Massima:
È riservata al giudice di merito l’interpretazione dell’accordo aziendale, in ragione della sua efficacia limitata (diversa da quella propria degli accordi e contratti collettivi nazionali, oggetto di esegesi diretta da parte della Corte di Cassazione), ed essa non è censurabile in cassazione se non per vizio di motivazione o per violazione di canoni ermeneutici.
1. Questione
La Corte di Appello rigettava il gravame proposto dalla società avverso la sentenza di prime cure che aveva accolto il ricorso proposto dal lavoratore per il risarcimento del danno connesso all’inadempimento della società per avere la stessa agito in violazione dell’accordo stipulato in data 11.4.2000 tra il consorzio e le organizzazioni sindacali FIM- FIOM- UILM-FISMIC, non garantendo al lavoratore un sostitutivo del pasto ogni qualvolta il servizio mensa non fosse operativo. Rilevava la Corte del merito che la tesi della società – ossia il mantenimento, in favore dei lavoratori passati alle dipendenze del Consorzio, delle condizioni già in atto presso le varie società del gruppo FIAT – avrebbe creato conseguenze paradossali, non potendo essere l’accordo applicabile ai sorveglianti assunti direttamente dal Consorzio, senza mai essere transitati presso altre società del gruppo, e potendo verificarsi, per i sorveglianti ai quali era già garantito, per effetto di contrattazione di secondo livello, il diritto in questione, una modifica in pejus delle condizioni contrattuali in atto fino all’11.4.2000, con I’effetto della perdita dei diritti già entrati nel loro patrimonio, al solo fine di omogeneizzare la loro condizione con quella degli altri colleghi, finalità che, al contrario, avrebbe determinato una situazione fonte di evidenti disparità di trattamento tra gli stessi. Rilevava la Corte che il testo dell’accordo era da interpretare nel senso che, da una parte, il Consorzio si era obbligato a favorire l’accesso dei propri dipendenti ai servizi di ristorazione esistenti presso le società committenti e, dall’altra, si era obbligato a fornire ai propri dipendenti, in tutti i casi di impossibilità di accesso al servizio mensa, un sostitutivo del pasto, indipendentemente dall’orario di lavoro osservato e senza eccezione di sorta. Infatti, nel testo dell’accordo, l’impossibilità di accedere al servizio di ristorazione era del tutto svincolata dall’esistenza o meno di una mensa aziendale nello stabilimento presso il quale il sorvegliante prestava l’attività lavorativa ed, al contrario, risultava pertabulas che l’impossibilità per il dipendente di fruire di un servizio di ristorazione aziendale, per inesistenza della struttura o a causa del mancato funzionamento della stessa in determinati giorni od orari, era la condizione necessaria e sufficiente perché sorgesse, in capo al dipendente, il diritto al sostitutivo del pasto.
La società ha presentato ricorso, che è stato dichiarato inammissibile, sulla base del principio, secondo cui l’interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è devoluta al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione e violazione dei canoni ermeneutici di cui agli art. 1362 ss. c.c..
2. I motivi del ricorso per cassazione
E’ giurisprudenza consolidata di legittimità che il ricorso per Cassazione con il quale si facciano valere vizi della motivazione della sentenza deve contenere la precisa indicazione di carenze o di lacune nelle argomentazioni sulle quali si basano la decisione o il capo di essa censurato ovvero la specificazione d’illogicità, consistenti nell’attribuire agli elementi di giudizio considerati un significato fuori dal senso comune, od ancora la mancanza di coerenza fra le varie ragioni esposte, quindi l’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti e l’insanabile contrasto degli stessi. Ne consegue che risulta inidoneo allo scopo il far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito all’opinione che di essi abbia la parte ed, in particolare, il prospettare un soggettivo preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e degli apprezzamenti dei fatto, attengono al libero convincimento dei giudici e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 c.p.c. Diversamente il motivo del ricorso per Cassazione si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni effettuate ed, in base ad esse, delle conclusioni raggiunte dal giudice di merito cui non può imputarsi d’avere omesso l’esplicita confutazione delle tesi non accolte e/o la particolareggiata disamina, degli elementi di giudizio ritenuti non significativi giacchè nè l’una nè l’altra gli sono richieste mentre soddisfa all’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento risulti da un esame logico e coerente di quelle tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie che siano state ritenute di per sè sole idonee e sufficienti a giustificarlo (cfr. tra le altre: Cass. 30 marzo 2000 n. 3904; Cass. 6 ottobre 1999 n. 11121 cui adde, più di recente, Cass. 27 aprile 2004 n. 8718).
E’ stato più volte affermato in giurisprudenza che, in materia di contrattazione collettiva, la comune volontà delle parti contrattuali non sempre è agevolmente ricostruibile attraverso il mero riferimento al senso letterale delle parole, atteso che la natura di detta contrattazione, sovente articolata su diversi livelli (nazionale, provinciale, aziendale ecc.), la vastità e la complessità della materia trattata in ragione della interdipendenza dei molteplici profili della posizione lavorativa(che sovente consigliano alle parti sociali il ricorso a strumenti sconosciuti alle negoziazione tra le parti private, come preamboli, note a verbale, ecc), il particolare linguaggio usato nel settore delle relazioni industriali non necessariamente coincidente con quello comune e, da ultimo, il carattere vincolante che non di rado assumono nell’azienda l’uso e la prassi, costituiscono elementi tutti che rendono indispensabile nella materia della contrattazione collettiva una utilizzazione dei generali criteri ermeneutici, che di detta specificità tenga conto, con conseguente assegnazione di un preminente rilievo al canone interpretativo dell’art. 1363 c.c. (così Cass. 6 maggio 1998 n. 4592, cui adde, ex plurimis: Cass. 9 maggio 2002 n. 6656; Cass. 9 agosto 2000 n. 10500).
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