Principio di diritto
La Suprema Corte, con sentenza n. 28684/2018 ha statuito che gli atti di costituzione in giudizio e le controdeduzioni, i ricorsi in appello, i ricorsi per Cassazione proposti dall’AdER per mezzo di un avvocato del libero foro sono invalidi; da ciò ne discende l’inammissibilità delle domande giudiziali avanzate e l’inutilizzabilità delle deduzioni e della documentazione depositata nei fascicoli processuali.
Caso di specie
G. e P. riassumevano il giudizio introdotto dal loro de cuius che, a suo tempo, aveva impugnato il preavviso di fermo di veicolo fondato su 59 cartelle, recanti crediti per sanzioni tributarie e sanzioni relative al C.d.S, insistendo sull’originaria eccezione di nullità della notifica delle cartelle al portiere e impugnando le sanzioni, in quanto intrasmissibili agli eredi dei trasgressori di leggi tributarie ex artt. 3 e 15 della L. n. del 1929.
La CTP di Roma dichiarava il difetto di giurisdizione in ordine alle cartelle relative alle violazioni del C.d.S. e rigettava la residua impugnazione relativa all’insussistenza dell’obbligo tributario in capo agli eredi, ritenendo applicabile l’art. 11, c.7, l. n. 689/81.La sentenza veniva appellata dai contribuenti dinanzi alla CTR Lazio che rigettava il gravame affermando l’inammissibilità del ricorso di primo grado per la tardiva contestazione delle cartelle esattoriali, in quanto le cartelle erano state correttamente notificate al contribuente a mezzo di posta raccomandata con avviso di ricevimento.
Avverso la sentenza di secondo grado proponevano ricorso per Cassazione i coeredi.
L’Agenzia delle Entrate e Riscossione si costituiva in giudizio in veste di ente pubblico economico successore universale di Equitalia, ex art. 1, comma 3, D.L. n. 193/16 conv. in L. n. 225/2016.
La costituzione di AdER avveniva con la nomina del difensore di un libero foro, in base a un’allegata procura alle liti, autenticata e rilasciata dall’allora direttore generale di Equitalia Sud S.p.A.
Il Supremo Consesso, nella sentenza in esame, ha affermato la nullità della procura, per le ragioni che verranno di seguito esposte.
Motivazione della sentenza
Prima di dare contezza dell’iter logico seguito dalla Suprema Corte nella citata sentenza, occorre premettere che il primo comma dell’art.1 del D.L. n. 193/2016 prevede che “A decorrere dal 1° luglio 2017 le società del Gruppo Equitalia sono sciolte, a esclusione della società di cui alla lettera b) del comma 11, che svolge funzioni diverse dalla riscossione. Le stesse sono cancellate d’ufficio dal registro delle imprese ed estinte, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione…”.
Il successivo comma 2 enuncia, inoltre, “dalla data di cui al comma 1, l’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale, di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, è attribuito all’Agenzia delle entrate di cui all’articolo 62 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, ed è svolto dall’ente strumentale di cui al comma 3”.
Il citato comma 3, richiamato expressis verbis dal predetto comma 2, enuncia: “Al fine di garantire la continuità e la funzionalità delle attività di riscossione, è istituito, a far data dal 1º luglio 2017, un ente pubblico economico, denominato “Agenzia delle entrate-Riscossione”, ente strumentale dell’Agenzia delle entrate sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze. L’Agenzia delle entrate provvede a monitorare costantemente l’attività dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, secondo principi di trasparenza e pubblicità. L’ente subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia di cui al comma 1 e assume la qualifica di agente della riscossione con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e al titolo II, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. L’ente può anche svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie o patrimoniali delle amministrazioni locali, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con esclusione delle società di riscossione, e, fermo restando quanto previsto dall’articolo 17, commi 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate. L’ente ha autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione. Sono organi dell’ente il presidente, il comitato di gestione e il collegio dei revisori dei conti, il cui presidente è scelto tra i magistrati della Corte dei Conti”.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, il trasferimento di funzioni operato dalla citata normativa ha comportato, sul piano processuale, il verificarsi non del fenomeno successorio ex art. 110 c.p.c., che comporta la successione nel processo nell’ipotesi del “venir meno” della parte per morte o per altra causa, bensì di quello ex art. 111 c.p.c., con un’eventuale legittimazione concorrente e non sostitutiva del successore a titolo particolare, in quanto la norma ha concepito un nuovo soggetto giuridico come “un destinatario di un trasferimento di funzioni e di attribuzioni prima conferite ad altri (Cass. nn. 7318 e 21773 del 2014)”.
