Premessa: gli “atti garantiti”
Il dominus delle indagini preliminari incardinato nella figura del Pubblico Ministero, ricopre un ruolo di estrema importanza, estrinsecandosi nell’attività di ricerca ed acquisizione di elementi probatori prodromici all’esercizio dell’azione penale. La persona indagata può venire a conoscenza di un addebito provvisorio mossogli, non solo agli albori o nel mentre della fase investigativa, ma anche verso il tramonto, attraverso il ricevimento dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis cod. proc. pen.
Ciò avviene laddove in precedenza il titolare delle indagini non abbia ritenuto opportuno eseguire i cosiddetti “atti garantiti” (preceduti dalla consegna della c.d. “informazione di garanzia”, ex art. 369 c.p.p.), ossia quelli rispetto ai quali il difensore dell’indagato aveva diritto di assistere, posti a presidio dell’esplicazione del diritto di difesa e di verifica sostanziale circa il corretto svolgimento dell’atto in questione. Stante l’obbligatorietà di procedere preliminarmente all’avviso circa il compimento dell’atto de quo, di converso occorre differenziare ipotesi “accusatorie” rispetto alle quali il difensore dell’indagato abbia facoltà (e dunque il semplice diritto) ovvero un obbligo di assistenza.
La difesa vanta il semplice diritto di assistenza allorché il Pubblico Ministero intenda procedere al compimento degli accertamenti tecnici irripetibili ex art. 360 c.p.p., aventi ad oggetto persone, cose o luoghi il cui status risulta soggetto a modificazione. Secondo il tenore normativo, la nomina di un consulente tecnico da parte del magistrato richiede preventivamente l’avviso alla persona indagata, alla persona offesa ed ai rispettivi difensori, circa il giorno, l’ora nonché il luogo per il conferimento dell’incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici; questi ultimi, assieme ai difensori, possono assistere al conferimento dell’incarico, partecipare agli accertamenti e formulare osservazioni e/o riserve. La facoltà di assistenza difensiva sussiste anche nei casi di ispezione, perquisizioni e sequestri, sebbene tali atti vengono definiti “a sorpresa”, in quanto esulano dall’obbligo di preavviso. Ciò non toglie che, in limine all’esecuzione, le autorità competenti siano obbligate ad avvisare l’interessato circa la facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile ed idonea. Di contro, non sussiste facoltà, ma obbligo di assistenza difensiva, nelle ipotesi di interrogatorio.
L’interrogatorio investigativo
L’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini costituisce in sede investigativa l’atto garantito per eccellenza, la cui ratio ispiratrice si fonda su una duplice garanzia. Innanzitutto, assicura la portata del contraddittorio “debole”, attribuendo all’indagato uno strumento che gli consenta sia di possedere maggiore cognizione in ordine all’accusa prospettatagli quanto la potenziale possibilità di confutare il materiale probatorio raccolto sino a quel momento dagli organi inquirenti.
In secondo luogo, l’atto di cui sopra rappresenta per il magistrato inquirente l’occasione ineludibile al fine di ottenere in modo rafforzativo delucidazioni e/o chiarimenti circa la corretta dinamica del commesso fatto criminoso. D’altro canto, le dichiarazioni eventualmente rese dall’interrogato, laddove siano contrassegnate da forte incidenza probatoria, potranno formare la base funzionale ad una richiesta di una qualsivoglia misura cautelare, seppur nel tassativo rispetto dei presupposti normativi. Anteriormente allo svolgimento del suddetto contraddittorio, è prettamente indispensabile che l’interessato sia in possesso di un documento comprovante l’avviso circa la data ed il luogo dell’interrogatorio da eseguirsi.
