Con la sentenza in commento, la Suprema Corte condannava un uomo per atti persecutori, c.d. stalking, punito dal codice penale dall’articolo 612 bis e tentata violenza privata, ex artt. 56 e 610 c.p. L’uomo, infatti, oltre che perseguitare la moglie, induceva la stessa a ritirare la querela sporta nei suoi confronti utilizzando delle espressioni del tipo “ti finisce male”.
La predetta minaccia, secondo il collegio era idonea a costringere la p. o. a fare qualcosa, nella specie a ritirare la denuncia, pertanto “quella ben precisa attività di minacciosa prevaricazione si distacca dal complesso dell’azione persecutoria, per assumere una sua autonomia, proprio per la sua specifica direzione a coartare la volontà della vittima ed ottenerne un determinato comportamento e non solo a perseguitarla” .
Ai fini della integrazione del delitto di atti persecutori non è richiesto l’accertamento di uno stato patologico ma è sufficiente che gli atti persecutori, consistenti in minacce, insulti e continue molestie siano idonei a destabilizzare la serenità e l’effetto psicologico della vittima. Le molestie dello stalker devono essere tali da procurare alla vittima un grave perdurante stato di ansia o di paura, ovvero ingenerare un fondato timore per la propria incolumità o di un altro prossimo congiunto o costringere la stessa ad alterare le proprie abitudini di vita. A tal proposito, infatti, il reato de quo è considerato un reato abituale che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascun evento singolarmente è idoneo ad integrare il reato.
Il reato è procedibile a querela o, di ufficio, per le ipotesi previste dal quarto comma (il fatto è commesso nei confronti di un disabile, un minore o è connesso ad altro delitto per il quale deve procedersi di ufficio).
Il delitto può configurarsi, salvo il fatto costituisca più grave reato, pertanto secondo la predetta clausola di salvaguardia, lo stalking rimane assorbito se vengono commessi reati più gravi di quello di cui all’articolo 612bis c.p.
La violenza privata è costituito da una violenza o minaccia che abbiano l’effetto di costringere taluno a fare o ad omettere qualcosa. L’azione o l’omissione che la violenza o minaccia sono rivolte ad ottenere dl oggetto passivo devono essere determinate, poiché ove manchi questa determinatezza si avranno singoli reati di molestie, ingiuria e minaccia. E’ un reato istantaneo, il cui elemento soggettivo è il dolo generico in quanto è sufficiente la volontà di costringere qualcuno di fare od omettere qualcosa.
Le ripetute affermazioni del prevenuto che in ogni caso lui era padrone della di lei vita e che lei doveva sottostare alla sua volontà, riportate dalla donna nella deposizione dibattimentale prodotta dalla difesa, sono state considerate come inequivoche manifestazioni della volontà di costante prevaricazione del marito nei confronti della donna, la quale doveva essere sottomessa ai suoi ordini.
Di conseguenza, la Corte rigettava il ricorso e condannava il ricorrente per atti persecutori e tentata violenza privata oltre che al pagamento delle spese processuali.
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