Ciò è accaduto con la successione di AdER e, precedentemente, con il trasferimento delle funzioni dal Ministero delle Finanze alle agenzie fiscali (art. 57 D.lgs n. 300/99) e delle preeesistenti concessionarie per la riscossione alla stessa Equitalia Spa ex art. 3 d.l. n. 203/2005 conv. in l. n. 248/2005.
A tal proposito, la Corte di Cassazione ha affermato che, non essendo rilevante la sopravvenuta morte della parte, coloro che intendano prendere parte al giudizio, in nome proprio o in qualità di successori, possono farlo con atto d’intervento o con ricorso, previo rilascio di un’apposita procura notarile, stante la perdurante valenza del mandato rilasciato dall’originario ricorrente.
Inoltre, in riferimento al citato art. 1, il comma 8, quanto alla difesa in giudizio dell’AdER, prevede: “L’ente è autorizzato ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai sensi dell’articolo 43 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato, di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, fatte salve le ipotesi di conflitto e comunque su base convenzionale…”
Inoltre, il legislatore ha previsto, nel citato comma, che l’AdER possa avvalersi di avvocati del libero foro “… sulla base di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del comma 5 del presente articolo” e secondo i parametri selettivi del D.lgs n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici), stabilendo che l’ente possa “… avvalersi ed essere rappresentato, davanti al tribunale e al giudice di pace, da propri dipendenti delegati, che possono stare in giudizio personalmente; in ogni caso, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, l’Avvocatura dello Stato, sentito l’ente, può assumere direttamente la trattazione della causa. Per il patrocinio davanti alle commissioni tributarie continua ad applicarsi l’articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546”.
Sul punto, la Suprema Corte ha sottolineato che l’Avvocatura di Stato, in aggiunta al patrocinio obbligatorio in favore delle Amministrazioni dello Stato, può essere autorizzata ad assumere la rappresentanza e la difesa anche di Amministrazioni pubbliche non statali e di enti pubblici sovvenzionati, sottoposti a tutela o a sola vigilanza dello Stato; la condizione necessaria e sufficiente per l’esercizio di predetto patrocinio è l’esistenza di un provvedimento di autorizzazione che, in base a quanto disposto dall’art. 43 citato, può essere costituito da una “disposizione di legge, di regolamento o di altro provvedimento approvato con regio decreto”, i quali devono essere “promossi di concerto” con i Ministri della Giustizia e dell’Economia e delle Finanze.
Nel caso di predetto provvedimento di autorizzazione, la rappresentanza e la difesa in giudizio sono assunte dall’Avvocatura “in via organica ed esclusiva” (art. 43 del T.U, così come modificato dall’art. 11 L.n. 103/1979); pertanto, si applicano le medesime regole del patrocinio obbligatorio, salva l’ipotesi di un conflitto con lo Stato o con le Regioni.
Ad eccezione della predetta ipotesi di conflitto d’interessi, le Amministrazioni e gli enti suindicati possono decidere di non avvalersi dell’Avvocatura dello Stato soltanto in “casi speciali” e previa adozione di “apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza”.
Quindi, la citata recente normativa (art. 1, al comma 8 del D.L. n. 193/2016), in accordo con l’art. 43 R.D.citato espressamente dalla stessa richiamato, secondo cui “L’Avvocatura dello Stato può assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi avanti le Autorità giudiziarie, i Collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali, di amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato, sempre che sia autorizzata da disposizione di legge, di regolamento o di altro provvedimento approvato con regio decreto”, introduce il patrocinio autorizzato ai fini della rappresentanza in giudizio dell’Avvocatura con i limitati effetti di tale forma di rappresentanza, ossia l’esclusione della necessità di mandato e, salvi i casi di conflitto, la facoltà di avvalersi di avvocati di libero foro, e non dell’Avvocatura dello Stato, solo in casi eccezionali, previa delibera dell’organo di vigilanza; tale possibilità, nel caso di specie, è giustificata dal fatto che il nuovo ente (AdER) è distinto dallo Stato (Agenzie fiscali).
