1. La disciplina normativa
L’assistente dell’insegnante non vedente è una figura istituita dalla legge ormai da tanti anni e che, quindi, occorre oggi esaminare per i riflessi sulle più recenti normative che, a vario titolo, possono interessare l’insegnante stesso.
L’art. 2 della legge n. 601/1962 dispone che l’assistente sia una persona di fiducia dell’insegnante, scelta da quest’ultimo, ma con un limite: infatti, tale persona deve avere il gradimento del dirigente scolastico. L’insegnante è tenuto a comunicare per iscritto, all’inizio di ogni anno scolastico, nominativo, recapito e qualifica dell’assistente prescelto al capo d’Istituto, il quale però può anche non concedere il nulla osta. La legge, pertanto, consente all’insegnante di scegliere il suo assistente, ma questo deve essere gradito anche al capo d’Istituto che, in caso negativo, invita l’insegnante cieco a designare altra persona. Tale potere del dirigente scolastico è comprensibile, ove si consideri che l’assistente finisce con l’essere una presenza costante nella scuola e, quindi, deve essere possibile sindacare la compatibilità di tale persona anche con l’organizzazione complessiva della scuola.
Naturalmente, non si dovrebbe consentire una esclusione arbitraria dell’assistente da parte del dirigente scolastico, il cui mancato gradimento dovrebbe comunque essere legittimato dalla necessità di far prevalere giustificate esigenze della scuola su quelle fiduciarie dell’insegnante non vedente.
Una volta designato l’assistente e ottenuto il nulla osta del dirigente scolastico, l’assistente assume le caratteristiche di una tendenziale stabilità. Infatti, l’art. 3 della legge 601 prevede che l’insegnante possa sì sostituire l’assistente in qualsiasi momento dell’anno scolastico, ma solo per giustificati motivi e previa autorizzazione del capo d’Istituto.
Esaminiamo questi limiti: innanzi tutto, l’insegnante non può sostituire il suo assistente arbitrariamente, ma deve espressamente giustificare i motivi che causano la sostituzione; in caso contrario, la sostituzione non può considerarsi ammissibile.
In secondo luogo, occorre anche l’autorizzazione del dirigente scolastico, il quale può quindi rifiutare il nuovo assistente, ma non può obbligare l’insegnante a mantenere il precedente assistente, salvo in un caso e, cioè, quando l’insegnante non abbia addotto giustificati motivi per la sostituzione.
L’art. 2 della legge n. 601 prevedeva, originariamente, che l’assistente dovesse obbligatoriamente assistere gli insegnanti ciechi nelle ore destinate allo svolgimento di elaborati scritti; ciò peraltro al solo fine del controllo disciplinare. Tale obbligo fu esteso, dall’art. 9 della legge n. 946/1967, a tutte le ore di lezione effettuate dall’insegnante cieco per le classi della scuola media.
L’obbligo dell’assistenza, derivante da un’imposizione potenzialmente lesiva della dignità professionale e dell’autonomia degli insegnanti non vedenti, fu infine abrogato dall’art. 61 della legge n. 270/1982 che, finalmente, consentì la facoltatività della presenza dell’assistente.
Oggi, pertanto, è l’insegnante cieco a dover decidere se dotarsi o meno di un assistente, in base ad una valutazione che dovrebbe tener conto, a parere di chi scrive, della condizione complessiva della classe, dell’età e del grado di maturazione degli alunni e delle conseguenti necessità di controllo tramite un terzo.
Occorre peraltro approfondire i riflessi giuridici della presenza (o dell’assenza) di un eventuale assistente.
2. Il trattamento dei dati personali operato dall’assistente
E’ opportuno approfondire, innanzi tutto, le conseguenze che l’assistente provoca in materia di trattamento di dati personali nella scuola.
Partiamo da un esempio pratico: con riferimento ai temi in classe, attinenti alla sfera personale o familiare degli alunni (ad es. “La mia famiglia”, “Racconta la tua domenica”, etc.) il Garante della Privacy ha osservato che, nello svolgimento della loro attività, gli insegnanti possono venire a conoscenza di determinate situazioni personali e familiari, anche di natura sensibile, degli studenti (ciò non soltanto in occasione dei temi in classe). Naturalmente, rispetto a questi dati, rimangono fermi gli obblighi di riservatezza già previsti per il corpo docente nell’ambito del segreto d’ufficio e professionale, rafforzati da quelli relativi alla conservazione dei dati personali contenuti nei temi degli alunni (art. 11 Codice della Privacy).
