1.1. Nozione
L’assicurazione sociale contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è finalizzata ad assicurare ai lavoratori colpiti da uno degli eventi, in grado di ridurre se non privare del tutto il soggetto della propria capacità lavorativa, un’assistenza economica e sanitaria. Diversi sono i provvedimenti legislativi che si sono interessati della materia.
In primis, la legge 80/898, relativa al solo infortunio e valida esclusivamente per il settore industriale[2], che esonerava il datore di lavoro dalla responsabilità civile obbligandolo, però, a stipulare un contratto assicurativo grazie al quale risarcire i suoi dipendenti per i danni subiti in seguito ad infortunio.
Fondamentale è l’importanza del provvedimento se si pensa che l’infortunato fino a quel momento, per poter essere risarcito, aveva l’onere di dimostrare la responsabilità extracontrattuale, disciplinata dall’art. 1151 del codice civile del 1865, in virtù del quale il lavoratore doveva dimostrare che l’infortunio era frutto di un comportamento colposo del datore.
In virtù di tale principio, all’infortunato non ra garantita alcuna tutela qualora l’evento conseguisse da forza maggiore, caso fortuito, etc. Alla legge ha fatto seguito il d.l.lgt. 1450/17, disciplinante sempre e solo l’infortunio ma relativo al settore dell’agricoltura, fino ad arrivare al testo unico, il D.P.R. 1124/65, che ha raccolto in modo organico tutta la normativa in materia non apportandovi alcuna innovazione né modifica avutesi di recente con la legge 251/82 e da ultimo con il D.lgs. 38/00[3].
Il principio della responsabilità extracontrattuale, avendo un ambito applicativo troppo ristretto dal punto di vista dei soggetti beneficiari della tutela assicurativa, è stato ben presto sostituito da quello del rischio professionale che pone a fondamento del diritto al risarcimento non più la colpa del datore ma il rapporto di causalità tra l’infortunio e la specifica attività svolta dal lavoratore.
Ne consegue che il datore dovrà rispondere dei danni all’integrità fisica subiti dal lavoratore per ragioni di lavoro.
Ancora oggi il principio del rischio professionale rappresenta il cardine della normativa vigente sugli infortuni e le malattie professionali.
Il concetto non è stato immune da critiche.
Per una parte della dottrina[4], la tutela contro gli infortuni e le malattie professionali si fonderebbe sulla solidarietà della collettività organizzata per aiutare chiunque si trovi in uno stato di bisogno e non solo specifici datori e prestatori, secondo la teoria del rischio, dal momento che l’art. 38 Cost. riconosce a tutti i lavoratori “il diritto a vedersi assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso d’infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia, disoccupazione”.
Non manca chi ritiene che il principio del rischio professionale permetta sia una protezione globale perché garantita a tutti i lavoratori, qualunque sia l’invalidità riportata a causa del lavoro, sia una tutela limitata in quanto ristretta a specifiche categorie di lavoratori e a determinate attività.
In base al D.P.R. 1124/65 la prestazione assicurativa deve erogarsi in tutti i casi d’infortunio avvenuto per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un’invalidità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un’invalidità temporanea assoluta che comporti l’astensione dal lavoro per più di tre giorni.
Gli elementi che contraddistinguono l’infortunio sono:
la lesione;
la causa violenta;
l’occasione del lavoro.
Per lesione s’intende ogni alterazione provocata all’organismo fisiopsichico del lavoratore. Per essere tutelata, essa deve essere tale da eliminare o quanto meno ridurre l’attitudine del soggetto al lavoro, divenendo rilevanti per l’assicurazione laddove si è in presenza:
di morte del lavoratore;
di inabilità al lavoro.
Quest’ultima poi può essere temporanea o permanente qualora sia possibile guarire dalle conseguenze dell’infortunio.
L’inabilità permanente può essere, a sua volta:
assoluta, se priva completamente il prestatore dell’attitudine al lavoro;
parziale[5], nel caso in cui tale attitudine venga soltanto ridotta.
La causa violenta[6], invece, è rappresentata da ogni fatto esterno che, mediante una determinata azione[7], concentrata nel tempo, agisce rapidamente sull’individuo arrecando danni al suo organismo.
Per occasione di lavoro s’intendono tutte le condizioni in cui si svolge l’attività produttiva e nella quale è insito il rischio di danno per il lavoratore, nonché ogni altra condizione riconducibile allo svolgimento della prestazione. E’ necessario però che tra l’attività lavorativa e il sinistro sussista un nesso eziologico (cioè un rapporto di causa-effetto). Va, da subito, detto che al lavoratore non spetterà alcun indennizzo nell’ipotesi di rischio elettivo cioè causato da una libera scelta del prestatore (Cass. 7 marzo 1998 n. 2572).
Anche l’infortunio in itinere è oggetto di assicurazione obbligatoria. Si definisce tale l’infortunio occorso alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro, se il lavoratore ha più di rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti.
Qualora l’evento lesivo consegua a deviazioni o interruzioni non dipendenti dal lavoro o, anche solo non necessarie, non è prevista alcuna tutela; lo stesso non può dirsi nel caso in cui le deviazioni siano necessarie perché determinate da forza maggiore, da esigenze improrogabili. Il lavoratore è ugualmente tutelato se, per spostarsi, deve necessariamente ricorrere al mezzo di trasporto privato[8].
