I presupposti oggettivi dell’azione prevista dall’art. 2041 c.c. (1) sono il difetto di giusta causa, l’arricchimento, la diminuzione patrimoniale, il nesso di reciprocità (o di correlazione) e la sussidiarietà.
Per sussidiarietà, all’uopo, deve intendersi la mancanza di un’altra azione esperibile: l’azione ex art. 2041 è, quindi, improponibile quando sia possibile ottenere in un altro modo lo stesso risultato (2).
Il concorso con altre azioni esperibili è possibile soltanto in relazione a pretese che abbiano un diverso oggetto. L’attore processuale, comunque, potrebbe prospettare, in via principale, la pretesa più specifica e chiedere, in via subordinata, l’applicazione della tutela generale: se l’azione non viene invocata almeno in via subordinata, si ritiene che il giudice non abbia il potere di sostituirla d’ufficio.
L’art. 2041 è, quindi, norma generale e residuale (3).
Nel diritto romano non esisteva una vera e propria azione generale così come prevista all’art. 2041 c.c. bensì una condictio sine causa per ottenere la restituzione di quanto fosse stato dato in base ad una giustificazione mancante ab origine o venuta meno ex post.
Nell’ordinamento italiano vigente, si ravvisa giusta causa (ovvero giustificazione giuridica) nella presenza di un titolo legale (o specifica disposizione di legge) o negoziale anche se invalido (es. contratto nullo, esecuzione di atto amministrativo in seguito annullato ed anche se l’annullamento operi retroattivamente), purchè idoneo a sorreggere gli effetti-presupposti oggettivi.
Non sono ritenute, invece, condizione per l’esercizio dell’azione, ad es., le propagazioni economiche delle iniziative dei soggetti, ove si tratti di conseguenze collaterali o riflesse, nonché le sperequazioni prodotte dalla svalutazione monetaria e dall’imposizione di vincoli nel quadro del piano urbanistico.
L’iniziativa volontaria dell’impoverito di arricchire la controparte escluderebbe l’azione quasi come se la volontà fosse sinonimo di giusta causa dell’arricchimento. Tuttavia, sarebbe irrilevante la colpa ed il fatto volontario dell’impoverito: la riconducibilità eziologica dell’impoverimento alla volontà del depauperato, ove non esista un titolo giustificativo, dovrebbe reputarsi inconferente, salva l’applicabilità dei principi di diritto, correttezza e buona fede.
L’azione sarebbe esperibile anche in caso di arricchimento imposto (ovvero nel caso in cui l’arricchito si rifiuti di ricevere la prestazione causa d’arricchimento), ad es., in ambito di lavoro subordinato (es. occupazione della fabbrica e sciopero alla rovescia) e di atti processuali (decreto ingiuntivo) non opposti e divenuti esecutivi (es. interessi già pagati dal cessionario al cedente).
L’azione è esclusa se il vantaggio è soltanto morale o se è eventuale o futuro, ad es. quando si tratti di sfruttamento dell’invenzione di un cittadino da parte dello Stato: in tale ultimo caso, tuttavia, l’esercizio del diritto d’autore sarebbe idoneo a provocare un ingiusto vantaggio. Non corrisponde, però, un’effettiva diminuzione patrimoniale altrui nel caso in cui un soggetto si limiti a trarre profitto dall’altrui opera dell’ingegno non protetta con la disciplina del diritto d’autore.
L’ammontare dell’arricchimento, poi, va determinato in base a considerazioni complessive di carattere patrimoniale ed a tutte le conseguenze economiche del fatto (4).
Accertata l’esistenza dei presupposti ex art. 2041 c.c., resta da valutare la natura giuridica dell’indennizzo scaturente. All’uopo, può affermarsi che l’indennizzo sia qualificabile come obbligazione di valore: pertanto, bisogna fare riferimento ai valori monetari in corso al momento della domanda ed è ammessa una rivalutazione d’ufficio. Gli interessi decorrerebbero dalla data della domanda o dal momento dello spostamento patrimoniale.
L’azione sarebbe esperibile nel caso di attività che comporti spese e si svolga a detrimento di altre iniziative economicamente vantaggiose (es. stesura di un progetto da parte di un professionista).
Segnatamente, arricchimento e depauperamento devono essere legati da un nesso di causalità diretto ed immediato derivante da un unico fatto generativo dell’uno e dell’altro effetto (5).
La correlazione sarebbe, quindi, da escludere nel caso di attribuzioni patrimoniali di cui si sia avvantaggiato un soggetto diverso dal destinatario e, quindi, ad es., nel caso in cui si convenga in giudizio un terzo che ha ricevuto una somma da un soggetto (destinatario della medesima somma da altro individuo, ricorrente in giudizio) per la conclusione di un affare diverso che quest’ultimo avrebbe, invece, dovuto concludere con il datore originario (e ricorrente) della somma: quindi, la correlazione diretta sarebbe esclusa qualora l’arricchimento sia conseguito attraverso la mediazione di un terzo.
Si ritiene l’esperibilità dell’azione a condizione che almeno uno dei soggetti sia un privato, non quando entrambi siano enti pubblici.
La qualità di impoverito o di arricchito può essere ricoperta da un ente riconosciuto di diritto privato ovvero società o da un ente riconosciuto di diritto pubblico ovvero la P.A.: in tale ultimo caso, però, a condizione che l’ente sia addivenuto alla concreta utilizzazione dell’opera o della prestazione così da manifestare, almeno implicitamente, di aver riconosciuto l’utilità dell’attività altrui. All’uopo, la valutazione dell’arricchimento potrebbe rientrare nelle competenze della giurisdizione civile cui spetterebbe il sindacato sui criteri di quantificazione dell’arricchimento.
Sostanzialmente, in conclusione, l’arricchimento andrebbe rimborsato, ex art. 2041 c.c., soltanto nei limiti dell’altrui impoverimento, se l’arricchimento è maggiore rispetto a quest’ultimo: se, invece, l’impoverimento è maggiore rispetto all’altrui arricchimento, l’impoverimento andrebbe indennizzato nei limiti dell’altrui arricchimento.
NOTE
1- Cass. Sez. un. 2 febbraio 1963 n. 183 in RFI, 1963.
2- Per approfondimenti, G. ANDREOLI, L’ingiustificato arricchimento, Milano, 1940; L. BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, 2^ ediz., Milano, 1948; BARBERO, Sistema istituzionale del diritto privato, 4^, Torino, 1955, II.
3- Per approfondimenti, E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, Milano, 1954; C. M. BIANCA, Diritto civile – La responsabilità, 5, Milano, 1995; CASTIONI, Il divieto di ingiusto arricchimento come principio generale di diritto, in Riv. Dir. Comm., 1925, I, 340; R. DE NOVA, Obbligazioni, in Enc. Dir., XXIX, 496; DI MAJO, La tutela civile dei diritti, Milano, 1993.
4- Per approfondimenti, GALLO, L’arricchimento senza causa, Padova, 1990; MASSARI, Intorno all’azione di arricchimento senza causa, in Giust. Civ., 1953, pagg.695-716; U. MORI-CHECCUCCI, L’arricchimento senza causa, Firenze, 1943; P. RESCIGNO, Trattato di diritto privato- Obbligazioni e contratti, I, Torino, 1984.
5- Per approfondimenti, ROTONDI, L’indebito arricchimento, in Riv. Dir. Comm., 1924, I, 374, 505; SACCO, L’arricchimento ottenuto mediante fatto ingiusto, Torino, 1958; SANTI ROMANO, Principi di diritto amministrativo italiano, Milano, 1906.
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