In altre parole, l’interrogatorio appartiene al novero dei cosiddetti atti garantiti, ed in quanto tale necessita preliminarmente di apposito avviso da notificare al prevenuto, nella forma dell’invito a comparire per rendere l’interrogatorio. Giova precisare che se tale invito costituisce per l’indagato il primo atto ricevuto nell’ambito del procedimento penale, esso risulta contenuto nella cosiddetta “informazione di garanzia”, ossia un documento attraverso il quale l’organo accusatorio informa la persona indagata (nonché la persona offesa) circa l’addebito provvisorio mosso nei suoi confronti, invitandolo a nominare un difensore di fiducia. L’informazione di garanzia, definita impropriamente come “avviso di garanzia”, è dovuta esclusivamente allorché il Pubblico Ministero intenda compiere un atto al quale il difensore ha il diritto (ovvero obbligo, come nel caso di interrogatorio) di assistere. Prendiamo il caso di Tizio, persona sottoposta alle indagini; egli viene a conoscenza per la prima volta circa la sua qualità di indagato nel momento in cui riceve un invito a comparire per sottoporsi ad interrogatorio; in tal caso, l’atto suddetto risulta notificato congiuntamente all’informazione di garanzia.
Di contro, Tizio scopre di essere indagato laddove risulti soggetto ad una perquisizione locale; in tale contesto, l’informazione di garanzia viene consegnata materialmente al prevenuto nonché contestualmente al verbale di perquisizione; in seguito, allorché il magistrato inquirente intenda procedere alla convocazione di Tizio in funzione dell’interrogatorio, provvederà a notificargli solo ed esclusivamente un invito a comparire. Premettendo che, nella prassi giudiziaria, la conduzione dell’interrogatorio risulti affidata prevalentemente ad un ufficiale di polizia giudiziaria (ad eccezione di reati particolarmente gravi e/o nelle ipotesi di soggetto in stato di arresto o fermo) mediante apposita delega conferita dal Pubblico Ministero, è essenziale che l’atto di cui sopra venga eseguito nel rispetto di regole imprescindibili contemplate dal codice.
In primis la presenza del difensore è obbligatoria. In secondo luogo, alla stregua del combinato disposto di cui agli artt. 64 e 65 c.p.p., l’accusato deve intervenire libero all’interrogatorio, deve essere edotto in forma chiara e precisa circa il fatto criminoso attribuitogli nonché gli elementi probatori posti a suo carico, può avvalersi della facoltà di non rispondere (in tal caso ne verrà fatta menzione nel verbale ed il procedimento continuerà a seguire il suo corso), deve essere avvertito sia che le sue dichiarazioni potranno essere sempre utilizzate nei suoi confronti, sia che assumerà l’ufficio di testimone secondo le garanzie di cui all’art. 197-bis laddove renderà dichiarazioni su fatti afferenti la responsabilità altrui.
Inoltre, durante l’interrogatorio è vietato utilizzare in toto metodi o tecniche idonei ad influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti. Si precisa che l’interrogatorio condotto dal Pubblico Ministero ovvero delegato alla polizia giudiziaria, risulta differente rispetto alle cosiddette “sommarie informazioni” assunte dall’indagato. Invero, alla luce del tenore normativo ex art. 350 c.p.p., la Polizia Giudiziaria provvederà a chiedere all’indagato soltanto sommarie informazioni prodromiche all’auspicata acquisizione di validi elementi utili per le indagini, senza procedere inoltre (differentemente dall’interrogatorio) alla contestazione di un determinato reato.
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L’interrogatorio di garanzia
Se la ratio sottesa all’interrogatorio investigativo è legata in modo incontrovertibile all’acquisizione di ulteriori elementi probatori, il cosiddetto interrogatorio di garanzia, disciplinato ai sensi dell’art. 294 c.p.p., assurge a finalità garantistiche circa la correttezza formale dell’applicazione di una qualsivoglia misura cautelare posta a carico dell’indagato/imputato, svolgendosi innanzi al Giudice che ha emesso l’ordinanza di misura cautelare, fermo restando che in ordine alle modalità di esecuzione, si rinvia alle regole predisposte per l’interrogatorio investigativo, secondo quanto disposto ai sensi degli articoli 64 e 65 cod, proc. pen.
Il Giudice de quo, in sede di interrogatorio, verifica se permangono o meno le condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, nulla escludendo che lo stesso, a seguito del “colloquio” avvenuto con l’interessato ed in possesso di nuovi elementi, possa decidere di modificare o revocare la misura cautelare precedentemente disposta. L’interrogatorio di garanzia deve essere eseguito con la presenza obbligatoria del difensore dell’interessato, il quale deve ricevere pronta comunicazione in ordine alla data fissata per l’espletamento di tale atto; tale preavviso risulta prodromico alla possibilità attribuita al difensore di poter visionare preliminarmente, presso la cancelleria del Giudice, il fascicolo contenente l’ordinanza restrittiva.
