La Corte di Cassazione, con sentenza n. 5096 del 5 febbraio 2024, ha fornito chiarimenti in merito alla irricevibilità, nel giudizio di Cassazione, della memoria trasmessa dal Pubblico Ministero che ha chiesto l’applicazione della misura.
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Indice
1. I fatti
La pronuncia della Corte di Cassazione scaturisce dal ricorso presentato dall’indagato con il quale è stata impugnata l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro nella parte in cui ha ravvisato a suo carico un quadro di gravità indiziaria per i reati addebitatigli, ritenendo tale decisione affetta da violazioni di legge e vizi di motivazione.
Viene contestato di aver fatto parte, nella sua qualità di dirigente della Provincia di Crotone, di un’associazione a delinquere finalizzata al compimento di reati contro la pubblica amministrazione, per l’affidamento di incarichi ed appalti pubblici con logiche esclusivamente clientelari, promossa e guidata, in particolare, da un consigliere della Regione Calabria e soggetto molto influente nel panorama politico di quel territorio e da un segretario del presidente della Regione. Inoltre, l’indagato avrebbe concorso nella commissione di due reati di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e dei connessi falsi ideologici, affidando dei lavori, in un caso, mediante l’artificio tecnico di attestarne la natura supplementare ed urgente rispetto a quelli di un appalto già in corso d’opera, e in tal modo eludendo l’obbligo di indire la necessaria gara; nell’altro, invece, violando il principio di rotazione nel conferimento degli incarichi c.d. “sotto soglia”.
Nell’impostazione accusatoria, la prova della partecipazione dell’indagato al sodalizio, verrebbe erroneamente desunta in via esclusiva dalla sua ritenuta colpevolezza per gli ipotizzati “reati scopo”, poiché altro non c’è.
In merito, il Pubblico ministero ha depositato una memoria scritta con la quale argomenta l’applicabilità della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 335-bis cod. pen., anche alle ipotesi – come quella in esame – di affidamenti di commesse al di fuori di una procedura competitiva, rilevando, in particolare, che la scelta della pubblica amministrazione di procedere ad affidamento diretto soggiace pur sempre a vincoli legali di discrezionalità, nei presupposti, nelle forme e nelle determinazioni, a tutela dei principi di concorrenza e di buon andamento ed imparzialità dell’attività amministrativa.
Per avere un quadro unitario delle varie riforme che si sono susseguite nel diritto e nella procedura penale e, quindi, della complessiva normativa vigente, si consiglia il seguente volume:
Le Riforme della Giustizia penale
In questa stagione breve ma normativamente intensa sono state adottate diverse novità in materia di diritto e procedura penale. Non si è trattato di una riforma organica, come è stata, ad esempio, la riforma Cartabia, ma di un insieme di interventi che hanno interessato vari ambiti della disciplina penalistica, sia sostanziale, che procedurale.Obiettivo del presente volume è pertanto raccogliere e analizzare in un quadro unitario le diverse novità normative, dal decreto c.d. antirave alla legge per il contrasto della violenza sulle donne, passando in rassegna anche le prime valutazioni formulate dalla dottrina al fine di offrire una guida utile ai professionisti che si trovano ad affrontare le diverse problematiche in un quadro profondamente modificato.Completano la trattazione utili tabelle riepilogative per una più rapida consultazione delle novità.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB), giornalista pubblicista e cultore della materia in procedura penale. Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica Diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica.
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2. Irricevibilità delle memorie del Pubblico Ministero nel giudizio di Cassazione: l’analisi della Suprema Corte
La Corte di Cassazione analizza, preliminarmente, la questione di rito relativa alla memoria scritta trasmessa dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, nella sua qualità di pubblico ministero che ha chiesto l’applicazione della misura affermando che tale atto è irricevibile.
Infatti, osserva la Corte, “la legittimazione a proporre ricorso per Cassazione, riconosciuta dall’art. 311, comma 1, cod. proc. pen., a quell’ufficio del pubblico ministero, non vale infatti a fargli acquisire la qualità di parte nel giudizio di Cassazione, da cui discende la facoltà di presentare memorie, riconosciuta dall’art. 121, stesso codice. Semmai così fosse, invero, non troverebbe giustificazione razionale una sua legitimatio ad processum limitata, diversamente che per le altre parti, alla presentazione di memorie e non anche alla partecipazione all’udienza“.
La Suprema Corte sottolinea che la “parte” del procedimento di Cassazione, anche quando ricorrente sia una Procura della Repubblica territoriale, non è quest’ultima, bensì l’ufficio del Pubblico ministero, il quale – secondo la regola generale dell’art. 51, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. – è costituito dalla Procura generale presso la Corte di cassazione.
3. La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione, dunque, ha dichiarato l’irricevibilità della memoria presentata dal Pubblico ministero, sottolineando che è la Procura Generale presso la Corte di Cassazione “l’esclusiva interlocutrice degli uffici territoriali del Pubblico ministero, alla quale questi debbono perciò indirizzare le loro eventuali memorie ed attraverso la quale le stesse possono poi essere sottoposte alla Corte di Cassazione. Diversamente, qualora le argomentazioni e le deduzioni con esse proposte non fossero condivise dalla Procura generale, si potrebbe dar luogo all’assurda situazione di ufficio del Pubblico ministero che, nello stesso grado di giudizio, finirebbe per rassegnare conclusioni tra loro contrastanti“.
Per completezza della trattazione, si accenna anche a ciò che riguarda il merito della questione: la Suprema Corte ha disposto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, con conseguente revoca della misura cautelare per ciò che riguarda i “reati-scopo” addebitati all’indagato, in quanto, allo stato della legislazione, “simili condotte, nella ricorrenza degli ulteriori presupposti normativi, possono dar luogo ad altri reati, per i quali la correttezza formale dell’atto adottato può anche non risultare liberatoria (corruzione, induzione indebita, concussione, abuso d’ufficio, almeno nella formulazione ad oggi ancora vigente), oppure possono trovare la loro sanzione esclusivamente nell’annullamento da parte del giudice amministrativo degli atti che ne sono derivati: qual che è certo, invece, è che essere non integrano il delitto previsto e punito dall’art. 353-bis cod. pen.“.
Inoltre, ad avviso della Corte, meritano di essere ulteriormente chiarite, in ragione delle specifiche osservazioni operate con il ricorso, le affermazioni del Tribunale circa la collocazione ad hoc dei soggetti per volere dell’indagato. Pertanto, con riferimento sia all’addebito di partecipazione all’associazione che a quelli di falso ideologico, l’annullamento dev’essere disposto con rinvio al giudice di merito per la necessaria motivazione supplementare.
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