Interpretazione giuridica: dal metodo alla retorica

L’interpretazione giuridica è sempre stata oggetto di accese discussioni tra i giuristi. Non solo su cosa sia, ma soprattutto sul modo in cui si svolge. Definire l’interpretazione significa dimostrare che ogni argomento può essere difeso da diversi punti di vista (dissoi logoi). E ogni definizione è, allo stesso tempo, un tentativo di delimitare l’oggetto di studio e di scartare ciò che non ne fa parte, implicando così un riduzionismo. Il che, da un lato, aiuta a gestire la complessità dell’interpretazione giuridica, ma, dall’altro, impoverisce la discussione tralasciando altri aspetti.
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Indice

1. Tra la volontà del legislatore e la volontà della legge


Sapendo questo, il XIX secolo, soprattutto nell’Europa continentale, quando si parlò di interpretazione giuridica, si trovò coinvolto in una grande disputa su cosa sarebbe stato. Da una parte c’erano i giuristi che sostenevano che lo scopo dell’interpretazione fosse quello di scoprire la volontà del legislatore e, dall’altra, quelli che sostenevano che essa cercasse di dire la volontà della legge. I primi, quindi, intendevano l’interpretazione come un atto di scoperta. Come uno scavo che cerca di rivelare il significato corretto nascosto nel testo. In altre parole, nel portare in superficie la volontà del legislatore. Quest’ultimo, a sua volta, l’ha intesa come un’operazione di costruzione del significato, attraverso la quale l’interprete aggiorna il senso del testo. La comprensione di cosa sia l’interpretazione ha portato, quindi, a un’impasse (aporia). È un atto di scoperta o un’operazione di costruzione del significato?


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2. Dalla metodologia dell’interpretazione all’ermeneutica retorica


Nel corso di questo dibattito, a poco a poco, l’attenzione si è spostata. Se nel XIX secolo l’angolo di osservazione cadeva principalmente, ma non esclusivamente, sull’ontologia dell’interpretazione, fu ancora nello stesso secolo, ma soprattutto in quello successivo, che l’attenzione si rivolse alla sua gnoseologia. O meglio, i giuristi si resero conto che non era possibile separare l’ontologia dalla gnosiologia, come se fossero reparti a tenuta stagna. In altre parole, lo studio dell’essenza (cosa) richiedeva lo studio della procedura (come). E così si moltiplicarono gli studi sui metodi di interpretazione. Da quello letterale o grammaticale, a quello storico e sistematico, a quello assiologico e teleologico. Giuristi come Savigny, ad esempio, puntarono molto sullo studio dei metodi.
Ma, ben presto, i metodi cominciarono a cadere in discredito. Da grandi strumenti per razionalizzare il processo interpretativo, divennero ottimi sotterfugi per mascherare l’irrazionalità dell’atto interpretativo (il primato dell’ipotesi sul fatto, come insegna Jacinto Nelson Coutinho). Si è parlato allora di una logica del ragionevole (Luis Recàsens Siches) come metodo più appropriato per l’interpretazione. Tuttavia, è nella dottrina di Hans-Georg Gadamer che altri giuristi (Josef Esser) hanno cercato di trovare un modo per controllare il processo interpretativo. Alcuni hanno addirittura sviluppato una teoria strutturante del diritto (Friedrich Müller), distinguendo il testo dalla norma, utilizzando, per questo, i concetti di precomprensione e di circolo ermeneutico studiati da Gadamer. Il tutto allo scopo di controllare il processo interpretativo senza ricorrere alla vecchia ermeneutica metodologica.
Tuttavia, con l’arrivo del XXI secolo, con una società sempre più eterogenea e complessa, data la sua forma a rete (Manuel Castels), l’ermeneutica filosofica di Gadamer, basata su un orizzonte storico comune, non sembra più avere senso. Ne consegue un movimento di rivalutazione della retorica, che prende le mosse dagli studi di Sesto Empirico (Scetticismo empirico). In questo modo, la retorica diventa una strategia di immunizzazione contro l’inganno e, di conseguenza, una disciplina dell’interpretazione attraverso il controllo pubblico del linguaggio per mezzo di procedure istituzionalizzate. Una di queste, ad esempio, è il consolidamento di una dottrina dei precedenti, costruita democraticamente, con la partecipazione di tutti (Peter Häberle) e il dovere di coerenza della corte ai propri precedenti (Michel Troper). Benvenuti nell’ermeneutica retorica.

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