Informazione ambientale accessibile: nozione del Consiglio di Stato

La nozione di informazione ambientale accessibile riguarda non solo i dati e i documenti posti in immediata correlazione col bene ambiente, bensì pure le scelte, le azioni e qualsivoglia attività amministrativa che a esso faccia riferimento.
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Indice

1. Informazione ambientale accessibile


La nozione di informazione ambientale accessibile, ex art. 2, c. 1, lett. a, n. 3), d.lgs. n. 195/2005, riguarda non solo i dati e i documenti posti in immediata correlazione col bene ambiente, bensì pure le scelte, le azioni e qualsivoglia attività amministrativa che a esso faccia riferimento; non possono pertanto essere esclusi dall’accesso ambientale atti e documenti espressione di un’attività amministrativa che, direttamente o indirettamente, involge l’ambiente e la sua tutela. Lo ha precisato il Cons. Stato, sez. VII, nella sentenza 6 luglio 2023, n. 6611.

2. Vicenda


Veniva interposto appello avverso una sentenza con cui il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso proposto, da un’associazione, contro il diniego opposto da un ateneo avverso la richiesta di accesso agli atti concernenti accordi di collaborazione stipulati tra l’ateneo stesso e una società energetica. L’appello era stato proposto dalla company, sul presupposto che il TAR avesse dilatato in modo eccessivo il concetto di “informazione ambientale accessibile” ricomprendendovi atti e documenti aventi altro scopo e finalità, e cioè una attività di partenariato accademico che aveva lo scopo di avvicinare il sistema delle conoscenze al tessuto produttivo.


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3. Ampia ermeneutica


Il Consiglio di Stato ha rigettato le doglianze, condividendo invece l’interpretazione del giudice di primo grado, e spiegando come non possa escludersi “che accordi o convenzioni tra un soggetto operante in ambito accademico e un’impresa notoriamente leader nel settore energetico rivestano interesse al fine di rendere pubblici e trasparenti gli indirizzi volti a produrre conseguenze in termini di scelte e politiche ambientali, che non si vede perché dovrebbero rivestire carattere di riservatezza”.

4. Inquadramento del diritto d’accesso


Più in dettaglio, gli appelli riuniti sono infondati. Il Collegio ha osservato che la questione dirimente la controversia afferiva alla corretta interpretazione della nozione di informazione ambientale accessibile, di cui all’art. 2, c. 1, d.lgs. n. 195/2005. Il collegio ha condiviso la ricostruzione del primo giudice che ha inquadrato il diritto di accesso a tali informazioni, introdotto nell’ordinamento a seguito della ratifica della Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, come il più ampio possibile, per la speciale rilevanza del bene giuridico in questione e il diretto impatto che le scelte ambientali rivestono sulla vita della Comunità, anche in termini di coinvolgimento e partecipazione al momento decisionale. Tale speciale rilevanza risulta confermata, secondo il Collegio, dal regime giuridico differenziato e meno limitativo che connota l’accesso alle informazioni ambientali rispetto alle tradizionali forme riconducibili alle norme sul procedimento amministrativo. Tale cornice di riferimento nel cui ambito valutare la fattispecie concreta, riguarda i rapporti tra un’impresa, in disparte la rilevanza pubblicistica, che ha parte significativa della sua attività nel settore energetico, con intuibili ricadute sulle politiche ambientali, e l’istituzione accademica. Viene quindi confermata la più ampia accezione del concetto di informazione ambientale accessibile, anche quando una determinata attività rilevi solo indirettamente rispetto al bene giuridico ambiente assistito da una speciale forma di trasparenza e di pubblicità per gli atti e i provvedimenti ad esso riconducibili in via immediata o mediata.

5. Carenza del carattere di riservatezza


Non può essere escluso, pertanto, che accordi o convenzioni tra un soggetto operante in ambito accademico e un’impresa notoriamente leader nel settore energetico rivestano interesse per rendere pubblici e trasparenti gli indirizzi volti a produrre conseguenze in termini di scelte e politiche ambientali, che non si vede perché dovrebbero rivestire carattere di riservatezza. A tale riguardo, non è priva di rilievo la circostanza che la società, nel proprio siti web, nella sezione “Chi siamo”, utilizzi la formula “Siamo una società integrata dell’energia impegnata nella transizione energetica con azioni concrete per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. In tal modo, la società ha inteso evidenziare il proprio ruolo nel contesto delle dinamiche della transizione energetica, in uno degli ambiti essenziali delle attuali problematiche ambientali. Anche l’ateneo risulta impegnato in molteplici progetti di cooperazione con le imprese private, come pubblicamente esplicitato nel suo website. In tale contesto, per il collegio, è palese la correlazione con la materia ambientale delle informazioni relative a rapporti di collaborazione tra imprese leader nel campo energetico e istituzioni di ricerca e di didattica universitaria, anche tenendo conto dell’esigenza di assicurare la massima trasparenza ai flussi finanziari e ai contenuti dei rapporti tra mondo delle imprese e Centri pubblici di ricerca e innovazione. Infine, il Consiglio di Stato ha rilevato che, in base alla normativa vigente, l’informazione ambientale comprende “ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché’ le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell’ambiente”, tra i quali è distintamente considerata l’energia (art. 2, d.lgs. n. 195/2005, attuativo della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale).

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