Intervento ad opponendum: quando può essere ritenuto ammissibile?

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1. L’intervento ad opponendum – per essere ritenuto ammissibile – non può prescindere dalla rappresentazione da parte del terzo della titolarità di tale situazione soggettiva, atta ad attestare la ricaduta di effetti negativi a danno dello stesso in caso di positivo riscontro dell’azione di annullamento proposta, adeguatamente supportata, tra l’altro, da elementi concreti ed oggettivi atti ad comprovare la sussistenza di un interesse che, seppure di mero “fatto”, deve palesarsi come specifico e differenziato rispetto alla collettività, così come imposto dall’art. 50 C.P.A. .

 

2. L’adeguatezza dell’assetto del territorio, impresso dalle Amministrazioni pubbliche mediante gli strumenti di pianificazione urbanistica, deve garantire e non ostacolare la piena operatività del principio costituzionale di  libertà dell’iniziativa economica, che incontra quale unico limite il “contrasto con l’utilità sociale” e del “danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (art. 41 Cost.).

 

3. A livello normativo è stata ravvisata la necessità di introdurre speciali previsioni volte a consentire l’insediamento di impianti produttivi anche nelle ipotesi in cui lo strumento urbanistico comunale non preveda apposite aree o, comunque, le aree all’uopo previste si rivelino insufficienti “in relazione al progetto presentato”, in una visione di giusto contemperamento di opposte esigenze, entrambi meritevoli di tutela, quali lo sviluppo delle attività produttive e, dunque, l’aumento dell’occupazione e l’ordinata trasformazione del territorio.

 

4. L’art. 8 del D.P.R. n. 160 del 2010 impone l’obbligo per il responsabile del SUAP di convocare, in relazione a tutti i casi in cui lo strumento urbanistico di un Comune non individui aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o individui aree insufficienti, la “conferenza di servizi di cui agli articoli da 14 a 14 – quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e alle altre normative di settore, in seduta pubblica” per valutare la “variazione dello strumento urbanistico” all’uopo necessaria, di modo che l’impianto produttivo possa effettivamente essere insediato all’interno del territorio comunale, nel rispetto del principio di iniziativa economica ma anche dell’interesse pubblico a favorire e incrementare l’occupazione.

 

5. In tali casi l’interessato non risulta soltanto titolare di un interesse pretensivo al buon esito della conferenza di servizi, utile per l’individuazione di aree consone all’insediamento dell’impianto produttivo, ma è nella piena condizione di vantare l’interesse al mantenimento di una situazione giuridica ormai acquisita mediante il rilascio di un’autorizzazione provvisoria che sia tale da configurare una situazione giuridica di affidamento tale da “richiedere o, meglio, imporre all’Amministrazione una valutazione di tutti gli elementi afferenti alla posizione” della richiedente nel rispetto di esigenze di prosecuzione di un’attività già avviata in virtù di provvedimenti ampliativi rilasciati in precedenza dall’Amministrazione stessa.

 

6. È da ritenersi illegittimo – in quanto adottato in spregio ai generali principi di semplificazione e leale collaborazione –  il rigetto, o l’archiviazione, della pratica – condizione pervero comune a molti uffici tecnici locali – motivato con l’omessa integrazione di mere copie di atti, peraltro neppure puntualmente individuati (dovendo altresì precisarsi che, pure in caso di elencazione, l’omessa esibizione di copie multiple non può mai fociare in un esito reiettivo).

 

Sentenza collegata

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Avv. Biamonte Alessandro

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