In ogni caso, in ossequio al disposto normativo, il suddetto atto di garanzia, pena l’inefficacia della misura pre-ordinata, deve eseguirsi entro termini ben precisi, a seconda della tipologia della misura cautelare disposta dal Giudice. Su tale scia, allorché l’organo giurisdizionale abbia pronunciato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere ovvero agli arresti domiciliari, l’interrogatorio deve svolgersi non oltre il termine pari a cinque giorni decorrente dall’esecuzione della custodia, con la dovuta precisazione che in tale caso vige la possibilità che il Pubblico Ministero, al momento della trasmissione della istanza di custodia cautelare, possa chiedere al Giudice un’anticipazione del termine finale, comunque non superiore alle 48 ore.
Di contro, in caso di sottoposizione ad una differente misura cautelare (coercitiva od interdittiva), l’atto deve eseguirsi non oltre dieci giorni dall’esecuzione del provvedimento o dalla sua notificazione, precisando che in entrambi i casi, nelle ipotesi di assoluto impedimento, il termine per l’interrogatorio decorre ex novo dalla data in cui il giudice riceve comunicazione circa la cessazione dell’impedimento di cui sopra. E’ doveroso osservare, inoltre, che la littera legis prevede espressamente che lo svolgimento dell’atto de quo può avvenire fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento. Sulla scorta di tale disposizione, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ponendo fine ad una diatriba giurisprudenziale, hanno affrontato il quesito concernente la possibilità di esperire o meno l’interrogatorio di garanzia laddove una misura cautelare custodiale fosse disposta dopo la sentenza i condanna.
Gli Ermellini, valorizzando il tenore letterale della norma, si sono orientati nel senso della non necessità di procedere all’interrogatorio di garanzia nei confronti dell’imputato nel caso in cui la custodia cautelare venga disposta per la prima volta dopo la sentenza di condanna, in quanto se da un lato “la dichiarazione di apertura del dibattimento” costituisce il limite temporale invalicabile entro cui poter effettuare l’atto di garanzia, di converso le esigenze difensive cui è preordinato l’istituto di cui alla norma, possono essere pienamente soddisfatte con la celebrazione del dibattimento, attraverso l’esame ovvero le dichiarazioni spontanee di cui all’art. 494 c.p.p. Appare doveroso rammentare che, alla luce della disposizione di cui al comma 6, art. 294 cp.p., laddove il giudice emetta un’ordinanza di custodia cautelare, al Pubblico Ministero è preclusa la possibilità di interrogare l’interessato prima che tale attività venga svolta dall’organo giurisdizionale, la cui ratio si giustifica con la necessità di evitare che il soggetto “ristretto” possa subire condizionamenti sul versante psicologico, svuotando di significato le operazioni di controllo che il giudice è tenuto ad eseguire.
Su tale scia, la littera legis stabilisce esplicitamente che l’interrogatorio investigativo non può precedere l’interrogatorio di garanzia, fermo restando che lo sbarramento posto a carico del magistrato inquirente concerne esclusivamente l’adozione delle misure aventi ad oggetto la custodia carceraria nonché gli arresti domiciliari. Pertanto, nel caso di disposizione di altra misura cautelare, l’organo inquirente risulta legittimato ad eseguire l’interrogatorio “investigativo” anteriormente a quello di garanzia condotto dall’organo giurisdizionale.
In ultima analisi, duole precisare che l’istituto in oggetto trova applicazione anche nelle ipotesi di arresto in flagranza di reato nonché di fermo di indiziato di delitto. Nelle circostanze testé richiamate, allorché in sede di convalida il giudice ritenga di dover disporre nei riguardi dell’arrestato/fermato una qualsivoglia misura restrittiva, deve procedere all’interrogatorio nell’immediatezza, non prevedendo la normativa alcun riferimento alla possibilità di poter espletare l’atto entro e non oltre termini ben precisi. In ogni caso, risultano pur sempre salvaguardate tutte le garanzie difensive attribuite all’interessato.
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