1.2. I soggetti del rapporto assicurativo e le attività protette
I soggetti del rapporto assicurativo sono:
i lavoratori (gli assicurati);
i datori di lavoro (gli assicuranti);
l’ente pubblico assicuratore.
Le attività da assicurare, in base all’art. 1 del D.P.R. 1124/65, sono sia quelle che implicano l’uso di macchine[9] mosse direttamente dalla persona che le utilizza, di apparecchi a pressione, etc., sia quelle che sono ritenute dalla legge oggettivamente pericolose[10] (per esempio, le attività edili, di trasporto). Per quest’ultima tipologia di attività la legge fornisce un elenco dettagliato e tassativo per cui è precluso il ricorso all’interpretazione analogica (Cass. 29 giugno 1982 n. 3917). L’obbligo assicurativo concerne anche le seguenti attività:
ü l’uso di macchine e apparecchi elettrici o elettronici come i centralini telefonici, centri di elaborazione dati, videoterminali, macchine elettriche da calcolo e da scrivere (Circ. Inail 30 dicembre 1986 n. 80);
ü l’attività di cassa a diretto contatto con il pubblico, anche quando si utilizzano apparecchiature non elettriche;
ü l’attività generica di vendita nei grandi magazzini, prescindendo dall’adibizione a macchine, apparecchiature ed impianti (Notiziario Inail n. 38/86).
1.3. I soggetti obbligati all’assicurazione
I datori di lavoro che esercitino una delle attività di cui sopra sono obbligati ad assicurare i propri dipendenti contro l’infortunio sul lavoro e la malattia professionale.
Per datore[11] può intendersi sia la persona giuridica che quella fisica, l’ente pubblico, privato, compresi lo stato e gli enti locali.
1.4. I soggetti assicurati
In base all’art. 4 del D.P.R. 1124/1965, rientrano nella categoria degli assicurati tutti quelli che in modo permanente o avventizio prestano alle dipendenze o sotto la direzione altrui opera manuale retribuita, qualunque sia la forma della retribuzione.
La manualità[12] della prestazione non comporta l’esclusione degli impiegati dalla tutela assicurativa dal momento che l’art. 4 non opera alcuna distinzione, dal punto di vista degli effetti assicurativi, tra operai e gli impiegati. L’articolo, infatti, si riferisce a tutti i soggetti che, qualunque qualifica rivestano, sono esposti, per ragioni professionali, al rischio proprio di determinate lavorazioni (C. Cost. 09.06.1977 n. 114, Cass. 27.04.1987 n. 4071, Cass. 05.12.1986 n. 7234).
Beneficiano, inoltre, della tutela i dirigenti, gli apprendisti, i lavoratori a domicilio, coloro che sovrintendono[13] il lavoro degli altri, i lavoratori addetti a servizi domestici e familiari che prestano la loro attività presso più datori di lavoro anche se questa non rientra tra quelle assicurate, i lavoratori dello spettacolo e gli animatori turistici.
E’ speculare a tale ragionamento precisare che l’assicurazione non copre soltanto i lavoratori dipendenti, ma anche coloro che, pur mancando un rapporto di lavoro subordinato, sono ritenuti meritevoli di tutela per la loro posizione sociale come, per esempio, gli artigiani, gli insegnanti[14] e gli alunni durante le esercitazioni pratiche, gli istruttori e gli allievi di corsi di qualificazione e di addestramento, i partecipanti all’impresa familiare, etc..
Dal 16 marzo 2000 anche i collaboratori coordinati e continuativi che svolgono attività protette[15] devono essere assicurati contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali[16].
1.5. Il soggetto assicuratore
Ente assicuratore è l’Inail cioè Istituto Nazionale per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
L’ente pubblico, con sede legale a Roma e sedi provinciali dislocate in ogni capoluogo di provincia, svolge la sua attività sotto la vigilanza del Ministero del lavoro e del Tesoro[17].
1.6. La costituzione del rapporto assicurativo
Affinché il rapporto assicurativo[18] possa costituirsi, il datore di lavoro deve presentare all’Inail, almeno 5 giorni prima l’inizio dell’attività, la denuncia[19] dei lavori che intende svolgere.
Qualora la presentazione preventiva non fosse possibile, il datore vi deve provvedere nei 5 giorni successivi l’inizio dei lavori.
La denuncia va presentata tramite uno speciale modulo, rilasciato dalle sedi e dai centri operativi dell’istituto, in cui sono contenuti tutti gli elementi, le indicazioni e le notizie ritenute necessarie.
In esso il datore dovrà:
ü specificare la natura dei lavori e delle lavorazioni che possono esporre il prestatore al rischio di malattie professionali;
ü indicare le effettive misure adottate per prevenire gli infortuni e per garantire l’igiene del lavoro.
Ricevuta la denuncia, l’Inail comunica al datore:
ü il codice ditta, unico per tutte le posizioni assicurative riconducibili allo stesso datore di lavoro;
ü la voce ed il corrispondente tasso di premio applicati per ogni lavorazione denunciata;
ü il numero della posizione assicurativa territoriale (PAT) per ogni singola sede di lavoro;
ü l’inquadramento[20] nella gestione tariffaria.
