Isolamento volta del portico tra rimedi, responsabilita’ e ripartizione spese

Redazione 31/01/03
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Dott. Ivan Meo (consulente in materia condominiale)
www.arkivia.it – info@arkivia.it

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A causa dell’incessante imperversare del cattivo tempo, in questi ultimi periodi molti condomini, soprattutto se proprietari di appartamenti posti ai primi piani, prendono atto della cattiva coibentazione delle volte dei loro porticati e delle conseguenti problematica quali umidità e dispersione del calore.

Ma quali sono i rimedi di natura legale per evitare ulteriori fastidi ed inconvenienti ?

La legge in tema di risparmio energetico

Prima di analizzare in concreto la problematica è opportuno dare uno sguardo generale.

La legge 9 gennaio 1991, n. 10, accennata nel testo nel Vs. quesito, in tema di risparmio energetico ha introdotto alcune importanti modifiche anche in tema di condominio.

Le novità più rilevanti della legge unitamente alla incentivazione al risparmio energetico inerenti all’ampliamento degli interventi che vengono finalizzati a tale scopo e all’adeguamento dei relativi contributi regionali, sono rappresentati:

a) – dalla certificazione energetica;

b) – dalla trasformazione degli impianti centrali di riscaldamento in impianti a gas unifamiliari.

Con il primo strumento l’Italia si è allineata agli altri Paesi della C.E.E.; ed infatti ciascuno stabile dovrà essere munito di apposita certificazione, che garantisca la conformità alla nuova disciplina di legge, della sua struttura edilizia e della conseguente sua impiantistica.

Tra gli interventi finalizzati al risparmio energetico viene inoltre considerata la trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento a gasolio in caldaiette unifamiliari a gas metano. Una volta quindi verificata la fattibilità tecnica – ad esempio la possibilità di costruire una canna fumaria o di uscire in facciata con le tubazioni per lo scarico dei gas combusti e l’areazione della caldaietta stessa – l’assemblea del condominio con la sola maggioranza di 500,01 millesimi, senza quindi considerare anche il numero dei condomini favorevoli, in deroga all’art. 1136, Codice civile, può dal 17 luglio 1991 deliberare la installazione di impianti autonomi a gas, vincolando in tal modo anche la minoranza dissenziente (Tribunale Milano Sez. VIII, 7 gennaio 1993; Tribunale Torino, Sez. I, 19 ottobre 1994, n. 7963; Tribunale Terni 18 luglio 1996, n. 422).

E’ necessario pur sempre conseguire un risparmio energetico globale del fabbricato (Tribunale Roma, 4 marzo 1992 (ord.) proprio per questo è indispensabile un progetto unico inerente alla trasformazione dell’impianto centrale in caldaie unifamiliari (Tribunale Roma Sez. III, 3 marzo 1993, n. 3390).

Tale progetto però attiene alla fase esecutiva della delibera assembleare che stabilisca la trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas metano (Cass. Sez. II, 25 maggio 2001, n. 7130) ma non la mera soppressione dell’impianto centralizzato (Appello Torino, 4 settembre 1998, n. 946).

Senza considerare altresì che a carico dei condomini in minoranza vi è l’onere di adempiere, anche “patendo” alla delibera della maggioranza; in caso contrario nei loro confronti è esperibile l’azione ex art. 1217, Codice civile .

In applicazione della precitata legge n. 10/9 1l D.P.R. 26 agosto 1993, n. 412 , ha poi stabilito, per fasce territoriali, sia gli orari di accensione sia i periodi stagionali di possibile funzionamento dell’impianto. Ha altresì dettato norme per la sicurezza dell’impianto e, quindi, individuato i soggetti ai quali incombe l’onere della manutenzione che deve essere ormai programmata. Quest’ultimo provvedimento è stato modificato dal D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 551 che ha diversamente disposto, anche in attuazione di una direttiva europea, il disposto inerente allo scarico dei fiumi, alla compilazione dei libretti di centrale e di impianto e, in genere, all’attività di controllo della gestione degli impianti di riscaldamento, sia autonomi sia centralizzati.

Alla luce di quanto esposto vi sono due possibilità di risoluzione della problematica in esame.

E’ possibile chiedere un risarcimento del danno al costruttore dell’immobile per difetto di costruzione del manufatto.

Se la mancata o insufficiente erogazione del riscaldamento non dipende da una diminuita efficienza dell’impianto o da una sua non corretta organizzazione e gestione, ma da un difetto di costruzione, il condomino non può prendersela con il condominio ma deve riferirsi al venditore (o al costruttore-venditore se ha comprato direttamente da questi).

