Intercettazioni: la necessità di costituzionalizzare il principio dell’art. 103, comma 5, c.p.p.

MICHELE Gorga 05/06/24
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Approfondimento sulla necessità di costituzionalizzare il principio enunciato dall’art. 103, comma 5, c.p.p. Per un valido supporto per professionisti in materia di intercettazioni consigliamo: La nuova disciplina delle intercettazioni dopo la riforma Nordio

Indice

1. L’attuale previsione normativa

Negli ultimi anni, il tema delle intercettazioni delle conversazioni tra difensori e assistiti ha sollevato preoccupazioni crescenti tra gli operatori del diritto e l’opinione pubblica. L’articolo 103, comma 5, del Codice di Procedura Penale infatti, nell’attuale sua formulazione prevede che: “Non è consentita l’intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei consulenti tecnici e loro ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite.”

2. L’importanza del diritto di difesa

Questo principio fondamentale, tuttavia, è messo in discussione ed è troppo spesso disatteso da pratiche giudiziarie, che compromettono il diritto di difesa e l’indipendenza dell’avvocato, da un ufficio del Pubblico Ministero sempre più aggressivo e sprezzante delle norme codicistiche e delle tutele individuali degli indagati e in tal senso basta solo considerare la carneficina che quotidianamente viene fatta delle intercettazioni.   La lettura unidirezionale del testo costituzionale tende sempre più a mettere il diritto di difesa da pilastro essenziale del nostro ordinamento giuridico e della democrazia stessa, a principio di impunità di presunti criminali o corrotti, a mezzo di una tecnica comunicativa che privilegia l’etica e la morale facendola prevalere sulle circostanze costitutive del reato.
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FORMATO CARTACEO

La nuova disciplina delle intercettazioni dopo la riforma Nordio

Il tema delle intercettazioni da tempo è uno dei più dibattuti e diversi sono stati gli interventi normativi che lo hanno interessato. Il presente volume offre una disamina completa della normativa attualmente in vigore che regolamenta la materia delle intercettazioni (telefoniche e non), alla luce dei recenti interventi legislativi, dalla Legge 9 ottobre 2023, n. 137, di conversionedel D.L. n. 105/2023 (decreto Giustizia) alla Legge 9 agosto 2024, n. 114 (riforma Nordio), nonché della rilevante pronuncia della Corte Costituzionale n. 170 del 2023.L’attenzione è rivolta agli aspetti pratici ed operativi della disciplina, con particolare riguardo alle varie forme di intercettazioni (telefoniche, telematiche, ambientali), alle nuove tecnicheutilizzate (come il trojan), e alla disciplina relativa alla acquisizione dei tabulati telefonici. Molto curata ed approfondita è la ricognizione dei principi operanti in materia elaborati dalla giurisprudenza di legittimità.Paolo Emilio De Simone,Magistrato presso il Tribunale di Roma.Rosalba Cornacchia,Magistrato presso il Tribunale di Ferrara.Raffaella Montesano,Avvocato del Foro di Roma.

Paolo Emilio De Simone, Rosalba Cornacchia, Raffaella Montesano | Maggioli Editore 2024

3. Le intercettazioni e il ruolo dell’inquirente

In questo contesto, recenti esperienze di cronaca hanno posto in evidenza come uno dei fondamenti del diritto di difesa, ossia la tutela delle comunicazioni tra avvocato e assistito, sia irrimediabilmente violato da quella recente tendenza volta a scandagliare i rapporti economici tra indagato e difensore sotto la lente della ricettazione o dell’incauto acquisto della percezione dell’onorario che si pone come un serio pericolo dello stesso esercizio del diritto di difesa. L’Avvocatura non prona ha sollevato forti obiezioni a questa prassi, evidenziando come tali pratiche che tendono a trasformare i difensori in “complici” del reato imputato ai loro assistiti, sia una pratica del sopravvento ideologico assunto da certa magistratura inquirente che oramai in fuoco di radicalismo morale è giunta a teorizzare che il pagamento dell’onorario deve essere inteso come concorso nel reato del proprio assistito. La conseguenza ovvia e che ciò finirebbe per compromettere la possibilità stessa per l’avvocato di esigere legittimamente il compenso per il proprio lavoro e così minando non solo il rapporto di fiducia nel rapporto tra difensore e assistito, ma ponendo anche in discussione l’autonomia e l’indipendenza dell’avvocato stesso.

4. L’indipendenza dell’avvocato

Ci potrebbe anche stare se, di contro ad ogni richiesta dei Pubblici Ministeri non accolta dal Giudice delle indagini preliminari o che porta all’assoluzione degli imputati, gli stessi P.M. dovrebbero, poi, rispondere di peculato per essersi appropriati del denaro pubblico per non aver raggiunto la finalità della colpevolezza, dato che per quella di dover anche ricercare le prove in favore dell’imputato appartiene a statistica “non pervenuta”.  L’indipendenza dell’avvocato è, invece, fondamentale, più di quella dei PM, in quanto la mission dell’avvocato è quella di garantire una difesa efficace della parte più debole del processo.  Il difensore deve poter operare senza il timore che le sue comunicazioni con l’assistito siano intercettate e utilizzate contro quest’ultimo. La giurisprudenza ha più volte sottolineato come l’eventuale consapevolezza della qualità criminale del proprio debitore non possa costituire di per sé un elemento sufficiente per configurare il reato di ricettazione o incauto acquisto, soprattutto in un normale rapporto obbligatorio. Tuttavia, recenti vicende giudiziarie mostrano una tendenza preoccupante che pare voglia ignorare questi principi.  L’azione della magistratura che insiste nel considerare le intercettazioni dei colloqui tra difensori e assistiti come strumenti investigativi validi rappresenta un pericoloso slittamento rispetto ai principi costituzionali. Assimilare la difesa dell’indagato alla difesa del reato indebolisce il ruolo dell’avvocato e costituisce un attacco alla libertà e all’inviolabilità della sua funzione difensiva.

5. La necessità di una riforma costituzionale

Questo approccio estremizza il ruolo dell’inquirente, trasformandolo in un persecutore più che in un garante della giustizia. Da qui, dalla prassi consolidata e non dalle astruse manie persecutorie, nasce l’esigenza e la necessità di costituzionalizzare il principio contenuto nell’art. 103, comma 5, del Codice di Procedura Penale. Garantire a livello costituzionale che le conversazioni tra difensore e assistito non possano essere intercettate è essenziale per salvaguardare il diritto di difesa. Il Parlamento deve intervenire con urgenza per approvare una riforma che obblighi espressamente gli inquirenti a interrompere immediatamente l’ascolto delle conversazioni nel caso di colloquio al quale prenda parte l’avvocato in quanto la tutela del diritto di difesa è una questione non negoziabile in uno Stato di diritto. L’indipendenza dell’avvocato e l’inviolabilità delle comunicazioni tra difensore e assistito sono principi che devono essere garantiti e protetti da ogni forma di interferenza. La costituzionalizzazione dell’art. 103, comma 5, del Codice di Procedura Penale rappresenta un passo indispensabile per preservare la giustizia liberale e democratica del nostro ordinamento, evitando che prassi giudiziarie pericolose compromettano i diritti fondamentali dei cittadini.

MICHELE Gorga

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