Dal 1° gennaio 2000 i datori di lavoro sono inquadrati in una delle quattro gestioni tariffarie di nuova istituzione che, di fatto, corrispondono ai settori di attività individuati dalla legge ai fini contributivi. Ciò comporta che ai fini dell’inquadramento, l’Inail deve tener presente quello deciso dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale.
Le gestioni concernono l’industria, l’artigianato, il terziario e le altre attività (attività varie tra cui rientrano, per esempio, quelle bancarie ed assicurative).
Per i settori che non ricadono in queste gestioni, l’istituto provvede autonomamente all’inquadramento. Può accadere che l’inquadramento Inail diverga da quello dell’Inps.
L’ipotesi ricorre ogni volta che l’istituto vi provvede autonomamente e in via provvisoria[21] al fine di rendere possibile il pagamento anticipato dei premi.
Alla divergenza, comunque, si rimedia attraverso il provvedimento di rettifica[22] i cui effetti decorrono dalla data d’inizio attività (art. 3 DM 12 dicembre 2000).
1.7. Gli obblighi del datore di lavoro
In seguito all’apertura della posizione assicurativa, il datore di lavoro deve adempiere una serie di obblighi quali:
ü comunicare[23] all’Inail, contestualmente all’instaurazione del rapporto di lavoro o alla sua cessazione[24], il codice fiscale dei lavoratori interessati dalla circostanza. Il rispetto dell’obbligo è valutato in relazione alla data in cui effettivamente inizia l’attività e non a quella indicata sul contratto di lavoro. La denuncia può essere presentata anche anticipatamente nel caso in cui, per esempio, le assunzioni o licenziamenti coincidono con giorni festivi o il sabato.
far vidimare, da parte dell’istituto assicuratore:
il libro matricola, nel quale iscrivere tutti i lavoratori assicurati, in ordine cronologico di assunzione;
il libro paga, nel quale indicare, per ogni dipendente, il numero di matricola, le ore di lavoro -ordinarie e straordinarie- effettuate ogni giorno e la retribuzione erogata.
Nel corso del rapporto di lavoro, invece, il datore deve:
calcolare e pagare il premio[25];
comunicare all’Inail le variazioni, intervenute nel rapporto assicurativo, che determinano la modifica del premio;
dichiarare le nuove attività lavorative;
denunciare l’infortunio e la malattia professionale.
L’infortunio con prognosi superiore a tre giorni deve essere denunciato[26] entro due giorni che si calcolano a partire dal momento in cui il datore ne è venuto a conoscenza. Più precisamente il termine per la presentazione decorre dalla data di ricezione del certificato medico. L’infortunio, per il quale inizialmente si era prevista una guarigione in tre giorni, se si prolunga al quarto giorno -o più fa decorrere il termine per la presentazione della documentazione dalla data in cui si riceve l’ulteriore certificato. Qualora la scadenza venisse poi a coincidere con un giorno festivo, essa è prorogata al primo giorno successivo non festivo.
L’infortunio causa di morte o anche del solo pericolo (di morte), rende necessario effettuare la denuncia entro le 24 ore dall’evento.
Essa deve essere presentata, alla sede Inail competente[27], su apposito modulo con allegato il certificato medico.
Nel modulo, compilato in tutte le sue parti (generalità dell’infortunato, giorno e ora dell’infortunio, codice fiscale del datore e del lavoratore, etc.), bisognerà indicare le ore lavorate nonché il salario percepito dal lavoratore nei 15 giorni che precedono l’infortunio. Il datore di lavoro[28] è obbligato a presentare la denuncia d’infortunio, sempre entro due giorni, anche all’autorità di pubblica sicurezza[29] del Comune in cui si è verificato l’evento[30], sia nel caso di morte che d’inabilità al lavoro superiore a tre giorni.
La denuncia non deve consegnarsi necessariamente a mano potendosi avvalere, anche, del servizio postale. Qualora questa dovesse arrivare dopo la scadenza del termine, il datore non è responsabile se la spedizione è stata tempestiva (Cass. pen. 30 aprile 1992 n. 4850).
Al verificarsi dell’infortunio, il datore deve:
provvedere ai soccorsi d’urgenza e al trasporto dell’infortunato;
permettere agli ispettori di accedere nell’azienda;
annotare sull’apposito registro, entro un giorno, l’infortunio che determina l’assenza dal lavoro per almeno un giorno, escludendo quello dell’evento.
1.8. Gli obblighi del lavoratore
Relativamente agli obblighi del lavoratore bisogna dire che questi deve:
ü immediatamente dare notizia al datore di lavoro di qualunque infortunio occorso, anche se di lieve entità. La violazione dell’obbligo comporta la perdita del diritto all’indennità per i giorni che precedono quello in cui il datore ne è venuto a conoscenza.
sottoporsi alle cure mediche e chirurgiche ritenute indispensabili dall’istituto assicuratore.
Il prestatore che aggrava dolosamente le sue condizioni o simula l’infortunio perde il diritto ad ogni prestazione oltre a soggiacere alle pene previste dalla legge (art. 65 D.P.R. 1124/65).
Il lavoratore infortunato, a differenza di quello malato, non è obbligato ad essere reperibile.
