Intercettazioni: pubblicata la riforma in Gazzetta Ufficiale
Nella Gazzetta Ufficiale dello scorso 8 gennaio è stata pubblicata la riforma delle intercettazioni, che intende tutelare le informazioni non inerenti alle indagini e, dunque, il diritto alla riservatezza dei soggetti coinvolti in attività di indagine da parte delle autorità giudiziarie e di polizia.
Tra le novità della riforma, emerge l’attribuzione alla Polizia giudiziaria delle prime valutazioni in merito alla rilevanza o meno del contenuto delle intercettazioni, nonché l’utilizzo del Trojan, quale strumento non previsto dalla legge, il cui utilizzo è stato ammesso dalle Sezioni Unite in relazione a fatti di criminalità organizzata e che la riforma appena approvata ha esteso a tutti i reati suscettibili di intercettazione.
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La ratio della riforma dell’istituto
Alla base dell’intervento riformatore, vi era senza dubbio la volontà di contemperare interessi parimenti meritevoli di tutela, ovverosia il diritto alla privacy e il diritto alla corretta amministrazione della giustizia. Inoltre, la volontà del legislatore era anche quella di tutelare l’indagato e la presunzione di innocenza, che rappresenta uno dei principi cardine del sistema processual-penalistico. Non secondario sarebbe l’intento di diminuire l’utilizzo dello strumento de quo; dalle statistiche emergono dati particolarmente elevati, rispetto agli altri Paesi europei, con una spesa significativa per la giustizia italiana.
Vi sono già forti dubbi sul fatto che il testo approvato permetta concretamente il raggiungimento di tali obiettivi, considerato altresì l’orientamento della giurisprudenza, che si esprime per la massima utilizzabilità delle intercettazioni, nonché considerato il valore di prova, riconosciuto dal nostro ordinamento ai contenuti intercettati, a differenza di quanto accade in altri sistemi giuridici.
La richiesta del pubblico ministero
Resta in capo al p.m. il potere di richiedere il ricorso allo strumento delle intercettazioni, così come al pubblico ministero è riconosciuta la facoltà di scegliere quali documenti sottoporre al giudice delle indagini preliminari, con evidente discrezionalità in merito alle risultanze dell’attività investigativa. Peraltro, sul p.m. non grava nemmeno l’obbligo di trasmetter al g.i.p. i contenuti delle intercettazioni rilevanti per la difesa. Il difensore dell’indagato, invece, non ha alcun potere di richiesta, dovendo far uso di altri mezzi di prova al fine di dimostrare l’innocenza del proprio assistito.
Per approfondire, leggi lo Schema preliminare di riforma
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