Investimento da furgone parcheggiato in pendenza e violazione della norma antinfortunistica

Allegati

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza (n. 48533 del 6 dicembre 2023) ha chiarito che l’investimento di una persona da parte di un furgone parcheggiato in forte pendenza senza adeguati sistemi di stazionamento, associato al rischio lavorativo, si qualifica come violazione della norma antinfortunistica.

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Corte di Cassazione – Sez. IV Pen. – Sent. n. 48533 del 06/12/2023

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Indice

1. I fatti

La pronuncia della Corte di Cassazione scaturisce dal ricorso presentato dall’imputato avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli la quale ha riformato parzialmente e limitatamente al trattamento sanzionatorio, previa concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen., la pronuncia del Gip del Tribunale di Avellino. Con questa l’imputato era stato riconosciuto responsabile del reato di cui all’art. 589 cod. pen. perché, in qualità di titolare della sua azienda, per colpa consistita in imprudenza e negligenza nonché nell’inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, aveva cagionato il decesso di un dipendente.
Nello specifico, il furgone era stato lasciato in sosta sul fondo agricolo con pendenza pari al 10% e, durante le operazioni di carico di materiale all’interno del vano del veicolo, questo ha cominciato a muoversi autonomamente in modo retrogrado in direzione della pendenza del terreno, investendo, così, il dipendente.
Nel capo di imputazione si legge che l’imputato abbia utilizzato un veicolo in mediocri condizioni di manutenzione e con un sistema di stazionamento insufficiente a garantire la sosta in condizioni di sicurezza su una pendenza del 10%, di aver omesso di condurre a bordo del veicolo cunei fermaruota da utilizzare in caso di sosta su strada in pendenza, di non aver osservato maggiore cautela durante le operazioni di sosta e carico del veicolo nonostante la pendenza della strada, omettendo di porre in essere le azioni di sicurezza che potessero garantire la stabilità del mezzo e di aver violato il disposto dell’art. 18, lett. e) d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81, omettendo di adottare le misure necessarie affinché nella zona di esposizione dei lavoratori a rischio sostassero coloro che avevano ricevuto adeguate istruzioni e addestramento, tra i quali non rientrava la vittima.
Il ricorso presentato dall’imputato era affidato a tre motivi, ma quello che interessa in questa sede è il seguente: inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 589, comma 2, in relazione agli artt. 40 e 43 cod. pen. Secondo la difesa, la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che nei reati colposi non è sufficiente la sussistenza di un nesso eziologico tra la condotta e l’evento ma è necessario, altresì che quest’ultimo si sostanzi nella concretizzazione del danno che la norma precauzionale trasgredita mira a scongiurare. La norma cautelare violata, insomma, non poteva qualificarsi come norma antinfortunistica, essendo piuttosto inerente a rischio connesso alla circolazione stradale.

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2. Norme antifortunistiche in relazione all’investimento da furgone in pendenza: analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso proposto, si sofferma principalmente sul motivo in oggetto, chiarendo che non è condivisibile quanto evidenziato dalla difesa. La doglianza pone la questione della riconducibilità del rischio realizzatosi al novero dei rischi derivanti dallo svolgimento di attività lavorative, cui consegue l’applicabilità delle disposizioni di cui al d. lgs. n. 81/2008, la cui violazione è contestata all’imputato.
La Corte osserva che “per quanto sia condiviso l’orientamento secondo il quale la normativa antinfortunistica sia destinata a tutelare anche i terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro, allorquando le lesioni o l’omicidio colposo dei medesimi derivino dalla violazione di tale normativa e sussista un legame causale tra la condotta del datore di lavoro e l’evento, recentemente è stato precisato che è ben possibile che nell’evento sia concretizzato il rischio lavorativo anche se avvenuto in danno del terzo, ma ciò richiede che questi si sia trovata esposto a tale rischio alla stessa stregua del lavoratore. Per tale motivo, in positivo, vengono richieste condizioni quali la presenza non occasionale sul luogo di lavoro o un contatto più o meno diretto e ravvicinato con la fonte di pericolo; e, in negativo, che non deve avere esplicato i suoi effetti un rischio diverso“. Da ciò si ricava il generale principio secondo cui “ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante del fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro è necessario che venga violata una regola cautelare volta a eliminare o ridurre lo specifico rischio, derivante dallo svolgimento di attività lavorativa, di morte o lesioni in danno dei lavoratori o di terzi esposti alla medesima situazione di rischio e pertanto assimilabili ai lavoratori, e che l’evento sia concretizzazione di tale rischio lavorativo, non essendo all’uopo sufficiente che lo stesso si verifichi in occasione dello svolgimento di un’attività lavorativa“.
La Cassazione osserva, poi, che l’evoluzione giurisprudenziale non risulta in contrasto con le argomentazioni esposte nella sentenza impugnata, che ha identificato lo specifico rischio concretizzatosi nell’evento ritenendolo interno alla sfera rispetto alla quale il datore di lavoro era tenuto direttamente ad assicurare l’incolumità soggettiva altrui.

3. La decisione della Cassazione

La Corte conclude le sue motivazioni sancendo che la motivazione offerta nella sentenza impugnata soddisfa i requisiti che giustificano l’applicazione della circostanza aggravante, avendo identificato come “ambiente di lavoro” il fondo agricolo sul quale era stato parcheggiato il furgone utile al trasporto che, per sua naturale destinazione, deve essere utilizzato all’esterno dell’area di produzione.
È stato, dunque, logicamente valutato che l’ubicazione del mezzo in quel luogo, caratterizzato da forte pendenza, fosse strettamente funzionale allo svolgimento dell’attività, conseguendone che il rischio concretizzatosi sia dipeso dalla violazione di un precetto rivolto alla tutela della salute dei lavoratori, in quanto esso è scaturito dallo svolgimento dell’attività e dall’inappropriato stazionamento del mezzo a tale attività funzionale, come pacificamente emergente dalle conformi decisioni di merito.

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