Massima |
Il diritto alle ferie del lavoratore è un diritto irrinunciabile; ove le stesse non siano effettivamente fruite, anche senza alcuna responsabilità da parte del datore di lavoro, al prestatore spetta una indennità sostitutiva che, oltre ad avere carattere risarcitorio costituisce una erogazione di natura retributiva, in quanto connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro. |
1. Premessa
Nella decisione in commento del 26 luglio 2013 n. 18168 i giudici della Corte di Cassazione, nella sezione lavoro, hanno precisato che il diritto alle ferie, garantito dall’articolo 36 della Costituzione, ha carattere irrinunciabile.
Nella ipotesi in cui il lavoratore non riesca a fruire del periodo di riposo, anche senza colpa del datore di lavoro, allo stesso deve essere riconosciuta una indennità sostitutiva con carattere risarcitorio e quale erogazione di natura retributiva.
Ciò rappresenta il corrispettivo dell’attività lavorativa resa in un periodo che, pur essendo retribuito, avrebbe dovuto essere non lavorato.
1.1. La fattispecie
Due i motivi di ricorso per Cassazione.
Con il primo motivo la Regione ricorrente denuncia: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 415, comma 5, e 354 cod. proc. civ. nonché omessa, insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia”. Si duole del fatto che la Corte territoriale ha ritenuto di non rimettere la causa al primo giudice rilevando che il mancato rispetto del termine a comparire determina la nullità della notifica e non quella del ricorso.
Il motivo è infondato.
Con il secondo motivo la Regione ricorrente denuncia: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 36 Cost. e 2109 cod. civ. nonché violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 del c.c.n.l. Regioni Enti Locali del 6/7/1995 (applicabile ratione temporis) – omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo”.
Si duole del fatto che siano state ritenute monetizzabili ferie di cui il lavoratore non aveva goduto e ciò sulla base della sola circostanza del mancato godimento e senza tener conto che una specifica disposizione pattizia (art. 18, comma 9, c.c.n.l. del 6/7/1995) prevedeva tale monetizzazione solo nell’ipotesi in cui le ferie spettanti non fossero state fruite per esigenze di servizio, situazione nella specie non sussistente.
Anche tale motivo è infondato.
2. Conclusioni
I giudici della Corte, ricordando precedenti sul tema (1) hanno precisato che “in relazione al carattere irrinunciabile del diritto alle ferie, garantito anche dall’art. 36 Cost. e dall’art. 7 della direttiva 2003/88/CE (2), ove in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilità del datore di lavoro, spetta al lavoratore l’indennità sostitutiva che ha, per un verso, carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita di un bene (3) al cui soddisfacimento l’istituto delle ferie è destinato e, per altro verso, costituisce erogazione di indubbia natura retributiva (4).
Dovendo, quindi, farsi applicazione del principio secondo cui dal mancato godimento delle ferie – una volta divenuto impossibile per il datore di lavoro, anche senza sua colpa, adempiere l’obbligo di consentirne la fruizione – deriva il diritto del lavoratore al pagamento dell’indennità sostitutiva, le clausole del contratto collettivo (5), che pur prevedono che le ferie non sono monetizzabili, vanno interpretate (6) nel senso che, in caso di mancata fruizione delle ferie per causa non imputabile al lavoratore, non è escluso il diritto di quest’ultimo all’indennità sostitutiva.
La Corte di Cassazione, quindi, rigetta il ricorso, non decidendo nulla in merito alle spese.
3. Giurisprudenza
In relazione al carattere irrinunciabile del diritto alle ferie, garantito anche dall’art. 36 Cost. e dall’art. 7 della direttiva 2003/88/Ce, ove in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilità del datore di lavoro, spetta al lavoratore l’indennità sostitutiva che ha, per un verso, carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita di un bene al cui soddisfacimento l’istituto delle ferie è subordinato, e, per altro verso, costituisce erogazione di indubbia natura retributiva, perché non solo è connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, ma più specificatamente rappresenta il corrispettivo dell’attività lavorativa resa in periodo che, pur essendo di per sé retribuito, avrebbe invece dovuto essere non lavorato perché destinato al godimento delle ferie annuali, restando indifferente l’eventuale responsabilità del datore di lavoro per il mancato godimento delle stesse.
Ne consegue l’illegittimità, per contrasto con norme imperative, delle disposizioni dei contratti collettivi che escludano il diritto del lavoratore all’equivalente economico di periodi di ferie non goduti al momento della risoluzione del rapporto, salva l’ipotesi del lavoratore che abbia disatteso la specifica offerta della fruzione del periodo di ferie da parte del datore di lavoro. Cass., 9 luglio 2012, n. 11462, in D&L, 2012, 810
Dal mancato godimento delle ferie – una volta divenuto impossibile per il datore di lavoro, anche senza sua colpa, adempiere l’obbligo di consentirne la fruizione – deriva il diritto del lavoratore al pagamento dell’indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, in quanto rappresenta la corresponsione del valore di prestazioni non dovute e non restituibili in forma specifica, in misura pari alla retribuzione.
