Intermediazione finanziaria: quando è rispettato il requisito della forma scritta?
Con la sentenza n. 898 del 16 gennaio scorso, le Sezioni Unite sono intervenute in materia di intermediazione finanziaria. In particolare, la questione attiene al requisito della forma scritta, previsto dalla legge a pena di nullità, dei contratti quadro stipulati dall’intermediario. Sul punto, i giudici di legittimità hanno affermato che “iI requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 58 del 1998, è rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario.”
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Il caso di specie
Nel caso di specie, premettendo che la forma scritta è richiesta a pena di nullità dalla legge, per qualsiasi contratto quadro concluso dalla banca tramite intermediario, con l’investitore finale, la banca ricorrente lamentava che era presente solo un modulo in cui figurava la firma del cliente e sul quale non era apposta alcuna manifestazione di volontà dell’istituto bancario contraente ovvero del funzionario delegato alla stipulazione. Peraltro, il documento conteneva la dicitura per cui lo stesso veniva rilasciato unicamente a riconoscimento dei clienti firmatari, senza l’assunzione di un vero e proprio impegno contrattuale. Pertanto, la ricorrente riteneva che il contratto non poteva dirsi concluso validamente.
La decisione delle Sezioni Unite
La Suprema Corte, nell’affrontare la questione, chiarisce che la nullità per mancanza della forma scritta si ha unicamente quando tale vizio di forma colpisca il contratto quadro, salve le diverse ipotesi previste mediante il regolamento negoziale. Infatti, è il contratto quadro che sta alla base delle singole operazioni e che, in un certo senso, le legittima. La decisione della Corte fa applicazione dell’indirizzo maggioritario espresso nel tempo dalle sezioni semplici; innanzitutto, il giudice di legittimità ha precisato che il contratto va provato documentalmente e non mediante prova testimoniale. Inoltre, ai fini della conclusione del contratto, è sufficiente l’apposizione della firma sul documento da parte del cliente, mentre la volontà dell’intermediario può essere desunta anche da comportamenti concludenti.
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