La Corte di Cassazione ha comunicato, con un’informazione provvisoria del 30 novembre 2023, l’esito della seguente questione controversa: “Se, nel giudizio sull’appello ex art. 310 c.p.p. proposto avverso provvedimenti in materia di misure cautelari personali, l’oggetto della cognizione sia delimitato dagli elementi sui quali era fondata la richiesta formulata ai sensi dell’art. 299 stesso codice e decisa con il provvedimento appellato“.
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Indice
1. I fatti
Tale informazione trae origine dalla rimessione alle Sezioni Unite dell’11 aprile 2023, depositata il 18 aprile 2023.
A sua volta, questa scaturiva dal provvedimento del Tribunale di Catanzaro, in funzione di tribunale del riesame, che rigettava l’appello cautelare proposto ex art. 310 cod. proc. pen. nell’interesse dell’imputato avverso l’ordinanza pronunciata dal Gip del Tribunale di Catanzaro con la quale era stata rigettata l’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare in carcere con altra meno afflittiva, applicata per il reato di concorso in associazione mafiosa.
L’imputato ha presentato ricorso chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato denunciando la violazione della legge processuale, in riferimento agli artt. 273, 275 e 310 cod. proc. pen., poiché il giudice dell’appello cautelare ha erroneamente affermato, contrariamente a quanto ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, di non poter tenere conto degli elementi di novità (verbali del procedimento di merito) introdotti dalla difesa nel corso dell’udienza camerale.
Tali elementi, ove presi in esame, avrebbero dovuto condurre il tribunale del riesame a ritenere venuto meno il quadro cautelare, con conseguente caducazione o forte attenuazione delle esigenze cautelare.
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2. La rimessione alle Sezioni Unite
La Prima Sezione ha ritenuto opportuno rimettere la questione alle Sezioni Unite sussistendo un contrasto di giurisprudenza sul motivo di ricorso, che ha carattere assorbente, circa la questione “se, in sede di giudizio di appello ex art. 310 cod. proc. pen. proposto dall’imputato avverso provvedimenti in materia di misure cautelari personali, l’oggetto della cognizione è delimitato dai motivi e dagli elementi sui quali è fondata la richiesta ex art. 299 cod. proc. pen. presentata dal giudice e sui quali questi ha deciso, sicché il giudice di appello non può assumere a sostegno della decisione elementi acquisiti dalle parti successivamente all’adozione del provvedimento“.
L’appello cautelare e il ricorso per Cassazione proposti dall’interessato attaccavano principalmente il quadro indiziario, osservando come “fosse emerso il dato incontestabile che nessun collaboratore di giustizia abbia mai detto o fatto menzione” dell’imputato “né come conoscente, né come persona vista all’interno della cerchia degli associati, né come soggetto che abbia mai compiuto azioni a favore e/o a sostegno dell’associazione“.
Si tratta, dunque, di elementi sulla gravità indiziaria che, secondo la prospettazione difensiva, non sarebbero preclusi dal “giudicato cautelare”.
I contrapposti orientamenti giurisprudenziali sono due: una parte della giurisprudenza di legittimità ha affermato che “nel procedimento di appello ex art. 310 cod. proc. pen. proposto dall’indagato avverso l’ordinanza reiettiva di istanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, il tribunale del riesame è vincolato dall’effetto devolutivo dell’impugnazione ed è privo di poteri istruttori, oltre che sottoposto a limiti temporali per l’emissione del provvedimento di controllo, onde la prospettazione di una situazione di fatto nuova, ritenuta più favorevole all’appellante, deve essere oggetto di una nuova e ulteriormente documentata richiesta al giudice procedente e, in caso di diniego, di impugnazione mediante appello cautelare“.
L’opposto orientamento, recentemente rappresentato da Sez. 1, n. 4459 del 19/10/2021 afferma, invece, che “l’appello concernente misure cautelari personali, indicando una valutazione globale della prognosi cautelare, attribuisce al giudice ad quem tutti i poteri ab origine rientrando nella competenza funzionale del primo giudice, ivi compreso quello di decidere pur nell’ambito dei motivi prospettati e, quindi, del principio devolutivo, anche se elementi diversi e successivi rispetto a quelli utilizzati dall’ordinanza impugnata applicandosi anche a tale procedimento l’art. 603, secondo e terzo comma, cod. proc. pen.“.
3. Nuovi elementi probatori nel giudizio di appello cautelare: l’informazione provvisoria
Alla luce di quanto finora esposto, le Sezioni Unite hanno comunicato, attraverso un’informazione provvisoria del 30 novembre 2023, la soluzione adottata, sancendo che “nel giudizio di appello cautelare (art. 310 cod. proc. pen.) celebrato nelle forme e con l’osservanza dei termini previsti dall’art. 127 cod. proc. pen., possono essere prodotti elementi probatori ‘nuovi’ nel rispetto del principio di devoluzione, contrassegnato dalla contestazione, richiesta originaria e dai motivi contenuti nell’atto di appello, e del contraddittorio“.
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