Quando il giudice dell’esecuzione può intervenire sul giudicato di condanna con pena accessoria che non avrebbe dovuto essere applicata.
Per approfondimenti sulla pene accessorie, si rimanda al volume “Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia”, che ne tratta nel particolare.
Indice
1. La questione: applicazione della pena accessoria
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cagliari, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto un’opposizione avverso un provvedimento con cui era stata rigettata una richiesta volta alla revoca della pena accessoria della estinzione del rapporto di impiego, applicata con sentenza di patteggiamento.
Ciò posto, avverso questo provvedimento proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’istante che deduceva vizio di violazione di legge e difetto di motivazione.
In particolare, secondo il ricorrente, la pena accessoria dell’estinzione del rapporto di pubblico impiego era stata applicata nonostante la pena base del reato più grave, al netto degli aumenti di continuazione e computate le riduzioni per attenuanti e scelta del rito, fosse inferiore al limite di legge dei due anni di reclusione dato che, movendo dalla pena base di anni sei, computate le diminuzioni per attenuanti e scelta del rito, si giungeva ad una misura inferiore, pari ad anni uno, mesi nove e giorni dieci.
Per approfondimenti sulla pene accessorie, si rimanda al volume “Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia”, che ne tratta nel particolare.
Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia
Aggiornato al D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (Riforma Cartabia) e alla L. 30 dicembre 2022, n. 199, di conv. con mod. del D.L. 31 ottobre 2022, n. 162 (Decreto Nordio), il presente volume è un’analisi operativa degli istituti del nostro sistema sanzionatorio penale, condotta seguendo l’iter delle diverse fasi processuali. Anche attraverso numerosi schemi e tabelle e puntuali rassegne giurisprudenziali poste in coda a ciascun capitolo, gli istituti e i relativi modi di operare trovano nel volume un’organica sistemazione al fine di assicurare al professionista un sussidio di immediata utilità per approntare la migliore strategia processuale possibile nel caso di specie. Numerosi sono stati gli interventi normativi degli ultimi anni orientati nel senso della differenziazione della pena detentiva: le successive modifiche del codice penale, del codice di procedura penale e dell’ordinamento penitenziario, la depenalizzazione di alcuni reati; l’introduzione dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto; la previsione della sospensione del processo con messa alla prova operata; le stratificate modifiche dell’ordinamento penitenziario. Con attenzione alla novità, normativa e giurisprudenziale, e semplicità espositiva, i principali argomenti trattati sono: la prescrizione; l’improcedibilità; la messa alla prova; la sospensione del procedimento per speciale tenuità del fatto; l’estinzione del reato per condotte riparatorie; il patteggiamento e il giudizio abbreviato; la commisurazione della pena (discrezionalità, circostanze del reato, circostanze attenuanti generiche, recidiva, reato continuato); le pene detentive brevi (sanzioni sostitutive e doppi benefici di legge); le misure alternative, i reati ostativi e le preclusioni; le misure di sicurezza e le misure di prevenzione. Cristina MarzagalliMagistrato attualmente in servizio presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea come Esperto Nazionale Distaccato. Ha maturato una competenza specifica nell’ambito del diritto penale e dell’esecuzione penale rivestendo i ruoli di GIP, giudice del dibattimento, magistrato di sorveglianza, componente della Corte d’Assise e del Tribunale del Riesame reale. E’ stata formatore della Scuola Superiore della Magistratura per il distretto di Milano.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il ricorso summenzionato era ritenuto infondato.
Difatti, una volta preso atto che il giudice dell’esecuzione può intervenire sul giudicato di condanna con pena accessoria che non avrebbe dovuto essere applicata in ragione dei limiti di pena detentiva irrogata, a condizione che l’errore del giudice della cognizione sia qualificabile come percettivo e non come valutativo posto che non può il giudizio di esecuzione atteggiarsi ad anomalo grado di controllo della decisione assunta in cognizione e ormai intangibile ed impermeabili a correzioni che avrebbero dovuto essere sollecitate con gli ordinari strumenti di impugnazione, essendosi in tal senso pronunciate le Sezioni unite statuendo che “l’applicazione di una pena accessoria extra o contra legem da parte del giudice della cognizione può essere rilevata, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, dal giudice dell’esecuzione purché essa sia determinata per legge ovvero determinabile, senza alcuna discrezionalità, nella specie e nella durata, e non derivi da errore valutativo del giudice della cognizione” (Sez. U, n. 6240 del 27/11/2014), gli Ermellini ritenevano come non fosse ravvisabile nella fattispecie in esame, stante la giurisprudenza formatasi in subiecta materia, un errore esclusivamente percettivo nella statuizione del giudice della cognizione, come se quel giudice non si fosse avveduto nel fare applicazione della pena accessoria, che la pena detentiva in concreto irrogata era inferiore al limite di legge, dal momento che costui aveva fatto semplicemente riferimento ad un’altra impostazione interpretativa, in tal modo operando una valutazione che, per la Corte di legittimità, ove pure in ipotesi fosse errata, non avrebbe potuto e non poteva essere sindacata in sede esecutiva.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando il giudice dell’esecuzione può intervenire sul giudicato di condanna con pena accessoria che non avrebbe dovuto essere applicata.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di quanto affermato dalle Sezioni unite nella sentenza n. 6240 del 27/11/2014, che il giudice dell’esecuzione può intervenire sul giudicato di condanna con pena accessoria che non avrebbe dovuto essere applicata in ragione dei limiti di pena detentiva irrogata, a condizione che l’errore del giudice della cognizione sia qualificabile come percettivo e non come valutativo.
Pertanto, solo in presenza di un errore percettivo, il giudice dell’esecuzione può sindacare in merito ad una pena accessoria comminata nella sentenza di condanna mentre ciò non può avvenire, come avvenuto nel caso di specie, laddove si voglia censurare una data interpretazione fornita dal giudice di merito.
E’ dunque consigliabile ove si voglia contestare, in sede di esecuzione penale, l’applicazione di una pena accessoria disposta nel giudizio di merito tenere a mente quanto statuito in tale provvedimento.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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