L’aggiudicazione va al secondo in caso il primo non abbia i requisiti speciali

Lazzini Sonia 28/02/08
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Nel caso in cui l’aggiudicatario non riesca a dimostrare il possesso dei requisiti speciali richiesti dal bando, l’aggiudicazione va al secondo in graduatoria che ben  può quindi proporre ricorso anche facendo valere censure riferite alle dichiarazioni o alla documentazione primo senza incontrare il limite di inammissibilità collegato alla soglia di anomalia
 
 
Il Tar Lombardia , Brescia, con la sentenza numero 1349 del 26 ottobre 2006 , merita di essere segnalata per alcuni importanti, fondamentali, principi in essa contenuti.
 
Prima di tutto: l’aggiudicazione spetta al secondo classificato nel caso il primo non dimostri i requisiti:
 
< La tesi non può essere condivisa. L’art. 10 comma 1 quater della legge 109/1994 prevede il controllo dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesti nel bando in due distinte occasioni.
Una prima verifica è effettuata a campione sul 10% dei concorrenti, scelti con sorteggio, prima dell’apertura delle buste delle offerte.
 
Il secondo controllo avviene dopo la conclusione della gara e riguarda soltanto l’aggiudicatario e il secondo classificato.
In esito a questo controllo se l’offerta dell’aggiudicatario viene eliminata l’aggiudicazione spetta al soggetto che segue immediatamente in graduatoria, e solo se anche quest’ultimo viene eliminato si procede alla determinazione della nuova soglia di anomalia e alla conseguente nuova aggiudicazione.
 
La circostanza che sia già stata formata una graduatoria è quindi rilevante, in quanto la norma tende a conservare i risultati della gara, come è particolarmente evidente quando, eliminato l’aggiudicatario, si prende in esame la posizione del secondo classificato senza la rideterminazione della soglia di anomalia e quindi con accettazione implicita del rischio di aggiudicare l’appalto sulla base di un’offerta potenzialmente anomala.
In questo caso l’esclusione del vincitore dalla graduatoria non equivale a esclusione retroattiva dalla gara>
 
 Tale principio vale anche:
 
< Questa regola può essere applicata sia all’ipotesi di vera e propria carenza dei requisiti di qualificazione sia quando l’esclusione dipenda da vizi formali della domanda di partecipazione, in quanto tutti questi elementi compongono la documentazione richiesta per la gara e possono essere preclusivi (qualora non sia ammissibile l’integrazione o la correzione) rispetto alla stipula del contratto.
 
Di conseguenza quando la regolarità della domanda è esaminata (o riesaminata) in un momento successivo alla formazione della graduatoria la posizione dei primi due concorrenti classificati risulta distinta da quella di tutti gli altri.>
 
Ma ben più importante è non dimenticarsi che:
 
< Il secondo classificato può quindi proporre ricorso anche facendo valere, come nel caso in esame, censure riferite alle dichiarazioni o alla documentazione dell’aggiudicatario senza incontrare il limite di inammissibilità collegato alla soglia di anomalia. >
 
l’emarginata sentenza merita inoltre una particolare attenzione anche in merito alla necessità di intestazione della cauzione provvisoria in caso di Ati:
 
< Con l’ultimo motivo le ricorrenti lamentano la violazione delle prescrizioni di gara (busta A documentazione lett. e; pag. 7 primo paragrafo) che impongono a ciascuna delle imprese di un’ATI costituenda di presentare una polizza fideiussoria a titolo di cauzione provvisoria. Nello specifico la polizza è stata rilasciata nell’interesse della mandataria e di una soltanto delle mandanti.
 
Neppure in questo caso si può tuttavia ritenere che la lacuna comporti la sanzione dell’esclusione. Innanzitutto si deve sottolineare che la seconda mandante, anche se non menzionata nel testo della polizza, ha apposto la sottoscrizione in qualità di contraente, e quindi nell’interpretazione del contratto si può ritenere che il fideiussore si sia obbligato rispetto a tutte le imprese che compongono l’ATI aggiudicataria. Se così non fosse, e si dovesse viceversa ritenere che la polizza è esclusivamente a favore della mandataria e di una delle mandanti, la conclusione ai fini della partecipazione alla gara non sarebbe comunque diversa. Questo perché nell’applicazione delle regole che disciplinano la gara, anche quando sono rafforzate dalla clausola dell’esclusione, occorre sempre valutare se le lacune e le imperfezioni presenti nelle domande dei concorrenti siano idonee a provocare un danno alla stazione appaltante o se l’eventuale sanatoria incida sulla posizione degli altri concorrenti (con violazione della par condicio). Quando questi inconvenienti non si verificano si riespande l’interesse pubblico alla massima partecipazione.
 