Se ciò fosse previsto da una clausola del contratto collettivo, la stessa è da ritenersi nulla (Cass. 2 giugno 1998 n. 5414).
1.9. Le prestazioni assicurative
Al verificarsi dell’infortunio, sorge per il lavoratore il diritto alle prestazioni assicurative[31] previste dalla legge le quali, in base al principio dell’automaticità[32] delle prestazioni, spettano indipendentemente dall’adempimento degli obblighi contributivi da parte del datore.
Tale tutela si estende anche ai fanciulli, qualunque sia la loro età, anche se adibiti al lavoro in violazione delle norme di legge sull’età[33].
Le prestazioni sono di due tipi:
sanitarie, finalizzate al recupero dell’attitudine al lavoro;
economiche, dirette al risarcimento economico.
Le prestazioni sanitarie (cure mediche e chirurgiche, accertamenti clinici, forniture di apparecchi e protesi) vengono erogate non solo per tutta la durata dell’inabilità ma anche dopo la guarigione clinica e la costituzione di una rendita per inabilità.
L’attività di cura è di competenza delle strutture del servizio sanitario nazionale mentre i relativi oneri sono a carico dell’Inail.
Il lavoratore assicurato ha non solo il diritto ma anche l’onere di usufruirne.
Infatti, qualora si rifiuti, senza giustificato motivo, di sottoporsi alle cure che l’istituto ritenga necessarie, il prestatore subirà la perdita o la riduzione delle prestazioni economiche.
La stipulazione di apposite convenzioni con le Regioni consente all’Inail di garantire ai lavoratori infortunati un servizio di prime cure negli ambulatori ubicati presso le sue sedi.
In caso contrario sarà il datore a provvedervi, salvo poi rimborso dell’istituto assicuratore.
Le prestazioni economiche, invece, consistono nella corresponsione periodica o una tantum[34] di somme di denaro a seconda che dall’evento assicurato derivi:
inabilità temporanea assoluta al lavoro;
inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale;
morte del lavoratore.
In caso d’inabilità temporanea assoluta, il datore è obbligato per legge ad erogare la retribuzione per i primi quattro giorni; per i successivi vi provvederà l’Inail a meno che i contratti collettivi non prevedano l’integrazione a suo carico dell’indennità corrisposta dall’ente assicuratore.
Più precisamente il datore deve pagare:
l’intera retribuzione per la giornata in cui si è verificato l’infortunio o la malattia professionale;
il 60% per i tre giorni successivi (periodo di carenza).
A partire dal quarto giorno, e per tutto il periodo d’inabilità, l’indennità erogata dall’Inail sarà:
pari al 60% della retribuzione giornaliera per i primi 90 giorni, anche non continuativi, di astensione dal lavoro;
pari al 75% dal 91° giorno.
Il parametro di riferimento per la determinazione dell’indennità da corrispondersi è costituito dalla retribuzione media giornaliera degli ultimi 15 giorni immediatamente precedenti l’infortunio o la malattia professionale.
Il calcolo è diverso a seconda che la retribuzione è mensile o oraria.
Nel primo caso la retribuzione media giornaliera è data dal rapporto della paga del mese precedente l’evento e 25 (i giorni lavorati in un mese).
Per la retribuzione oraria occorre fare il rapporto tra la paga percepita nei quindici giorni ed il numero di ore in cui si è lavorato.
Il risultato va moltiplicato per la durata dell’orario di lavoro settimanale e poi diviso per sei.
L’indennità in genere è pagata dall’Inail per tutta la durata dell’inabilità[35], salvo anticipo da parte del datore, rimborsato poi alla fine di ogni mese.
Prima di definire la prestazione economica da erogarsi in caso d’inabilità permanente, occorre distinguere l’inabilità assoluta da quella parziale.
Ricorre la prima ipotesi quando, in seguito all’infortunio o alla malattia professionale, il lavoratore perde completamente e per tutta la vita l’attitudine al lavoro[36] (si ha cioè una riduzione della capacità lavorativa tra l’80 e il 100%).
L’inabilità è parziale, invece, quando l’attitudine è solo in parte diminuita, purché superiore al 10%.
In questi casi al lavoratore spetterà una rendita pari:
ad una percentuale, variabile dal 50 % al 98%, della retribuzione per l’inabilità che va dall’11% al 64%;
al 100% della retribuzione se l’inabilità è compresa tra il 65% e il 100%.
La rendita può essere sottoposta a revisione qualora si verifichino mutamenti nella misura dell’incapacità lavorativa (aumenti, diminuzioni). L’Inail, d’ufficio o su domanda dell’interessato, può sottoporre l’assicurato a visite periodiche di revisione entro, e non oltre, 10 anni[37] in caso d’infortunio, 15 anni per la malattia professionale.
La rendita può essere anche soppressa se si accerta il recupero dell’attitudine al lavoro. Trascorsi dieci anni dalla costituzione della rendita, se il grado d’inabilità si è stabilizzato sotto il 16%, all’assicurato viene corrisposta, ad estinzione di ogni diritto, una somma pari al valore capitale dell’ulteriore rendita spettante.
Per il calcolo della rendita si considera la retribuzione corrisposta nei dodici mesi antecedenti l’infortunio o la malattia professionale.
