Solo recentemente il legislatore ha preso atto della dell’importanza della disciplina: l’art. 9 comma 1 d.lgs. n. 179 del 2016 ha definito l’informatica giuridica una competenza fondamentale dei futuri cittadini digitali e dei dipendenti e dirigenti della Pubblica Amministrazione. La conoscenza relativa alle implicazioni di leggi e normative, quali quelle su privacy, su tutela dei dati, su diritti del cittadino e del consumatore, su Codice di Amministrazione Digitale, su gestione e conservazione documentale, tuttavia è spesso lasciata all’autoistruzione, senza un corretto inquadramento degli argomenti e soprattutto delle ricadute nelle attività operative non solo di specialisti o di addetti a specifiche aree ICT, ma in generale di tutto il personale operante nella P.A.

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