Nel ricorso in esame viene in rilievo solo la posizione della stazione appaltante. La polizza fideiussoria prestata a titolo di cauzione provvisoria garantisce infatti contro la mancata sottoscrizione del contratto e non interferisce con il contenuto o la valutazione delle offerte. L’art. 13 commi 2 e 5 della legge 109/1994, in connessione con il precedente art. 10 comma 1 lett. d), qualifica come solidale la responsabilità delle imprese che, seppure non ancora riunite in associazione temporanea, si siano impegnate in questo senso e abbiano sottoscritto congiuntamente l’offerta. Qualora si realizzi l’ipotesi della mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’aggiudicatario la stazione appaltante non è quindi tenuta a individuare il soggetto responsabile all’interno dell’ATI costituenda ma può esigere il pagamento dell’intera cauzione da una qualsiasi delle imprese rimanendo estranea ai rapporti intercorrenti tra le stesse. Di conseguenza il fatto che qualcuna delle imprese non sia coperta da polizza fideiussoria non determina una diminuzione delle garanzie per la stazione appaltante, il che a sua volta priva di utilità la misura dell’esclusione dalla gara>
 
A cura di *************
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione staccata di Brescia ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
sul ricorso n. 2165/2004, proposto da
 
*** ***
rappresentate e difese dagli Avv. ***************** e **************, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Brescia via Cadorna 7;
 
contro
 
SACBO spa,
 
;
 
e nei confronti di
 
***,
 
*** sas,
 
**
non costituitisi in giudizio;
 
per l’annullamento
 
a) nel ricorso introduttivo:
 
del provvedimento prot. n. 10535 del 20 ottobre 2004, con il quale il Presidente di SACBO spa ha comunicato all’ATI ricorrente la posizione in graduatoria (2° posto) nell’appalto per la costruzione della torre di controllo e del relativo blocco tecnico presso l’aeroporto di Orio al Serio;
dei verbali di gara e dell’aggiudicazione provvisoria all’ATI controinteressata;
b) nei motivi aggiunti:
 
dell’aggiudicazione definitiva all’ATI controinteressata (provvedimento pubblicato per estratto sulla rivista Edilizia e Territorio del 27 dicembre 2004 e comunicato il 15 gennaio 2005);
con domanda di risarcimento danni.
 
Visto il ricorso con i relativi allegati;
 
Visto l’atto di costituzione in giudizio di SACBO spa;
 
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
 
Visti gli atti tutti della causa;
 
Designato quale relatore alla pubblica udienza del 5 maggio 2006 il dott. ************;
 
Uditi i difensori delle parti;
 
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
 
FATTO
 
Con bando pubblicato il 7 settembre 2004 la ******à per l’Aeroporto civile di Bergamo Orio al Serio (SACBO spa) ha indetto una gara per l’appalto relativo alla costruzione della torre di controllo e del relativo blocco tecnico presso l’aeroporto civile di Orio al Serio. L’importo complessivo è pari a € 2.751.000 (IVA esclusa). Per l’aggiudicazione è stato scelto il criterio del prezzo più basso ex art. 21 commi 1 e 1 bis della legge 11 febbraio 1994 n. 109. La gara è stata vinta con un ribasso del 12,150% dall’ATI costituenda di cui è capogruppo/mandatario il Consorzio Stabile ***, mentre la costituenda ATI composta da **+ *++ spa si è classificata al secondo posto con un ribasso del 12,124%.
 
Con atto notificato il 17 dicembre 2004 e depositato il 23 dicembre 2004 le società della costituenda ATI classificatasi al secondo posto hanno impugnato gli atti di gara. L’aggiudicazione definitiva all’ATI controinteressata è stata impugnata con motivi aggiunti notificati il 2 febbraio 2005 e depositati l’8 febbraio 2005. Gli argomenti delle ricorrenti possono essere sintetizzati come segue:
 