Il suo importo non potrà mai superare un limite massimo (trecento volte la retribuzione media giornaliera aumentata del 30%) né essere inferiore ad un limite minimo (trecento volte la retribuzione media giornaliera diminuita del 30%).
La rendita ai superstiti è quella prestazione economica erogata agli eredi[38] dell’assicurato deceduto in conseguenza dell’infortunio o della malattia professionale. Il suo importo è determinato in relazione al 100% della retribuzione annua percepita dal lavoratore.
L’assegno continuativo mensile spetta, invece, al coniuge e ai figli superstiti del titolare di rendita per inabilità permanente non inferiore al 65%, deceduto per cause non dipendenti dall’infortunio o dalla malattia professionale. L’assegno è pari ad una quota, che varia a seconda del soggetto che ne beneficia, della rendita.
Per l’erogazione dell’assegno occorre che la richiesta venga presentata all’Inail entro 180 giorni dalla morte del soggetto assicurato.
Diverso è l’assegno d’incollocabilità[39], erogato mensilmente, insieme alla rendita, agli assicurati, con più di 55 anni, con inabilità non inferiore al 34% dichiarati incollocabili dalla direzione provinciale del lavoro. L’assegno si corrisponde anche nei casi in cui la natura dell’invalidità o il grado della stessa risulti nocivo per l’incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti.
1.10. La responsabilità del datore di lavoro
Il diritto all’indennizzo spetta al lavoratore anche quando l’infortunio sul lavoro, quello in itinere e la malattia professionale conseguano ad un fatto commesso dal datore[40].
Nei suoi confronti il lavoratore (o i suoi superstiti) potrà agire in giudizio per il risarcimento[41] dei danni ma solo se:
ü trattasi di reati, a lui imputabili, perseguibili d’ufficio, commessi per aver violato le norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro e d’igiene del lavoro o per aver causato una malattia professionale;
è stata emanata una sentenza penale di condanna;
la misura del danno[42], liquidato dal giudice, è superiore alle prestazioni erogate dall’Inail.
All’Inail, invece, si riconosce l’azione di regresso finalizzata ad ottenere dal datore il rimborso di quanto erogato.
Condizione essenziale per il suo esercizio è l’accertata responsabilità penale dello stesso. L’azione può esercitarsi anche nei confronti:
dell’infortunato, se il suo comportamento doloso, accertato con sentenza penale, abbia causato l’infortunio;
dei soggetti responsabili o corresponsabili dell’infortunio, per la condotta da essi tenuta nell’esercizio dei loro compiti.
Pur trattandosi di responsabilità extracontrattuale, l’azione di regresso è comunque esperibile nei loro confronti dal momento che essi rappresentano gli strumenti di cui si è servito il datore per violare l’obbligo di garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro.
1.11. La malattia professionale
Come si è accennato in precedenza, il D.P.R. 1124/65 garantisce la tutela economica e sanitaria non solo al verificarsi dell’infortunio ma in caso di malattia professionale, quale evento dannoso in grado di privare o ridurre notevolmente la capacità lavorativa del prestatore che eserciti specifiche attività.
Le malattie oggetto dell’obbligo assicurativo sono solo quelle che, in base all’art. 3 del D.P.R. 1124/65, sono contratte nell’esercizio e a causa[43] delle lavorazioni tassativamente indicate (cd. lavorazioni morbigene)[44].
Tra la malattia professionale e la prestazione lavorativa, inoltre, deve intercorrere un rapporto di causalità diretto e non occasionale, come può essere per l’infortunio, affinché il lavoratore leso possa essere indennizzato.
Il rischio ambientale[45], proprio perché privo di questo nesso eziologico, impone al lavoratore, che voglia essere indennizzato, dimostrare che per ragioni professionali è obbligato a frequentare l’ambiente in cui si eseguono le attività pericolose di cui all’art. 1 del D.P.R. 1124/65 risultando, pertanto, esposto allo stesso rischio previsto per i lavoratori preposti allo svolgimento delle stesse. (Cass. 8 ottobre 1992 n. 10949).
Ai fini della tutela, però, occorre che l’esposizione sia costante e abituale, anche se non continuativa, e soprattutto indispensabile per svolgere le mansioni cui è adibito.
Per la Corte di Cassazione la copertura assicurativa e la conseguente tutela deve essere garantita anche a tali soggetti a prescindere dal contenuto manuale o intellettuale delle mansioni svolte.( Cass. 14 aprile 1994 n. 3476).
La pronuncia ha la funzione di salvaguardare i dirigenti e gli impiegati, proprio perché privi di un rapporto diretto con le fonti di rischio, causa la natura intellettuale della funzione svolta, e, nello stesso tempo, garantire il rispetto degli att. 3 e 38 Cost., inevitabilmente violati qualora si disattendesse il principio pari rischio/pari tutela.
Le malattie professionali, riportate in un apposito elenco[46], allegato al D.P.R. 1124/65 (cd. malattie tabellate), godono di una presunzione, iuris et de iure, d’indennizzabilità insieme alle lavorazioni morbigene purché si manifestino entro un determinato periodo di tempo dall’abbandono della lavorazione stessa.
Anche per tale limite temporale, che varia a seconda della malattia professionale, esiste un’apposita tabella sempre allegata alla legge.
