Ai fini della determinazione dell’assegno divorzile, ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 L. 898/1970 e s.m.i., occorre aver riguardo alle condizioni attuali degli ex coniugi, parametrate al tenore di vita di vita tenuto dagli stessi in costanza di matrimonio, e tanto a prescindere dal contenuto patrimoniale del pronunciamento operato in sede di separazione dei coniugi.
Questo è il principio di diritto espresso dalla I sezione civile della Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 12542, pubblicata in data 17 giugno 2016.
La vicenda giudiziaria vede contrapposti, in sede di cessazione degli effetti civili del matrimonio, gli ex coniugi, uno dei quali si lagna della valutazione compiuta dalle Corti di merito in relazione alla determinazione dell’assegno divorzile.
Questi propone ricorso per la cassazione della sentenza deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma VI, della legge n. 898/1970 perché, a suo dire, sia il Tribunale che la Corte d’Appello, non avrebbero tenuto conto del notevole lasso di tempo (14 anni) intercorso tra l’omologazione della separazione consensuale e la pronuncia di divorzio.
La Corte di Cassazione, rilevata preliminarmente la manifesta inammissibilità della questione che, pertanto, può essere risolta “per le vie brevi”, ex art. 375 c.p.c., con ordinanza resa in camera di consiglio, considerato vieppiù che, per pacifica e costante giurisprudenza, l’assegno di divorzio deve essere fissato – ricorrendone tutti i presupposti per la concessione – con riferimento all’attualità ovvero debba tener conto delle condizioni reddituali e patrimoniali dei coniugi al momento della pronuncia di divorzio (Cfr.: Cass. n. 20582/2010), osserva che “è proprio a tale momento che i giudici di merito hanno fatto riferimento nella presente controversia per determinare l’ammontare dell’assegno. Né può dirsi irrilevante il raffronto con il tenore di vita goduto dai coniugi nel corso del matrimonio specificamente quando non vi è nessun elemento per ritenere che esso sia sostanzialmente mutato nel lungo periodo intercorso tra la separazione e il divorzio, come nel caso in esame”.
In altri termini, qualora al momento del divorzio non sussistano più le condizioni economiche e patrimoniali tenute in costanza di matrimonio, la mutata consistenza economica dei coniugi deve essere necessariamente allegata e provata, a prescindere dal dato temporale tra la pronuncia di separazione e quella di divorzio.
Per completezza espositiva, chiariti i parametri sulla scorta dei quali determinare l’assegno divorzile occorre considerare che, prima della determinazione dell’importo, è necessario verificare la sussistenza delle condizioni per la concessione del suddetto assegno.
A tal proposito la giurisprudenza ha chiarito come: “l’accertamento del diritto all’assegno divorzile si articola in due fasi, nella prima delle quali il giudice verifica l’esistenza del diritto in astratto, in relazione all’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto, mentre nella seconda procede alla determinazione in concreto dell’ammontare dell’assegno, che va compiuta tenendo conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione e del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, nonché del reddito di entrambi, valutandosi tali elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio. Nell’ambito di questo duplice accertamento assumono rilievo, sotto il profilo dell’onere probatorio, le risorse reddituali e patrimoniali di ciascuno dei coniugi, quelle effettivamente destinate al soddisfacimento dei bisogni personali e familiari, nonché le rispettive potenzialità economiche” (Cass. civ., 9.06.2015, n. 11870), essendo a tal uopo necessario anche dimostrare l’oggettiva impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per conseguire un tenore di vita analogo a quello mantenuto in costanza di matrimonio (Cfr.: Cass. n. 21080/2004; Cass. n. 11975/2003; Cass. n. 2892/1994).
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