Inidonee protezioni e responsabilità del datore di lavoro (Cass. pen., n. 14404/2012)

 

Massima

In merito all’imputazione per il reato di lesioni personali colpose, subite dal lavoratore, il datore di lavoro è il garante dell’incolumità del lavoratore con la conseguenza che ove non ottemperi agli obblighi di tutela impostigli dalla legge, risponde dell’evento lesivo in forza del principio secondo cui “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.

 

 

In questa pronuncia vi è la responsabilità del titolare di una ditta per il delitto di lesioni personali commesso in pregiudizio alla dipendente, intenta a perforare del ferro con un trapano a colonna. Il datore di lavoro, per colpa generica e specifica, non ha dotato il dipendente di idonea protezione contro il pericolo di trascinamento durante le lavorazioni; infatti, il non adempimento ha comportato lesioni personali consistite nella frattura esposta dell’avambraccio sinistro con lussazione del gomito sinistro.

Osserva infatti la Corte che se è pur vero che la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. deve configurarsi responsabilità contrattuale, con la conseguenza che al lavoratore è sufficiente allegare l’adibizione a mansioni dannose, provare il danno ed il nesso causale, mentre grava sul datore di lavoro la prova di aver adempiuto interamente all’obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno (ex plurimis, Cass. civ., 26 giugno 2009 n. 15078; Cass. civ., 13 agosto 2008 n. 21590; Cass. civ., 23 aprile 2008 n. 10529; Cass. civ., 19 luglio 2007 n. 16003).

Le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, sicchè il datore di lavoro è responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente all’eventuale concorso di colpa del lavoratore, salvo che la condotta di questi non presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento (così Cass. civ., 3786/2009, Cass. civ., 11622/2007, Cass. civ., 19559/2006, Cass. civ., 5493/2006, Cass. civ., 3213/2004, Cass. civ., 6377/2003, Cass. civ., 7454/2002, Cass. civ., 5024/2002).

Con l’ulteriore precisazione (Cass. civ., n. 16253 del 2004) che, per ritenere la sussistenza del carattere di abnormità del comportamento del lavoratore, è necessaria una rigorosa dimostrazione dell’indipendenza della condotta del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro e, con essa, dell’estraneità del rischio affrontato rispetto a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere.

 

 

Rocchina Staiano
Docente all’Univ. Teramo; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato. E’ stata Componente della Commissione Informale per l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del Dipartimento della Gioventù.

Sentenza collegata

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Staiano Rocchina

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