Intelligenza artificiale e diritti umani: la nuova Convenzione Consiglio d’Europa

Elena Incampo 28/05/24
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Lo scorso 17 maggio, il Consiglio d’Europa ha adottato il primo trattato giuridicamente vincolante, ossia la Convenzione quadro sull’intelligenza artificiale e i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto, volto a garantire il rispetto delle norme in materia – appunto – di diritti umani, democrazia e Stato di diritto nell’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale (IA) che possano interferire con essi.

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Indice

1. Cos’è la Convenzione quadro sull’intelligenza artificiale e i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto


La Convenzione è il risultato del lavoro di due anni svolto dal Comitato sull’intelligenza artificiale (CAI), che ha riunito i 46 Stati membri del Consiglio d’Europa e 11 Stati non membri (Argentina, Australia, Canada, Costa Rica, Giappone, Israele, Messico, Perù, Santa Sede, Stati Uniti d’America e Uruguay), oltre a rappresentanti del settore privato, della società civile e del mondo accademico, che hanno partecipato in qualità di osservatori.
Il Trattato, inoltre, si presta ad essere aperto anche ad altri Paesi non europei che vi vogliano aderire.

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2. Cosa prevede la nuova Convenzione


Dopo l’adozione dell’AI Act, non sorprende che anche la presente Convenzione adotti un approccio basato sul rischio. Essa, infatti, affronta, in particolare, i rischi che i sistemi di IA potrebbero presentare, promuovendo – al contempo – un’innovazione responsabile.
Si legge nel trattato, infatti, come il fine sia quello di “garantire che le attività nel ciclo di vita dei sistemi di intelligenza artificiale siano pienamente coerenti con i diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto” (art. 1), riconoscendo altresì che i sistemi di IA costituiscono un’opportunità senza precedenti “per proteggere e promuovere i diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto”, come indicato nel preambolo.
Successivamente, facendo riferimento all’impiego e all’utilizzo di questi sistemi nel settore sia pubblico che privato, il trattato prevede che gli Stati aderenti debbano adottare o mantenere “misure per l’identificazione, la valutazione, la prevenzione e l’attenuazione dei rischi posti dai sistemi di intelligenza artificiale, considerando gli impatti reali e potenziali sui diritti umani, sulla democrazia e sull’ambiente” (art. 16) e debbano altresì adottare o mantenere “misure volte a garantire che siano applicati adeguati requisiti di trasparenza e supervisione adeguati ai contesti e ai rischi specifici in relazione alle attività nell’ambito del ciclo di vita dei sistemi di intelligenza artificiale, anche per quanto riguarda l’identificazione dei contenuti generati dai sistemi di intelligenza artificiale” (art. 8).
Il trattato invita anche a prendere adeguatamente in considerazione le questioni più importanti che riguardano l’intelligenza artificiale, sottoponendole al dibattito pubblico e alla consultazione di più parti interessate alla luce delle implicazioni sociali, economiche, legali, etiche, ambientali e di altro tipo (art. 19).
Infine, non si poteva prescindere dalla previsione dell’istituzione e designazione di meccanismi di controllo efficaci, indipendenti ed imparziali, al fine di vigilare sul rispetto degli obblighi previsti dalla stessa Convenzione, i quali devono disporre di poteri, competenze e risorse necessarie per svolgere efficacemente i loro compiti di vigilanza (art. 26).

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