Tuttavia, se una persona scelta dal docente non vedente accede a questi dati, sia pure nella sua qualità di assistente prevista dalla legge, occorre precisare l’ambito del trattamento eventualmente consentito. Infatti, l’assistente non accede ai dati personali degli studenti nella qualità di insegnante e, pertanto, il suo trattamento deve essere rigorosamente circoscritto.
Pertanto, quando l’insegnante non vedente comunica la decisione di avvalersi dell’assistente, questa persona deve essere specificamente incaricata del relativo trattamento ai sensi dell’art. 30 del Codice della Privacy. L’assistente, quindi, sarà designato per iscritto, e l’ambito del trattamento consentitogli sarà individuato puntualmente, nell’ambito delle istruzioni impartite dal Titolare o dal Responsabile del trattamento (che dovranno riferirsi alle necessità di trattamento indicate dal docente non vedente).
In generale, si può affermare che molte delle operazioni di trattamento di dati personali implicano l’utilizzo del senso della vista; anche la sola consultazione di documenti cartacei, ad esempio, costringe il docente o il dirigente non vedenti ad avvalersi del tramite di un terzo: ciò perché si utilizzano ancora, prevalentemente, supporti cartacei incompatibili con la minorazione visiva. Se tali documenti cartacei contengono dati personali, questa operazione deve considerarsi “trattamento” e, pertanto, deve essere disciplinata dalle norme del Codice della Privacy.
L’impossibilità per l’operatore scolastico non vedente di compiere direttamente molte operazioni di trattamento comporta, inevitabilmente, un allargamento ad altri soggetti delle cautele e degli obblighi imposti dal Codice: non dovrebbe essere consentito, ad esempio, che una persona completamente estranea alla scuola, senza alcun ruolo formalmente riconosciuto nell’ambito del sistema di trattamento dei dati personali di un determinato Istituto, possa trattare dati personali (o addirittura sensibili) perché costretto dalla necessità di fungere da tramite tra il documento scolastico e il soggetto istituzionalmente preposto alla sua trattazione (dirigente o docente non vedente). Ad esempio, non sarebbe ammissibile consentire informalmente a un familiare del docente non vedente il trattamento di dati personali concernenti le attività scolastiche.
Le soluzioni, pertanto, sembrano essere due:
a) si affida alla persona che compie le operazioni di trattamento (per conto del docente non vedente) il ruolo formale di incaricato, ai sensi dell’art. 30 Codice Privacy, precisando tale ruolo nella informativa ex art. 13, comma 1, lett. d); infatti, i soggetti interessati hanno diritto di sapere chi può venire a conoscenza dei loro dati personali;
b) si rendono accessibili ai docenti e ai dirigenti non vedenti i documenti e i dati oggetto di trattamento, in modo da consentire l’esercizio diretto di tali operazioni, senza il tramite di terzi soggetti.
La seconda soluzione si lega a temi di grande attualità, relativi da un lato alla possibilità di utilizzare il documento informatico al posto di quello cartaceo e, dall’altro, di consentire tale utilizzo anche ai disabili visivi, secondo le norme sull’accessibilità informatica (legge n. 4/2004) e sulla firma digitale, riconosciuta giuridicamente equivalente alla sottoscrizione autografa (sull’accessibilità della firma digitale si veda il sito del progetto IRIFOR
www.firmadigitale.net).
3. Il servizio civile volontario (SCV) per l’assistenza all’insegnante non vedente
Innanzi tutto occorre verificare se il ruolo dell’assistente previsto dalla legge per l’insegnante non vedente coincida con le finalità del SCV.
In base all’art. 1 della L. 64/2001, istitutiva del SCV, questo è finalizzato a:
a) concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari;
b) favorire la realizzazione dei princípi costituzionali di solidarietà sociale;
c) promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli;
d) partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della Nazione, con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto l’aspetto dell’agricoltura in zona di montagna, forestale, storico-artistico, culturale e della protezione civile;
e) contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani mediante attività svolte anche in enti ed amministrazioni operanti all’estero.
L’assistenza al docente non vedente rientra nei fini di cui alle lettere b) e c), oltre alla formazione dei giovani di cui alla lettera e); pertanto, vi è una coincidenza tra le finalità del SCV, e l’assistenza dell’insegnante non vedente.
E’ ammissibile, quindi, un’astratta configurabilità del volontario del SCV quale assistente dell’insegnante non vedente.
Occorre peraltro esaminare meglio le due figure, per individuare concretamente la disciplina applicabile e gli eventuali limiti.