Orbene, la scelta di un avvocato del libero foro in luogo dell’Avvocato dello Stato non è discrezionale ma, in base alla predetta normativa e, in particolare, alla luce dell’art. 4 del D.lgs n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), che individua i principi relativi all’affidamento dei contratti pubblici, l’Agenzia deve operare nel rispetto dei “principi di legalità, imparzialità, trasparenza, efficienza ed economicità” (come ribadito con il regolamento del 28 marzo del 2018).
La normativa in questione, infatti, ha disposto che l’affidamento dell’incarico difensivo ad avvocati del libero foro è condizionato dai medesimi criteri di selezione di cui al codice dei contratti pubblici e, soprattutto, dagli “specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del comma 5 del presente articolo (art. 1, comma 8, D.L. n. 193/2016 in esame); ossia, dallo statuto e da quegli atti, appunto, di carattere generale, di competenza del comitato di gestione, “che disciplinano l’organizzazione e il funzionamento dell’ente” devono essere individuati i casi di accesso al patrocinio del libero foro, in alternativa a quello dell’Avvocatura dello Stato.
Precisamente, a parere della Suprema Corte, la decisione di avvalersi di avvocati del libero foro per la difesa in giudizio, per essere valida, presuppone:
a) che si sia in presenza di un caso speciale;
b) che intervenga un’apposita delibera dell’organo deliberante;
c) che tale delibera sia sottoposta agli organi di vigilanza;
d) che sia prodotta in giudizio idonea documentazione in merito alla sussistenza dei suddetti elementi.
Inoltre, il “Regolamento di Amministrazione” di Agenzia delle Entrate-Riscossione, deliberato dal Comitato di Gestione il 26 marzo 2018 e approvato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il 19 maggio 2018, nel disciplinare l’aspetto del patrocinio legale, stabilisce che l’ente stesso possa “continuare ad avvalersi di avvocati di libero foro”, ma soltanto “in via residuale” e “nei casi in cui si accerti l’impossibilità dell’Avvocatura dello Stato di assumere il patrocinio” (eccezione), secondo le modalità operative concordate con apposita convenzione.
Tale regolamento, però, nel recepire le disposizioni normative succitate, individua in via generale le fattispecie di accesso al libero foro, subordinandole alla dichiarata impossibilità dell’avvocatura di assumere l’incarico, ma non assolve né alla funzione della delibera motivata di cui al comma 4° dell’art. 43 del R.D. n.1611, né della delibera o atto amministrativo ritenuto necessario dal testo novellato del comma 8° dell’art. 1 del d.l. n. 193/2016, il quale implica, a sua volta, la fissazione di criteri specifici contenuti in atti generali deliberati dal comitato di gestione.
Alla luce di quanto suesposto, secondo la Corte di Cassazione “laddove il mandato dell’avvocato del libero foro sia stato rilasciato senza il vaglio dell’organo di vigilanza e non ricorra un caso di urgenza oppure non si sia in presenza di un documentato conflitto d’interessi reale, tale atto è nullo ed è suscettibile di sanatoria soltanto nei limiti stabiliti dall’art. 125 c.p.c. e a certe condizioni ma esclusivamente per i giudizi di merito e non per il giudizio di Cassazione, a meno che si sia formato giudicato interno sul punto…”.
Pertanto, la delibera dell’organo deliberante si configura come un requisito indispensabile per la validità del mandato difensivo conferito dall’avvocato del libero foro, imposto dalla richiamata normativa speciale sul patrocinio autorizzato e, invece, il regolamento non è atto idoneo a legittimare il ricorso al patrocinio dell’avvocato del libero foro, stabilendo solo i presupposti che ne determinano la possibilità di derogare, nel caso concreto, alla regola generale.
Da ciò ne discende che, la carenza di una valida delibera, comporta il difetto dello ius postulandi del difensore, rilevabile d’ufficio e, perciò, l’invalidità della procura speciale richiesta nel giudizio di Cassazione, comporta l’ulteriore conseguenza che la lite deve essere decisa tra le parti originarie del giudizio di legittimità.
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