violazione del punto 11 del bando di gara nella parte in cui impone il deposito del certificato di qualificazione;
violazione delle prescrizioni di gara nella parte in cui (busta A documentazione lett. h) prevedono una dichiarazione di correttezza e trasparenza, in quanto le informazioni relative alla composizione sociale del Consorzio Stabile *** sarebbero insufficienti;
violazione delle prescrizioni di gara nella parte in cui (busta A documentazione lett. b n. 4) è richiesta la dichiarazione di rinuncia agli interessi di mora;
violazione dell’art. 13 comma 7 della legge 109/1994, in quanto nell’ATI aggiudicataria le società mandanti hanno dichiarato di voler subappaltare le opere elettriche e idrauliche nonostante l’obbligo di eseguire direttamente le lavorazioni di notevole contenuto tecnologico con valore superiore al 15% del totale dell’appalto;
violazione dell’art. 13 comma 1 della legge 109/1994, in quanto nell’atto di impegno relativo alla costituzione dell’ATI controinteressata le società coinvolte non specificano le rispettive quote di partecipazione all’interno dell’ATI;
violazione delle prescrizioni di gara nella parte in cui (busta A documentazione lett. d) è richiesto il certificato di iscrizione alla Camera di commercio con la dicitura antimafia;
violazione delle prescrizioni di gara nella parte in cui (busta A documentazione lett. e; pag. 7 primo paragrafo) è richiesto a ciascuna delle imprese che intendono costituire un’associazione temporanea di presentare una polizza fideiussoria a titolo di cauzione provvisoria.
La stazione appaltante SACBO spa si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione sia del ricorso introduttivo sia dei motivi aggiunti.
 
Il TAR con le ordinanze n. 63 del 18 gennaio 2005 e n. 188 dell’11 febbraio 2005 ha respinto le domande di sospensione cautelare presentate dalle ricorrenti.
 
All’udienza del 5 maggio 2006 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
 
DIRITTO
 
1. Il ricorso riguarda la gara per l’appalto di lavori relativo alla costruzione della torre di controllo con annesso blocco tecnico presso l’aeroporto civile di Orio al Serio. Per l’aggiudicazione la stazione appaltante SACBO spa ha scelto il criterio del prezzo più basso ex art. 21 commi 1 e 1 bis della legge 11 febbraio 1994 n. 109. Hanno presentato offerte 33 imprese. L’ATI controinteressata, costituita dal Consorzio Stabile *** (capogruppo/mandatario) e dalle società *** spa e * srl, è risultata aggiudicataria con un ribasso del 12,150%. Il ricorso è proposto da ** Costruzioni e Appalti spa e da *+ spa, che componevano l’ATI classificatasi al secondo posto con un ribasso del 12,124%. Entrambi i raggruppamenti hanno partecipato alla gara nella forma di ATI costituende.
 
2. In via preliminare la stazione appaltante eccepisce la carenza di interesse al ricorso sostenendo che qualora l’ATI aggiudicataria dovesse essere esclusa dalla procedura sarebbe necessario ricalcolare la soglia di anomalia, con la conseguenza che l’offerta dell’ATI delle ricorrenti risulterebbe anomala.
 
La tesi non può essere condivisa. L’art. 10 comma 1 quater della legge 109/1994 prevede il controllo dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesti nel bando in due distinte occasioni. Una prima verifica è effettuata a campione sul 10% dei concorrenti, scelti con sorteggio, prima dell’apertura delle buste delle offerte. Il secondo controllo avviene dopo la conclusione della gara e riguarda soltanto l’aggiudicatario e il secondo classificato. In esito a questo controllo se l’offerta dell’aggiudicatario viene eliminata l’aggiudicazione spetta al soggetto che segue immediatamente in graduatoria, e solo se anche quest’ultimo viene eliminato si procede alla determinazione della nuova soglia di anomalia e alla conseguente nuova aggiudicazione. La circostanza che sia già stata formata una graduatoria è quindi rilevante, in quanto la norma tende a conservare i risultati della gara, come è particolarmente evidente quando, eliminato l’aggiudicatario, si prende in esame la posizione del secondo classificato senza la rideterminazione della soglia di anomalia e quindi con accettazione implicita del rischio di aggiudicare l’appalto sulla base di un’offerta potenzialmente anomala. In questo caso l’esclusione del vincitore dalla graduatoria non equivale a esclusione retroattiva dalla gara.
 
Questa regola può essere applicata sia all’ipotesi di vera e propria carenza dei requisiti di qualificazione sia quando l’esclusione dipenda da vizi formali della domanda di partecipazione, in quanto tutti questi elementi compongono la documentazione richiesta per la gara e possono essere preclusivi (qualora non sia ammissibile l’integrazione o la correzione) rispetto alla stipula del contratto. Di conseguenza quando la regolarità della domanda è esaminata (o riesaminata) in un momento successivo alla formazione della graduatoria la posizione dei primi due concorrenti classificati risulta distinta da quella di tutti gli altri.
 
Il secondo classificato può quindi proporre ricorso anche facendo valere, come nel caso in esame, censure riferite alle dichiarazioni o alla documentazione dell’aggiudicatario senza incontrare il limite di inammissibilità collegato alla soglia di anomalia.
 
3. Con il primo motivo le ricorrenti lamentano la violazione del punto 11 del bando di gara, che prevede il deposito del certificato di qualificazione SOA. Nel ricorso è evidenziata la differenza tra il certificato di qualificazione del Consorzio Stabile *** (dove è indicato il nome del direttore tecnico) e il certificato di iscrizione alla Camera di commercio del medesimo consorzio (dove il nome non compare).
 
La tesi non può essere condivisa. La circostanza che dopo il rilascio della qualificazione SOA il direttore tecnico sia uscito dall’organizzazione aziendale non toglie efficacia al certificato. In proposito si osserva che le modifiche degli elementi organizzativi sono valutate dalle SOA nel contesto dell’esame periodico, e dunque medio tempore fa stato la valutazione collegata all’ultimo certificato emesso. La certezza offerta dalle qualificazioni SOA tollera le modifiche sopravvenute e non ancora sottoposte ad esame, tranne in casi particolari in cui si sia verificata una rilevante alterazione delle caratteristiche aziendali e la società abbia omesso di chiedere un certificato riferito alla nuova situazione al fine di utilizzare in malafede una certificazione non più corrispondente alla realtà. Nel caso in esame tuttavia non vi è stato alcun abuso di certificazione, sia perché l’identità del direttore tecnico è un elemento di per sé variabile sia perché nel certificato SOA prodotto dal Consorzio Stabile *** è espressamente precisato che nessuna qualificazione è connessa alla direzione tecnica.
 
4. Un secondo motivo di ricorso è incentrato sulla presunta violazione delle prescrizioni di gara nella parte in cui (busta A documentazione lett. h) prevedono una dichiarazione di correttezza e trasparenza. Contravvenendo a questo obbligo il Consorzio Stabile *** (che ha la forma prevista dall’art. 2602 cc) avrebbe fornito informazioni insufficienti sulla propria composizione sociale.
 
La tesi non appare condivisibile. In realtà il deposito dell’atto costitutivo del consorzio assieme al certificato della Camera di commercio fornisce indicazioni equivalenti a quelle che avrebbero dovuto essere inserite nella dichiarazione di correttezza e trasparenza. La circostanza che l’atto costitutivo sia anteriore di 18 mesi rispetto alla gara non toglie valore alle informazioni in esso contenute, sia perché il periodo di tempo trascorso non appare irragionevolmente ampio sia perché il deposito dell’atto costitutivo può essere interpretato come una dichiarazione di conferma della composizione sociale originaria.
 
5. Le ricorrenti sottolineano poi che una delle mandanti dell’ATI controinteressata, in violazione di una puntuale prescrizione di gara (busta A documentazione lett. b n. 4), non ha presentato la dichiarazione di rinuncia agli interessi di mora per il caso di ritardo nei pagamenti. Questo inficerebbe l’offerta dell’intero raggruppamento con il conseguente obbligo di esclusione.
 
5.1 La tesi non appare condivisibile. In primo luogo occorre osservare che l’omissione di un impegno riferito ai futuri rapporti contrattuali da parte di una società mandante non è un vizio in grado di estendersi all’intero raggruppamento. Poiché l’obbligo è destinato a operare nella fase di esecuzione dei lavori, ossia dopo la sottoscrizione del contratto (che è affidata alla sola capogruppo con effetti vincolanti per tutte le imprese associate), l’eventuale originario dissenso di una delle mandanti non potrebbe oltrepassare la soglia della riserva mentale. A sua volta la stazione appaltante avrebbe comunque la possibilità di cautelarsi esigendo un chiarimento dall’ATI aggiudicataria prima della stipula del contratto.
 
In proposito si osserva che la sanzione dell’esclusione prevista nel bando o nelle prescrizioni di gara deve essere applicata in modo utile per la stazione appaltante, e quindi non al mero scopo di rafforzare il formalismo della procedura ma per sollecitare la collaborazione e la puntualità dei concorrenti nella formazione dell’offerta. Questo da un lato consente di dare applicazione generale al principio di integrazione della documentazione (art. 51 della direttiva 31 marzo 2004 n. 2004/18/CE) e dall’altro impone di esigere l’integrazione (fissando un termine tassativo) solo nel momento in cui questa attività è necessaria per i successivi adempimenti della gara. Nel caso in esame le dichiarazioni, pur essendo richieste a pena di esclusione già al momento della presentazione della domanda, sono sanabili prima dell’inizio del rapporto contrattuale.
 
5.2 L’argomento delle ricorrenti può inoltre essere respinto sulla base di un distinto ordine di considerazioni. La dichiarazione mancante consiste infatti nella clausola di rinuncia agli interessi di mora previsti per tutte le transazioni commerciali dalla direttiva 29 giugno 2000 n. 2000/35/CE. Il recepimento di questa normativa è avvenuto con il Dlgs 9 ottobre 2002 n. 231. Nel concetto di transazione commerciale rientrano secondo la definizione dell’art. 2 della direttiva 2000/35/CE e dell’art. 2 comma 1 lett. a) del Dlgs. 231/2002 anche i contratti tra le imprese e le pubbliche amministrazioni (queste ultime identificate in senso lato come l’insieme dei soggetti destinatari delle direttive comunitarie sugli appalti pubblici). L’art. 3 par. 3 della direttiva 2000/35/CE impone agli Stati membri di non dare tutela agli accordi tra le parti sulla data di pagamento o sulle conseguenze del ritardo nel pagamento qualora non siano conformi alle disposizioni comunitarie e risultino gravemente iniqui nei confronti del creditore. Adeguandosi a questa indicazione l’art. 7 comma 3 del Dlgs. 231/2002 prevede che il giudice, anche d’ufficio, dichiari la nullità dell’accordo e (con riguardo all’interesse del creditore, alla corretta prassi commerciale, all’oggetto del contratto, alla condizione dei contraenti e a ogni altra circostanza) applichi i termini legali ovvero riconduca ad equità il contenuto dell’accordo medesimo.
 
Tenendo conto di questi parametri si può ritenere che la rinuncia integrale agli interessi di mora costituisca una clausola non solo vessatoria ai sensi dell’art. 1341 comma 2 cc ma gravemente iniqua, perché vanifica senza giustificazioni oggettive gli strumenti dissuasivi adottati a livello comunitario contro i ritardi nei pagamenti ed espone le imprese a rilevanti oneri finanziari e organizzativi e al rischio di insolvenza. Vi è in sostanza una palese sproporzione tra il vantaggio economico riconosciuto all’amministrazione e il sacrificio imposto ai creditori. Di conseguenza la clausola deve essere considerata nulla e come tale irrilevante ai fini della partecipazione alla gara.
 
6. Un altro motivo di ricorso si collega alla presunta violazione dell’art. 13 comma 7 della legge 11 febbraio 1994 n. 109. In base a questa norma quando nell’oggetto dell’appalto rientrino, oltre ai lavori prevalenti, opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, e qualora una o più di tali opere superi in valore il 15% dell’importo totale dei lavori, le stesse non possono essere affidate in subappalto e sono eseguite esclusivamente dai soggetti aggiudicatari (eventualmente riuniti in associazioni temporanee di tipo verticale). L’appalto in questione (v. punto 3.5 del bando) ha un valore complessivo pari a € 2.751.000 (IVA esclusa), di cui € 1.900.064,77 per lavorazioni rientranti nella categoria generale OG1 (edifici civili e industriali) e € 850.935,23 per lavorazioni rientranti nella categoria generale OG11 (impianti tecnologici). Per entrambe le categorie è richiesta la qualificazione obbligatoria.
 
Poiché le due società mandanti dell’ATI aggiudicataria hanno dichiarato di voler subappaltare ai sensi dell’art. 18 comma 3 della legge 19 marzo 1990 n. 55 alcune lavorazioni appartenenti a categorie speciali, e precisamente opere elettriche (OS30), opere idrauliche (OS28) e opere idriche (OS03), e poiché nel caso in esame la categoria OG11 (che riguarda un insieme coordinato di impianti tecnologici, compresi quelli elettrici e idrico-sanitari) copre circa il 30% del valore dell’appalto, le ricorrenti sottolineano che sarebbe stato superato il limite del 15% previsto dell’art. 13 comma 7 della legge 109/1994 con la conseguente violazione del divieto di subappalto.
 
L’argomento non può essere condiviso.
 
6.1 Prima di affrontare il caso particolare sono necessarie alcune considerazioni preliminari:
 
a) è conforme al diritto comunitario un’interpretazione delle norme interne diretta a limitare il divieto di subappalto per consentire la più ampia applicazione del principio di avvalimento. Tale principio, individuato dalla giurisprudenza comunitaria (C.Giust. 2.12.1999 C-176/98 ************), è ora codificato negli art. 47 comma 3 e 48 comma 3 della direttiva 2004/18/CE. La libertà delle forme giuridiche riconosciuta da queste norme consente di inserire anche il subappalto tra i mezzi con cui le imprese possono dimostrare di disporre delle capacità economiche e professionali di altri soggetti;
 
b) la categoria generale OG11, pur richiedendo la qualificazione obbligatoria, è in effetti una sommatoria di categorie speciali. In relazione alle scelte dei singoli progettisti il contenuto tecnologico e la complessità tecnica delle lavorazioni contenute nelle categorie speciali può variare notevolmente. Di conseguenza l’uso della categoria OG11 nei bandi di gara è giustificato se il livello di complessità delle lavorazioni speciali rimane su valori medi (secondo le norme tecniche di settore). In questo caso la qualificazione in OG11 può assorbire le qualificazioni delle categorie speciali, in quanto vale la presunzione che un soggetto qualificato in OG11 sia in grado di svolgere mediamente tutte le lavorazioni speciali contenute in questa categoria generale (v. in proposito la deliberazione dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici n. 83 del 12 maggio 2004). Se invece il progetto presenta lavorazioni molto complesse o contenuti tecnologici particolari il bando deve chiedere la specifica qualificazione prevista per queste lavorazioni mantenendo in via residuale l’obbligo di qualificazione in OG11 per le lavorazioni speciali di minore complessità;
 
c) il divieto di subappalto ex art. 13 comma 7 della legge 109/1994 è stabilito con riferimento alle categorie speciali e quindi di per sé non sarebbe applicabile alla OG11. La giurisprudenza (CS IV Sez. 19.10.2004 n. 6701; CS VI Sez. 19.8.2003 n. 4671) ha però dedotto dal carattere composito di questa categoria la necessità di individuare all’interno della stessa le lavorazioni rientranti in categorie speciali (secondo la definizione dell’art. 72 comma 4 del DPR 21 dicembre 1999 n. 554) e di effettuare su ciascuna di tali lavorazioni singolarmente considerate la verifica del superamento della soglia del 15% dell’importo totale dei lavori;
 
d) l’art. 74 comma 2 del DPR 554/1999 vieta alle imprese qualificate nella sola categoria prevalente di eseguire le lavorazioni riferite alle categorie speciali in mancanza della relativa qualificazione. Le medesime lavorazioni sono però subappaltabili con i limiti previsti dall’art. 13 comma 7 della legge 109/1994. Poiché quest’ultima norma si riferisce a lavori di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica si può ritenere che il divieto di subappalto non riguardi tutte le categorie speciali che potrebbero rientrare nella categoria generale OG11 ma solo quelle che a causa della presenza di lavorazioni altamente specialistiche richiedono necessariamente un’apposita qualificazione, ossia quelle per le quali non sarebbe sufficiente il possesso della generica qualificazione in OG11;
 
e) in questo modo il divieto di subappalto non opera come un ostacolo alla libertà di organizzazione delle imprese ma come una garanzia circa il possesso della qualificazione. Quando la qualificazione è presente (sia pure attraverso il principio di assorbimento tra categorie generali e speciali) non vi sono ragioni per vietare il subappalto. Se invece la qualificazione è assente, e si tratta di categorie speciali con un peso rilevante (per definizione legislativa oltre il 15% dell’importo totale dei lavori), prevalgono le esigenze di controllo della professionalità dell’appaltatore ed è richiesta la formazione di un’associazione temporanea di tipo verticale.
 
6.2 Nel caso in esame il bando di gara non esige oltre alla qualificazione in OG11 delle ulteriori qualificazioni in categorie speciali, mentre prevede espressamente la facoltà di subappalto. Inoltre nella nota del 4 ottobre 2004 in risposta ai quesiti pervenuti la stazione appaltante ha chiarito che la qualificazione nelle sole categorie OS28 e OS30 non è idonea a sostituire la qualificazione nella categoria OG11. Da questo si può desumere che il progetto comprende un insieme coordinato di impianti ma non lavorazioni altamente specialistiche. In particolare le opere elettriche (OS30) e quelle idrauliche (OS28) non sono considerate di impegno tale da richiedere una qualificazione specifica. Coerentemente con questa impostazione nel bando di gara non sono indicate né quantificate le diverse lavorazioni che rientrano nelle categorie speciali collegate alla categoria generale OG11. La conseguenza è che, in assenza di lavorazioni altamente specialistiche, non vi sono i presupposti per applicare il divieto di subappalto, e (in via subordinata) manca comunque la possibilità di stabilire se le singole categorie speciali subappaltate dalle mandanti dell’ATI controinteressata superino la soglia del 15% dell’importo totale dei lavori.
 
Gli elementi offerti nel ricorso non contraddicono queste conclusioni. In particolare il ricorso non dimostra l’erroneità delle indicazioni del bando di gara e la necessità di qualificazione per le categorie speciali (o almeno per alcune di queste). Con riferimento poi all’entità delle singole categorie speciali subappaltate si può individuare un indizio contrario al superamento della soglia del 15% nella circostanza che il progetto in questione comprende, accanto a quelle sopra descritte, altre categorie speciali relative agli impianti tecnologici, che le stesse ricorrenti (come risulta dal doc. 2 allegato alla memoria della stazione appaltante del 17 gennaio 2005) hanno indicato quali oggetto di subappalto: impianti elettromeccanici trasportatori (OS4) e impianti di trazione elettrica (OS27).
 
7. La questione della qualificazione torna sotto un altro profilo nel successivo motivo di ricorso, che lamenta la violazione dell’art. 13 comma 1 della legge 109/1994. Poiché nell’atto di impegno alla costituzione dell’ATI controinteressata le imprese coinvolte non specificano le rispettive quote di partecipazione all’interno dell’ATI, le ricorrenti sostengono che sarebbe impossibile verificare la ripartizione dei requisiti di qualificazione tra la mandataria e le mandanti e dunque non vi sarebbe la certezza del possesso delle necessarie qualificazioni.
 
La tesi non può essere condivisa. Le informazioni sulla qualificazione sono contenute nei certificati SOA presentati dalle singole imprese. Il bando di gara (punto 15.h) disciplina il riparto dei requisiti di partecipazione tra i partecipanti alle associazioni temporanee rinviando all’art. 95 del DPR 554/1999. Tenendo conto delle categorie di lavori indicate nelle qualificazioni SOA e delle dichiarazioni rilasciate dalle imprese circa il subappalto di alcune opere, la stazione appaltante era in grado sia di ricostruire la suddivisione dei compiti all’interno dell’associazione temporanea sia di accertare il possesso dei requisiti necessari. La stazione appaltante poteva inoltre chiedere chiarimenti e precisazioni alle imprese e svolgere ulteriori verifiche una volta acquisito l’atto di costituzione dell’associazione temporanea.
 
8. Le ricorrenti lamentano poi una duplice violazione dell’obbligo di deposito del certificato di iscrizione alla Camera di commercio con la dicitura antimafia (busta A documentazione lett. d). Da un lato infatti una delle mandanti dell’ATI aggiudicataria ha presentato una visura priva di queste caratteristiche e dall’altro l’attestazione antimafia relativa al Consorzio Stabile *** non è estesa alle imprese consorziate. Poiché la documentazione è richiesta a pena di esclusione l’ATI aggiudicataria non avrebbe dovuto essere ammessa al seguito della procedura di gara.
 
La tesi non può essere condivisa. La visura senza valore di certificazione ordinaria presentata da una delle mandanti al posto del certificato di iscrizione alla Camera di commercio è un elemento significativo sia per la provenienza sia per il contenuto e dunque doveva essere preso in considerazione, fermo restando il potere della stazione appaltante di chiedere chiarimenti o documenti integrativi secondo il principio ex art. 51 della direttiva 2004/18/CE. Di conseguenza l’esclusione avrebbe potuto essere disposta solo se l’impresa si fosse rifiutata di ottemperare a un espresso invito a presentare ulteriori documenti.
 
Per quanto riguarda la dicitura antimafia contenuta nel certificato prodotto dal Consorzio Stabile *** si osserva che la stessa è in effetti riferita al consorzio e agli amministratori dello stesso ma non anche alle imprese consorziate come invece previsto dall’art. 2 comma 3 lett. c) del DPR 3 giugno 1998 n. 252. Questa lacuna non è tuttavia sufficiente per applicare la sanzione dell’esclusione dalla gara. In primo luogo occorre considerare che i nomi degli amministratori del consorzio coincidono con quelli dei rappresentanti delle imprese consorziate indicati nell’atto costitutivo del consorzio. Poiché una delle imprese è una ditta individuale in questo caso la verifica antimafia può considerarsi completa. Per le altre imprese, che hanno forma societaria, la verifica sui rappresentanti è un elemento significativo che legittima l’integrazione documentale. D’altra parte il fatto che il certificato sia stato predisposto dalla Camera di commercio secondo una procedura standardizzata impone di tutelare l’affidamento del Consorzio Stabile *** circa l’idoneità del documento a soddisfare l’onere di informazione previsto per la partecipazione alla gara.
 
9. Con l’ultimo motivo le ricorrenti lamentano la violazione delle prescrizioni di gara (busta A documentazione lett. e; pag. 7 primo paragrafo) che impongono a ciascuna delle imprese di un’ATI costituenda di presentare una polizza fideiussoria a titolo di cauzione provvisoria. Nello specifico la polizza è stata rilasciata nell’interesse della mandataria e di una soltanto delle mandanti.
 
Neppure in questo caso si può tuttavia ritenere che la lacuna comporti la sanzione dell’esclusione. Innanzitutto si deve sottolineare che la seconda mandante, anche se non menzionata nel testo della polizza, ha apposto la sottoscrizione in qualità di contraente, e quindi nell’interpretazione del contratto si può ritenere che il fideiussore si sia obbligato rispetto a tutte le imprese che compongono l’ATI aggiudicataria. Se così non fosse, e si dovesse viceversa ritenere che la polizza è esclusivamente a favore della mandataria e di una delle mandanti, la conclusione ai fini della partecipazione alla gara non sarebbe comunque diversa. Questo perché nell’applicazione delle regole che disciplinano la gara, anche quando sono rafforzate dalla clausola dell’esclusione, occorre sempre valutare se le lacune e le imperfezioni presenti nelle domande dei concorrenti siano idonee a provocare un danno alla stazione appaltante o se l’eventuale sanatoria incida sulla posizione degli altri concorrenti (con violazione della par condicio). Quando questi inconvenienti non si verificano si riespande l’interesse pubblico alla massima partecipazione.
 
Nel ricorso in esame viene in rilievo solo la posizione della stazione appaltante. La polizza fideiussoria prestata a titolo di cauzione provvisoria garantisce infatti contro la mancata sottoscrizione del contratto e non interferisce con il contenuto o la valutazione delle offerte. L’art. 13 commi 2 e 5 della legge 109/1994, in connessione con il precedente art. 10 comma 1 lett. d), qualifica come solidale la responsabilità delle imprese che, seppure non ancora riunite in associazione temporanea, si siano impegnate in questo senso e abbiano sottoscritto congiuntamente l’offerta. Qualora si realizzi l’ipotesi della mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’aggiudicatario la stazione appaltante non è quindi tenuta a individuare il soggetto responsabile all’interno dell’ATI costituenda ma può esigere il pagamento dell’intera cauzione da una qualsiasi delle imprese rimanendo estranea ai rapporti intercorrenti tra le stesse. Di conseguenza il fatto che qualcuna delle imprese non sia coperta da polizza fideiussoria non determina una diminuzione delle garanzie per la stazione appaltante, il che a sua volta priva di utilità la misura dell’esclusione dalla gara (v. in proposito CS V Sez. 25.1.2003 n. 356).
 
Il ricorso deve quindi essere respinto sia nella parte impugnatoria sia per quanto riguarda la domanda di risarcimento danni. La complessità di alcune questioni consente l’integrale compensazione delle spese di giudizio.
 
P.Q.M.
 
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione staccata di Brescia, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.
 
Le spese sono integralmente compensate.
 
Così deciso, in Brescia, nella camera di consiglio del 5 maggio 2006, con l’intervento dei Signori:
 
****************** – Presidente
 
************ – Giudice relatore est.
 
************************* – Giudice
 
 
NUMERO SENTENZA 1349 / 2006
DATA PUBBLICAZIONE 26 – 10 – 2006
 

Lazzini Sonia

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