Innanzi tutto, la figura dell’assistente è nata, come abbiamo già sopra precisato, con dei caratteri di tendenziale stabilità, riferiti all’anno scolastico. Infatti, la legge 601/62 prevede che all’inizio di ogni anno scolastico gli insegnanti ciechi, ove occorra, comunicheranno per iscritto nominativo, qualifica e recapito dell’assistente prescelto per l’anno medesimo al capo Istituto cui compete concedere o meno il nulla osta. Successivamente, durante lo stesso anno scolastico, solo “giustificati motivi” possono consentire all’insegnate cieco di sostituire il proprio assistente previa autorizzazione del dirigente scolastico.
Tale disciplina appare condivisibile, al fine di evitare eterogenee presenze in aula di persone che cambiano frequentemente e che possono anche disorientare gli alunni, oltre che lo stesso insegnante.
Questa tendenziale stabilità dell’assistente non appare coincidere con i progetti “ordinari” di SCV, i quali si basano sull’assegnazione di giovani non continuativamente alla stessa persona, ma sulla base di esigenze complessive di un bacino di utenza da soddisfare che, nel caso di accompagnamento di disabili, di solito presuppongono un utilizzo a rotazione dei volontari.
Quando si tratta di lavoratori che, come l’insegnante cieco, hanno un bisogno continuativo da soddisfare, occorre applicare l’art. 40 della legge 289/2002, che prevede appunto questo tipo di servizio personalizzato in favore dei ciechi civili lavoratori. L’insegnante potrà rivolgersi alla Sezione dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti competente per territorio, precisando il tipo di servizio che l’assistente dovrà prestare, in modo che coincida con l’oggetto del progetto d’impiego predisposto dalla Sezione. L’orario di servizio del volontario, quindi, sarà impiegato totalmente a vantaggio dell’insegnante.
Una volta approvato il progetto e avviato il servizio, per il volontario designato come assistente si porranno quei problemi, in materia di trattamento dei dati personali, che abbiamo già esaminato; pertanto, anche con riferimento al volontario, si dovranno adottare le formalità sopra indicate.
Bisogna ricordare, peraltro, che questo servizio comporta la decurtazione dell’indennità di accompagnamento (o speciale) di 93 euro nel periodo in cui l’insegnante fruirà del beneficio.
4. La sicurezza delle condizioni di lavoro
Recentemente è stata sollevata la questione se sia possibile, per il dirigente scolastico, invocare la normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro per “costringere” l’insegnante non vedente ad avvalersi di un assistente. Secondo tale tesi, la normativa (in particolare il d.lgs. n. 626/2004) avrebbe introdotto nuovi obblighi gravanti anche sugli insegnanti e, quindi, farebbe venir meno il principio di facoltatività della presenza dell’assistente.
In generale, tale normativa impone al lavoratore di prendersi cura della sicurezza anche delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, sulle quali possano ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni (art. 5 d.lgs. 626/2004). Si può sostenere, dunque, che tale disposizione inciderebbe sulla facoltatività dell’assistente, poiché l’insegnante non vedente non potrebbe prendersi adeguata cura delle persone presenti in classe, sulle quali potrebbero ricadere le conseguenze delle sue omissioni, derivati dall’impossibilità di vedere ciò che succede tra i suoi alunni?
A noi sembra che questa disposizione del d.lgs. n. 626 non comporti alcuna sostanziale novità in materia di sicurezza nel luogo di lavoro costituito dall’aula di una scuola. Infatti, occorre tenere presente che in questo luogo di lavoro vige già, da molto tempo prima del d.lgs. n. 626, uno specifico obbligo di sorveglianza a carico degli insegnanti, i quali sono responsabili per gli alunni che hanno in custodia (si vedano ad esempio l’art. 39 R.D. 965/1924 e l’art. 38 DPR 417/1974).
Pertanto il legislatore, quando ha stabilito, con l’art. 61 della legge n. 270/1982, che la presenza dell’assistente debba considerarsi facoltativa, ha già operato una valutazione sulla concreta possibilità, per l’insegnante non vedente, di esercitare autonomamente i suoi doveri di sorveglianza. La ratio di questa norma, infatti, risiede nella decisione del legislatore di affidare allo stesso insegnante non vedente la delicata scelta di avvalersi o meno di un assistente, a seconda delle particolari situazioni disciplinari della classe e delle conseguenti necessità di controllo tramite l’opera di un terzo.