Le clausole del contratto collettivo di diritto comune, che disciplinano esclusivamente il godimento delle ferie e non anche l’indennità sostitutiva, vanno interpretate – alla luce dell’irriducibilità del diritto alle ferie, del divieto di monetizzazione di siffatto diritto, e in applicazione del principio di conservazione del contratto – nel senso che, in caso di mancata fruizione delle ferie per causa non imputabile al lavoratore, non è escluso il diritto di quest’ultimo all’indennità sostitutiva, anche in riferimento alle cc.dd. ferie “aggiuntive”, le quali costituiscono oggetto di un diritto contrattuale, pure se condizionato alla naturale capienza nell’anno di cessazione del rapporto.
(Nella specie, è stato riconosciuto il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva, in relazione a ferie non godute a causa della anticipata risoluzione del rapporto nel corso dell’anno, ed in riferimento all’art. 52, comma 9, c.c.n.l. del 1990 per i dipendenti delle Ferrovie dello Stato s.p.a., il quale non prevede siffatta indennità e subordina il godimento del periodo completo annuale di ferie alla possibilità della loro fruizione prima della risoluzione del rapporto). Cass., 25 ottobre 2004, n. 20673, in Lav. nella giur., 2005, con commento di Pasquale Dui, 127
Il diritto alla fruizione effettiva del periodo feriale – non goduto per fatto imputabile al datore di lavoro nell’anno di riferimento – trova il suo fondamento nell’art. 2058 c.c. – dettato per la responsabilità aquiliana ma che in materia risarcitoria ha valore di principio generale – aggiungendosi che in materia di diritti attinenti alla integrità psico-fisica, e più in generale agli interessi esistenziali del lavoratore il datore di lavoro risponde per responsabilità extracontrattuale oltre che contrattuale.
Ne consegue il diritto del lavoratore, innanzi tutto, al risarcimento in forma specifica, ovvero all’effettivo godimento delle ferie anche trascorso il periodo di riferimento, che può tramutarsi in diritto al risarcimento per equivalente (sottoforma di indennità sostitutiva di natura risarcitoria) come disposto dal secondo comma della norma in esame, solo se il datore di lavoro prova essere eccessivamente onerosa, attese le difficoltà nell’ambito aziendale, la effettiva fruizione recuperatoria delle ferie non tempestivamente godute. Cass., 21 febbraio 2001, n. 2569, in Lavoro giur., 2001, pag. 549, con nota di Sgarbi, Fruizione tradiva delle ferie o indennizzo: sceglie il lavoratore; in Lavoro e prev. oggi, 2001, pag. 643; in Orient. giur. lav., 2001, pag. 78
In relazione alla funzione di recupero delle energie fisiche e psichiche da parte del lavoratore, le ferie annuali devono essere godute entro l’anno di lavoro e non successivamente; una volta decorso l’anno di competenza, il datore di lavoro non può imporre al lavoratore di godere effettivamente delle ferie né può stabilire il periodo nel quale deve goderle ma è tenuto al risarcimento del danno. Cass., 24 ottobre 2000, n. 13980, in Argomenti dir. lav., 2001, pag. 699
Manuela Rinaldi
Avvocato foro Avezzano Aq – Dottoranda in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli; Tutor di Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Docente in corsi di Alta Formazione Professionale e Master; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano, Aq; Docente in Master e corsi di Alta Formazione per aziende e professionisti.
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(1) Cass. 9 luglio 2012, n. 11462; id. 11 ottobre 2012, n. 17353.
(2) V. la sentenza 20 gennaio 2009 nei procedimenti riuniti c-350/06 e c-520/06 della Corte di giustizia dell’Unione europea.
(3) Il riposo con recupero delle energie psicofisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali, l’opportunità di svolgere attività ricreative e simili.
(4) Perché non solo è connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, quale rapporto a prestazioni corrispettive, ma più specificamente rappresenta il corrispettivo dell’attività lavorativa resa in periodo che, pur essendo dì per sé retribuito, avrebbe invece dovuto essere non lavorato perché destinato al godimento delle ferie annuali, restando indifferente l’eventuale responsabilità del datore di lavoro per il mancato godimento delle stesse.
(5) Nella specie, l’art. 18, comma 9, c.c.n.l. Regioni ed enti locali, triennio 1994-1997.
(6) In considerazione dell’irrinunciabilità del diritto alle ferie, ed in applicazione del principio di conservazione del contratto.
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