Questo sistema tabellare pur avendo il pregio di non obbligare il prestatore a provare la natura professionale della lavorazione, dal momento che per le malattie tabellate il rischio si presume, limita la tutela esclusivamente alle patologie elencate.
Per ovviare a questo inconveniente, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 179 del 18 febbraio 1998, ha introdotto un sistema misto che consente d’indennizzare anche le malattie non tabellate, di cui si riesca a dimostrare l’origine professionale, o le malattie causate da lavorazioni non previste nelle stesse tabelle.
S’impone una periodica revisione[47] ed un aggiornamento degli elenchi, alla luce anche del continuo mutare del lavoro moderno con il conseguente affermarsi di nuove lavorazioni e di nuovi rischi.
Il sistema misto prevede:
Ø per le malattie tabellate, la denuncia da parte del lavoratore entro il periodo massimo indennizzabile. In caso contrario sarà suo onere dimostrare il manifestarsi[48] nei termini prescritti in modo da poter beneficiare della presunzione legale. Qualora non vi riesca, dovrà provare la sua natura professionale[49].
Ø per la malattie non tabellate, il prestatore dovrà dimostrare la sussistenza del rapporto causa/effetto tra la lavorazione eseguita e la malattia insorta e la sua natura professionale[50].
Il manifestarsi della malattia non deve presumersi contestuale alla presentazione della denuncia, contrariamente a quanto prevede il secondo comma dell’art. 135 del D.P.R. 1124/64, perché se così fosse il lavoratore che presenta la denuncia oltre il termine previsto per ciascuna malattia professionale non avrebbe diritto all’indennizzo.
Questo è quanto afferma la Corte Costituzionale che, con sentenza n. 206 del 25 febbraio 1998, ha dichiarato incostituzionale l’articolo ribadendo il principio secondo cui la denuncia è rilevante solo per stabilire il momento a partire dal quale decorre la prestazione assicurativa.
1.12. Gli obblighi del lavoratore
Il lavoratore ha l’obbligo di denunciare al suo datore la malattia professionale[51] entro 15 dal suo manifestarsi.
Qualora fosse inadempiente perderà l’indennizzo per tutti i giorni precedenti la denuncia.
1.13. Gli obblighi del datore di lavoro
Il datore, a sua volta, deve darne notizia all’Inail entro 5 giorni dal ricevimento della denuncia, avvalendosi di uno specifico modello cui allegherà un certificato medico[52] in cui dovranno indicarsi il domicilio dell’ammalato, il luogo dell’eventuale ricovero, una dettagliata relazione dei sintomi accusati e di quelli rilevati.
Per ogni altro aspetto relativo l’obbligo della denuncia, le prestazioni assicurative erogate dall’Inail, si rinvia a quanto accennato in occasione della trattazione dell’infortunio.
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Note:
[1]Avvocato, Funzionario-Responsabile presso la Direzione INPDAP (Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica) di Sondrio.
[2] Nel 1929, invece, sorge l’obbligo assicurativo per le malattie professionali sebbene limitato soltanto ad alcune patologie. Nel 1952 l’obbligo interessò ben 40 patologie ma solo per il settore industriale. Solo nel 1958 la protezione assicurativa viene estesa anche ai lavoratori agricoli.
[3] Per un’analisi dettagliata delle linee portanti del d.lgs. n. 38/00 alla luce della possibile comparabilità degli effetti alle regole della concorrenza, si veda P. SANDULLI, “Le linee giuridiche ed istituzionali del d.lgs. n. 38/00”, Rivista degli infortuni e delle malattie professionali, fascicolo 4 e 5, 2000.
[4] Cfr. a riguardo M. Persiani, “Diritto della Previdenza Sociale”, Cedam, Padova, 2000.
[5] Per stabilire in che misura si è ridotta l’attitudine al lavoro, occorre riferirsi a specifiche tabelle, contenenti un elenco delle menomazioni tipiche, le quali a seconda della lesione indicano, in percentuale il grado d’inabilità.
[6]E’ proprio la causa violenta che consente di distinguere l’infortunio dalla malattia professionale.
[7]E’ ritenuto causa violenta anche il fatto lesivo che non sia accidentale, straordinario o imprevedibile.
[8] La Corte di Cassazione ha stabilito che anche nel caso di infortunio in itinere, la colpa esclusiva del lavoratore non osta all’operatività dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. E’ solo il rischio elettivo (come si è accennato), cioè quello creato volontariamente dal lavoratore senza alcun rapporto con lo svolgimento del lavoro, che porta l’infortunio al di fuori dell’operatività dell’assicurazione in questione, ma tale ipotesi non è necessariamente ravvisabile nel caso in cui l’infortunio sia stato causato dall’interessato per aver violato una norma sulla circolazione stradale.
[9] E’ personale addetto all’uso delle macchine non solo quello incaricato del suo funzionamento ma, anche, quello che per espletare le sue funzioni viene a contatto con la macchina.
[10]Queste attività sono tutelate a prescindere dall’uso di apparecchiature, d’impianti. Relativamente alla pericolosità vige una presunzione assoluta, per cui non occorre fornire una prova della stessa ai fini del riconoscimento dell’infortunio. Essa, invece, sarà presa in considerazione, insieme all’entità del rischio cui il lavoratore è esposto, per determinare il premio da corrispondere.
La presunzione assoluta non riguarda anche i lavori complementari (per esempio l’installazione del macchinario, i trasporti all’interno dello stabilimento) e sussidiari (fabbricazione di imballaggi, trasporto degli operai sul luogo di lavoro) delle attività assicurate. Questi, infatti, saranno tutelati solo se effettivamente connotati da un’intrinseca pericolosità o partecipino di quella dell’attività principale. (Cass. 22 febbraio 1985 n. 1956)
[11] Sono considerati datori di lavoro anche le scuole, le case di cura, gli ospedali, gli istituti e gli stabilimenti di prevenzione e di pena, le società cooperative etc..
[12] Per manualità s’intende il dispendio fisico del lavoratore nell’uso dell’attrezzo senza che rilevi il collegamento di tale attività fisica con conoscenze intellettuali (Cass. 21.11.1978 n. 5430). Ai fini della tutela è sufficiente che l’attività manuale, anche se accessoria e strumentale a quella intellettuale, venga svolta in modo professionale cioè abitualmente e sistematicamente, anche se non in modo continuativo.
[13]Coloro cioè che devono dirigere da vicino l’esecuzione materiale dei lavori per cui è necessario avvicinarsi alle macchine mentre sono in funzione. Proprio per questo motivo, ai fini della tutela, si richiede una sorveglianza di tipo tecnico e non amministrativo (attinente cioè alla disciplina e al rendimento).
[14] Non sono, invece, assicurati gli insegnanti e gli alunni delle scuole materne poiché l’attività svolta è in prevalenza ludica per cui priva di ogni pericolosità (Cass. 17 maggio 1997 n. 4417).
[15] Sono protette non solo le attività di cui al D.P.R. 1124/65, compreso l’uso diretto di videoterminali e macchine da ufficio, ma, anche, quelle che comportano “la conduzione personale di veicoli a motore perché strumentale all’esercizio delle proprie mansioni”.
[16] Per un ampio approfondimento della materia, M. SQUEGLIA “Aspetti assicurativi “ in <La collaborazione coordinata e continuativa. Aspetti contrattuali, previdenziali, assicurativi e fiscali>, di M. SQUEGLIA, pp. 93 e seg., Sistemi Editoriali Simone, Napoli, 2002.
[17] Sul privilegio riservato all’Istituto in questione, F. PONTRANDOLFI, “Il monopolio dell’INAIL nell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: l’iter fino alla recente sentenza della corte d i giustizia europea 22 gennaio 2002, causa C-218/00, CISAL C/INAIL”, Rivista degli infortuni e delle malattie professionali, Fascicolo 4-5, luglio-ottobre 2001.
[18] L’apertura della posizione assicurativa generalmente è preceduta dalla presentazione della denuncia d’inizio attività all’Inps e dalla relativa classificazione.
[19] In caso di attività non denunciate e accertate dall’Inail, il datore è diffidato dall’ente a provvedervi entro 10 giorni, scaduti i quali il datore dovrà pagare il premio nella misura richiesta dall’istituto salvo che non presenti ricorso.
[20] Da questo momento il datore deve effettuare il primo versamento in acconto relativo all’intervallo di tempo che intercorre dalla data d’inizio dei lavori ed il 31 dicembre.
[21] In attesa della classificazione dell’ente previdenziale.
[22] Anche in caso d’inquadramento errato si può procedere a rettifica, d’ufficio o su richiesta del datore.
[23] Analogo obbligo sussiste ogni volta che la data d’inizio e/o cessazione della prestazione subisca una variazione (per esempio proroga del contratto a tempo determinato)
[24] Essa coincide con l’ultimo giorno di effettivo lavoro.
Se, invece, a cessare è la lavorazione, il datore dovrà comunicarla all’Inail entro 8 giorni dal suo verificarsi. In caso di ritardo il datore dovrà pagare il premio assicurativo previsto fino al decimo giorno successivo a quello della cessazione a meno che quest’ultima non coincidesse con il termine del periodo lavorativo indicato nella denuncia.
La cessazione obbliga il datore a conservare i libri paga e matricola per almeno 10 anni dall’ultima registrazione; se non sono stati mai usati il termine decorre dalla data in cui furono vidimati dall’Inail.
[25] Il premio rappresenta il corrispettivo del rischio assunto dal datore di lavoro con l’esercizio di una specifica attività. Naturalmente il tasso varia a seconda della natura e dell’entità del rischio assicurato. Per il calcolo del premio si considera la retribuzione imponibile valida ai fini fiscali e contributivi.
[26]L’omessa denuncia dell’infortunio esonera il datore da qualunque responsabilità qualora tale compito fosse stato delegato ad altro soggetto (Cass. pen. 10 marzo 1990 n. 3433).
Allo stesso modo non è responsabile per trasmissione in ritardo della denuncia se ciò consegua alla ritardata comunicazione da parte dell’infortunato (Cass. 24 maggio 1994 n. 1125).
[27] La competenza si determina considerando il luogo di svolgimento dei lavori.
[28] L’obbligo riguarda anche il datore non soggetto all’assicurazione obbligatoria.
[29] Oppure al questore, al sindaco se, nel comune in cui si è verificato l’infortunio, non ha sede la questura.
[30] Se l’infortunio provochi la morte o lesioni tali da causare la morte o un’inabilità superiore a trenta giorni e consegua all’esercizio di un’attività soggetta all’obbligo assicurativo, l’autorità di pubblica sicurezza deve trasmettere un’esemplare della denuncia alla Direzione provinciale del lavoro, nella cui circoscrizione si è verificato il sinistro, affinché possa procedere all’inchiesta amministrativa. Tale richiesta può essere avanzata anche dall’Inail, dall’infortunato o dai suoi superstiti.
[31] Se le prestazioni sono state corrisposte per errore, di qualunque tipo, commesso in fase di erogazione, attribuzione, l’Inail può sempre rettificare entro 10 anni dalla data di comunicazione dell’originario provvedimento risultato poi sbagliato.
[32] Il principio non si applica, a partire dal 1° gennaio 1998 per i lavoratori autonomi (per essere nello stesso tempo assicurati e assicuranti) i quali, pertanto, se inadempienti beneficeranno solo delle prestazioni sanitarie perdendo il diritto a quelle economiche.
[33]L’istituto assicuratore può comunque rivalersi nei confronti del datore.
[34] Come l’assegno una tantum corrisposto nel caso di morte del soggetto per lesioni causate dall’azione dei raggi X e delle sostanze radioattive.
[35] Per tutti i giorni cioè, compresi i festivi.
[36] Attitudine intesa come capacità lavorativa generica che consente al lavoratore di svolgere qualunque attività da cui consegua un’utilità economica.
[37] Non vi sono limiti di tempo in caso di silicosi o asbestosi.
[38] Coniuge, figlio legittimo, naturale, riconosciuto, adottivo. Ove questi manchino la rendita spetta agli ascendenti, agli adottanti, ai fratelli e alle sorelle se conviventi e a carico del defunto.
[39] Tale denominazione si deve al fatto che l’assegno viene a svolgere una funzione sostitutiva del collocamento obbligatorio
[40] Al comportamento del datore è equiparato il fatto o il comportamento del personale incaricato alla sorveglianza del lavoro, della direzione.
[41] Il risarcimento potrà richiedersi anche quando a causare l’infortunio sia stato un terzo estraneo al rapporto di lavoro. Qualora il lavoratore non lo faccia, L’Inail può surrogarsi nei suoi diritti per ottenere il rimborso integrale o parziale delle prestazione erogate.
[42] Il risarcimento da corrispondere al lavoratore si calcolerà detraendo dall’importo complessivo del danno liquidato dal giudice l’ammontare delle prestazione erogate dall’Inail.
[43] A differenza dell’infortunio, la causa è lenta perché è determinata da una serie di fattori lesivi che, in modo graduale e progressivo, agiscono sull’organismo umano danneggiandolo.
[44]Sull’insorgenza di nuove malattie professionali connesse allo stress ed al mobbing, E. GAMBACCIANI, “Il lavoro che cambia: l’INAIL e le nuove malattie professionali”, Rivista degli infortuni e delle malattie professionali, Fascicolo 3 Maggio – Giugno 2001.
Il rischio ambientale ricorre ogniqualvolta il soggetto colpito dall’infermità non svolge direttamente la lavorazione morbigena.
[46] L’elenco che ha carattere tassativo non è suscettibile, pertanto d’interpretazione analogica (Cass. SU 9 marzo 1990 n. 1919).
[47] Il D.lgs. 38/00 ha previsto la costituzione, con apposito decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, di una Commissione specifica per l’elaborazione e la periodica revisione dell’elenco delle malattie ai sensi dell’art. 139 e delle tabelle richiamate dagli att. 3 e 311 del D.P.R. 1124/65.
Sempre con decreto del Ministero del Lavoro deve essere disposto, con cadenza annuale, l’aggiornamento.
[48] Per la Corte di Cassazione la manifestazione non è sinonimo d’insorgenza perché, a differenza di quanto avviene per l’infortunio, non è facile stabilire il momento in cui si verifica la malattia essendo causata da un’azione lesiva dell’organismo umano lenta, graduale e, soprattutto, non visibile all’occhio umano.
Per questo motivo, affinché si possa parlare di manifestazione occorre non solo la denuncia del lavoratore ma anche un certificato medico allegato. (Cass. 15 gennaio 1950 n. 124; Cass. 4 novembre 1993 n. 10891; Cass. 2 novembre 1995 n. 11364).
[49] Nell’assolvere questo onere,, dovrà specificare i rischi professionale cui è stato esposto, le mansioni svolte, e produrre un certificato medico che attesti la sussistenza della malattia e la sua evoluzione.
[50]A tal fine occorre anche l’avallo del datore di lavoro nell’ipotesi in cui la malattia si è manifestata nell’ambito di un rapporto di lavoro.
[51] La malattia generalmente decorre dal primo giorno d’astensione dal lavoro tranne se non determina inabilità temporanea assoluta.
In questi casi, infatti, decorre:
ü dalla data di presentazione all’Inail della denuncia con il certificato medico;
ü dalla data in cui, con idonea documentazione si prova il momento in cui si è manifestata.
[52] Il medico ha anche l’obbligo di comunicare all’Inail tutte le notizie ritenute necessarie.
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