Se in relazione ad un obbligo di sorveglianza esistente da tempo il legislatore ha già ritenuto che sia l’insegnante stesso a decidere le sue concrete modalità di attuazione, non sembra oggi condivisibile la tesi secondo cui il legislatore avrebbe modificato il suo orientamento, in relazione ad un obbligo di analogo contenuto ma di minore rilevanza in campo scolastico, quale quello introdotto dall’art. 5 del d.lgs n. 626, rispetto al generale obbligo di sorveglianza comunque gravante sugli insegnanti rispetto agli alunni minorenni.
D’altro canto, se non riteniamo che l’obbligo di prendersi cura della sicurezza dei terzi, gravante sul lavoratore, comporti la modifica del principio di facoltatività dell’assistente, non dobbiamo per questo imprudentemente ritenere che vi sia un esonero di responsabilità per eventuali omissioni da parte dell’insegnante non vedente, anche relativamente alla scelta di avvalersi o meno dell’assistente. E’ bene quindi esaminare la tematica della responsabilità, in modo da ricollegarla alla disciplina normativa dell’assistente.
5. La responsabilità dell’insegnante non vedente per “culpa in vigilando”
L’art. 28 della Costituzione stabilisce che i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti (in tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici).
L’art. 2048 del codice civile attribuisce agli insegnanti la responsabilità del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza (essi sono esenti da responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto).
L’art. 574 del d.lgs. 297/1994 (T.U. Scuola) aggiunge che la responsabilità patrimoniale del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario per danni arrecati direttamente all’Amministrazione in connessione a comportamenti degli alunni è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave nell’esercizio della vigilanza sugli alunni stessi. Tale limitazione si applica anche alla responsabilità del predetto personale verso l’Amministrazione che risarcisca il terzo dei danni subiti per comportamenti degli alunni sottoposti alla vigilanza. Salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, l’Amministrazione si surroga al personale medesimo nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi.
Da queste disposizioni si desume che il corretto esercizio dell’obbligo di vigilanza, per un insegnante, è determinante per evitare l’attribuzione di culpa in vigilando. Infatti, l’opera del personale docente non si esaurisce con l’istruzione degli allievi, ma si estende anche alla loro sorveglianza (TAR Sardegna, 19 ottobre 1984, n. 726).
L’obbligo di sorveglianza tende ad impedire che l’allievo compia atti dannosi per sé stesso o per i terzi: qualora ciò accada, il danneggiato potrà limitarsi a provare che il fatto si sia verificato nel tempo in cui l’allievo era affidato all’insegnante, bastando questo a ritenere operante la presunzione di culpa in vigilando. Pertanto, poiché la colpa dell’insegnante è presunta, non è sufficiente dimostrare di non aver potuto impedire il fatto, ma occorre anche dimostrare di aver adottato, preventivamente, le misure organizzative idonee ad evitarlo.
Infatti il Tribunale di Bari, con sentenza n. 918/2006, ha stabilito che tale presunzione di responsabilità può essere superata fornendo la dimostrazione che l’insegnante preposto alla sorveglianza non abbia potuto impedire il verificarsi del danno, nonostante la predisposizione delle necessarie cautele, provando che la vigilanza sia stata esercitata nella misura dovuta, anche attraverso la preventiva adozione di concrete misure organizzative e disciplinari idonee ad evitare una prevedibile situazione di pericolo.
Con riferimento all’insegnante non vedente, occorre indagare se, tra queste concrete misure preventive, idonee ad evitare prevedibili situazioni di pericolo, debba o meno rientrare l’assistente.
In effetti le leggi sopra esaminate, pur avendo eliminato l’obbligo dell’assistente, hanno mantenuto l’onere, per l’insegnante non vedente, di valutare autonomamente se ricorrere a tale figura. E’ evidente che questa scelta dell’insegnante debba basarsi su parametri oggettivi, riguardanti ad es. la condizione disciplinare della classe, l’età e il grado di maturazione degli alunni, al fine di accertare la necessità di avvalersi di un assistente per il controllo “visivo” della classe.
Ove le condizioni oggettive della classe evidenzino la palese necessità di un attento controllo, che presupponga anche il senso della vista, l’insegnante non vedente dovrà designare l’assistente, o comunque dovrà comunicare tale situazione di prevedibilità del pericolo al dirigente scolastico, in modo da concordare le misure utili a prevenire tale pericolo.
In caso contrario, si potrebbe configurare una culpa in vigilando proprio per l’omessa adozione di tale preventiva misura organizzativa, idonea ad evitare fonti di pericolo, ove si dovesse verificare un evento lesivo.
Avv. Giorgio Rognetta
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento