Ai fini contabili e di trasparenza della gestione condominiale, le quote dovute da ogni singolo condomino e l’eventuale mora nei pagamenti delle predette spese devono essere elaborate e conservate dall’amministratore, ma anche divulgate a tutti i condòmini, non solo in assemblea e in sede di rendicontazione periodica, ma anche su richiesta di ciascun condomino, e tanto al fine di consentire agli stessi il controllo sulla situazione contabile del condominio.
Pertanto, ogni condomino ha diritto a conoscere, se presenti, delle eventuali esposizioni debitorie degli altri condòmini.
Tuttavia, la divulgazione degli anzidetti dati personali deve avvenire con le modalità di cui all’art. 11 del Codice della Privacy (D.Lgs. 196/2003) e, pertanto: “a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati; d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati; e) conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati”.
In altri termini, l’amministratore di condominio deve utilizzare tutte le necessarie precauzioni affinché detti dati non vengano visionati da soggetti estranei al condominio.
Il Tribunale di Taranto, con la sentenza pubblicata in data 29 aprile 2016, conformemente a quanto già statuito dalla Corte di Cassazione (Cass. 186/2011), a tal proposito ha ritenuto che: “l’affissione nella bacheca dell’androne condominiale del dato personale concernente le posizioni di debito del singolo condomino va al di là della giustificata comunicazione dell’informazione ai soggetti interessati nell’ambito della compagine condominiale; tale affissione, infatti, avvenendo in uno spazio accessibile al pubblico, non solo non è necessaria ai fini dell’amministrazione comune, ma, soprattutto, si risolve nella messa a disposizione di quei dati in favore di una serie indeterminata di persone estranee e, quindi, in una indebita diffusione, come tale illecita e fonte di responsabilità civile, ai sensi degli artt. 11 e 15 del codice”.
La vicenda trae origine dal giudizio intentato da un condomino, nei confronti diretti dell’amministratore, perché lo stesso in violazione dell’accordo transattivo intervenuto in assemblea, con il quale si è decisa l’approvazione di nuove tabelle millesimali, in sostituzione delle precedenti siccome errate, ha viceversa continuato a richiedere pagamenti per quote condominiali elaborate sulle tabelle antecedenti creando, pertanto, morosità non veritiere in danno del condominio attore.
Peraltro, dell’anzidetta (fittizia) morosità l’amministratore oltre ad informare in assemblea gli altri condòmini, ha ritenuto legittimo anche darne divulgazione mediante affissione nella bacheca, presente nell’androne condominiale, dell’elenco contenente il nominativo dei condòmini asseritamente non in regola con i pagamenti, così creando un grave danno all’immagine, all’onore e al decoro del condomino che, pertanto, pretendeva di essere risarcito dall’amministratore.
Questi, costituendosi in giudizio, contestava la domanda attorea e, in ogni caso, chiamava in giudizio l’intero condominio – cui attribuiva il ritardo nel conferimento dell’incarico al tecnico designato per l’elaborazione delle nuove tabelle millesimali – al fine di essere tenuto indenne dal pagamento delle somme che eventualmente sarebbe stato condannato a pagare.
Si costituiva in giudizio il condominio affermando l’esclusiva responsabilità dell’amministratore, chiamando in causa a sua volta la compagnia di assicurazioni.
La domanda viene ritenuta fondata dal Tribunale di Taranto, che condanna l’amministratore di condominio a risarcire il danno cagionato al condomino, quantificato in Euro 30.000, con condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali di tutte le parti in causa.
Il Giudice premette come: “Sul piano degli obblighi principali dell’amministratore-mandatario (individuati in base alla disciplina codicistica vigente ratione temporis,per i fini che qui rilevano) viene in considerazione quello di “eseguire le delibere assembleari” “curare l’osservanza del regolamento di condominio” “riscuotere i contributi” “rendere il conto della gestione” (art.1130 c.c.); il rendiconto è indefettibilmente correlato alla redazione degli atti contabili preventivi e consuntivi”.
Lo stesso, sostiene la Corte, anche in considerazione della mancata redazione delle nuove tabelle millesimali e stante la vigenza di quelle precedenti, ritenute errate, avrebbe dovuto quanto meno, stante “la pressante esigenza di riscuotere i contributi condominiali, a fronte delle determinazioni assembleari di revisione dei conteggi e di superamento dei precedenti riparti, interpellare l’adunanza assembleare”
Pertanto, l’amministratore avrebbe disatteso gli obblighi rinvenienti dal contratto di mandato oltre che la volontà assembleare.
Fatta questa doverosa premessa il Tribunale ionico ritiene che l’amministratore oltre ad essere responsabile contrattualmente, “attuando una condotta integrante mala gestio”, avrebbe anche violato “il precetto del neminem laedere (art.2043 c.c.), cagionando un vulnus a beni fondamentali della persona, tenendo conto dell’incisione dell’onore, del decoro, dell’immagine del condomino-professionista, ingiustamente indicato come “moroso” nel corso dell’assemblea del 24.11.2011 (come confermato dal teste B.A.) e nell’elenco affisso nella bacheca condominiale (cfr. deposizione del teste S.V. e dichiarazioni del M.)”.
Peraltro, il comportamento antigiuridico dell’amministratore risulta vieppiù aggravato dalla circostanza per cui la presunta morosità è stata attribuita al condomino in mancanza dei reali presupposti.
Motivo per cui lo stesso deve rispondere personalmente – sia in via contrattuale che extracontrattuale – dei danni all’immagine arrecati al condomino attore.
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