A questo proposito l’art. 1490 c.c. dispone che il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. La garanzia, però, non opera se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi della cosa, o se questi erano facilmente riconoscibili (salvo, in questa seconda ipotesi, che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi).

Il successivo art. 1495 dispone che il compratore decada dalla garanzia se non denuncia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta e che l’azione si prescrive entro un anno dalla consegna. È pertanto indispensabile pronunciare la scoperta del vizio nel termine di legge, meglio se per iscritto (per esempio mediante telegramma o raccomandata con avviso di ricevimento).

Inoltre se il venditore, una volta ricevuta la denuncia, prende tempo più del lecito, è bene rivolgersi subito ad un avvocato; infatti la preparazione e la notifica dell’atto di citazione possono richiedere alcuni giorni, con il rischio di oltrepassare il termine di un anno dalla consegna e di vedersi quindi eccepire la prescrizione.

A proposito di termini di decadenza e di prescrizione, la Corte di Cassazione (n. 4085 del 9 luglio 1982) ha ravvisato un’eccezione a quelli indicati nell’art. 1495, proprio con riferimento all’impianto di riscaldamento; ha infatti escluso che sia assoggettata a prescrizione l’azione esercitata dal compratore di un immobile, inutilizzabile per l’inagibilità dell’impianto di riscaldamento dovuta a mancato collaudo dei Vigili del Fuoco, nei confronti del costruttore-venditore che conosceva il rischio avendo alienato l’immobile nelle more del procedimento amministrativo per la progettazione e l’esecuzione dell’impianto; in tale ipotesi, quindi, il termine di prescrizione inizierà a decorrere dal giorno del collaudo.

Quando si acquista direttamente dal costruttore (quindi non solo quando la costruzione gli sia stata appaltata, ma anche quando sia stata da questi edificata autonomamente) trova applicazione l’art. 1669 c.c., che prevede, per gli edifici, la garanzia decennale per gravi difetti; questo articolo, infatti, sebbene collocato fra le norme disciplinanti il contratto di appalto, è considerato dai giudici diretto alla tutela dell’esigenza di carattere generale della conservazione e della funzionalità degli edifici e degli altri immobili destinati per loro natura a lunga durata; di conseguenza l’azione di responsabilità prevista da detta norma prescinde dal tipo di contratto (appalto o vendita) in base al quale l’immobile è pervenuto ad un soggetto diverso dal costruttore, con il risultato che può essere esercitata nei confronti di quest’ultimo, quando abbia veste di venditore, anche da parte di chi abbia acquistato dal committente, a condizione che abbia denunciato il difetto entro un anno dalla scoperta.

Naturalmente, prima di intraprendere un’azione volta ad ottenere l’eliminazione del difetto o una riduzione del prezzo (ma nei casi più gravi si può ottenere la risoluzione del contratto), è consigliabile accertare attraverso una perizia, se l’inconveniente sia riguardabile come “grave difetto”, tale da provocare una notevole limitazione del normale godimento del bene: circostanza, questa, riscontrata nel caso di inefficienza dell’impianto centralizzato che renda l’immobile privo di tale servizio e quindi pressoché inutilizzabile per molti mesi dell’anno (Cass. 26 agosto 1992, n. 7924).

Il difetto può riguardare l’intero impianto o una parte di esso (per esempio la sola canna fumaria), ma deve essere sempre tale da produrre la suddetta menomazione di godimento del bene.

Se poi riguarda l’intero impianto e non soltanto la parte corrispondente ad un appartamento, l’azione di responsabilità può essere promossa, oltre che dai singoli condomini, dall’amministratore, a norma degli artt. 1130, n. 4, e 1131, primo comma c.c..

È possibile chiedere al condominio di isolare la volta del portico sottostante ad un appartamento

Il portico rientra fra le parti comuni dell’edificio, ai sensi dell’art. 1117 c.c., ma il solaio che funge da volta al portico e da piano di calpestio al sovrastante appartamento appartiene per metà al proprietario di questo e per metà al condominio. Dimostrando che la coibentazione porta al contenimento del consumo energetico dell’edificio, la relativa delibera può essere adottata, ai sensi dell’art. 26, comma 2, L. n. 10/91, a maggioranza delle quote millesimali, con il proprietario tenuto a contribuire, in aggiunta al proprio 50%, all’altra metà della spesa in quanto condomino. Naturalmente se la posa in opera del materiale isolante avviene, come è presumibile, sotto la pavimentazione dell’appartamento, la spesa per la rimozione di questa ed il successivo ripristino grava esclusivamente sul proprietario, salvo diverso accordo sottoscritto da tutti i condomini.

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