L’annullamento della gara può essere fonte di responsabilità civile precontrattuale oppure di responsabilità da atto lecito dannoso
Per quanto riguarda l’abbandono della gara da parte del Comune si possono formulare le seguenti osservazioni:
in generale nel corso di una procedura di gara l’amministrazione aggiudicatrice può sempre esercitare il proprio ius poenitendi quando ritenga che l’appalto non corrisponde più a un interesse pubblico;
questa scelta incide però negativamente su coloro che hanno confidato in buona fede nella normale conclusione della gara e pertanto, se contiene profili di illegittimità, è fonte di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c., mentre nel caso opposto è fonte di responsabilità da atto lecito dannoso (fattispecie ora codificata nell’art. 21-quinquies della legge 7 agosto 1990 n. 241);
i due tipi di responsabilità hanno caratteristiche diverse (non solo nei presupposti ma anche, in alcuni casi, nella misura del ristoro del danno subito) tuttavia concorrono a definire un continuum nella copertura delle conseguenze negative dei comportamenti dell’amministrazione aggiudicatrice, a tutela dei soggetti che entrano in contatto con la stessa. Poiché il conseguimento del ristoro non deve essere reso eccessivamente difficile si può ritenere che le due azioni non siano alternative ma piuttosto in rapporto di continenza, nel senso che ove fallisca la dimostrazione dell’illegittimità del comportamento dell’amministrazione rimane comunque ammissibile l’esame del danno da fatto lecito;
nel presente ricorso abbiamo sia comportamenti illegittimi (la decisione di escludere la ricorrente dalla gara per inidoneità dell’offerta) sia comportamenti legittimi (la decisione di indire una nuova procedura per utilizzare il contributo regionale). Con riguardo a questa seconda decisione, è vero che il Comune aveva tra le opzioni disponibili anche quella di riversare il contributo regionale nella gara a cui ha partecipato la ricorrente (dal momento che accanto alla gestione del servizio erano previsti anche lavori sugli impianti) ma una simile soluzione poteva effettivamente risultare complicata, e quindi appare ragionevole la scelta di indire una gara specifica, collegata al contributo regionale, per le opere di riqualificazione tecnologica e di adeguamento della rete;
anche se non vi è più interesse a una pronuncia che annulli gli atti della gara a cui ha partecipato la ricorrente, trattandosi di una procedura ormai abbandonata, i danni collegati alla partecipazione devono essere risarciti. In proposito occorre sottolineare che quando la commissione di gara ha deciso (illegittimamente) di escludere la ricorrente (17 ottobre 2008) non era ancora stato approvato il progetto definitivo per la richiesta del contributo regionale (l’atto di approvazione è la deliberazione giuntale n. 130 del 15 novembre 2008). Storicamente il danno si è quindi prodotto prima che vi fosse una nuova valutazione dell’interesse pubblico da parte del Comune;
in via subordinata, se anche si ritenesse che l’attivazione della seconda procedura (legittima) renda irrilevanti i vizi della prima, rimarrebbe comunque aperta la via del ristoro del danno da atto lecito. Del resto non sarebbe coerente con i principi dell’ordinamento riconoscere all’amministrazione la possibilità di negare il ristoro dei danni subiti dai privati intervenendo a posteriori con una nuova motivazione in grado di individuare profili di interesse pubblico non considerati in precedenza.
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