È illecita la cancellazione dell’associazione ricorrente dall’elenco ex art. 1 DM 220/07 perchè, tra gli scopi principali perseguiti, annovera anche la tutela dei consumatori, dei disabili, dell’arte e dell’ambiente. Infatti per legge (art. 13 comma II L.44/99) deve avere tra i suoi scopi principali, ma non esclusivi, l’assistenza e la solidarietà a tali vittime per potere ottenere l’iscrizione ed i relativi fondi di solidarietà. Respinta la richiesta di risarcimento per le contrastanti decisioni, nella fase cautelare, del Tar e del CDS sulla pretesa di annullare gli atti che avevano imposto tale cancellazione.
Sono i punti salienti della sentenza del Tar Lazio sez. I ter 10821 depositata il 13 agosto 2015.
Il caso. Ad una nota associazione di tutela delle vittime del racket e dell’usura erano notificati un Decreto , con cui la s’informava della sua sospensione e cancellazione dall’elenco ex DM 220/07 ed una <<Circolare del Commissario straordinario per il Coordinamento delle Iniziative Antiracket ed Antiusura >> con la quale si convalidava il decreto, dato che l’attività di tutela di tali vittime non era considerata prevalente: ciò comportava la perdita e l’impossibilità di ricevere i fondi di solidarietà alle vittime dell’estorsione e dell’usura. Contestava, con due ricorsi, poi riuniti, questi provvedimenti per una pluralità di vizi tra cui la carenza d’istruttoria, la violazione di precedenti giudicati favorevoli all’associazione (Tar Lazio 3319/10 e Tar Campania 8940/10) e l’erronea interpretazione della legge. Irrilevante, poi, che, nelle more del giudizio, il CDS con l’ordinanza cautelare 222/15 abbia ordinato la sua reinscrizione nell’elenco, cui il Prefetto ha ottemperato prontamente con un nuovo decreto: non è cessata la materia del contendere definita nel merito con la presente decisione.
Quadro normativo. << L’art. 13, comma 2, della legge n. 44/1999 indica, tra i soggetti abilitati a chiedere l’elargizione da parte del fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura le “associazioni od organizzazioni iscritte in apposito elenco tenuto a cura del prefetto ed aventi tra i propri scopi quello di prestare assistenza e solidarietà a soggetti danneggiati da attività estorsive”, così ponendo, come requisito minimo inderogabile, che le associazioni che aspirano ad iscriversi abbiano tra i propri scopi quello di prestare assistenza e solidarietà a soggetti danneggiati da attività estorsive. Attribuisce al Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro della giustizia, la competenza a stabilire con decreto le condizioni e i requisiti per l’iscrizione nell’elenco tenuto a cura del Prefetto. A tale decreto ministeriale risulta, perciò, affidato il compito di delimitare la platea dei soggetti ammessi, con l’individuazione di condizioni e requisiti, eventualmente ulteriori, rispetto a quello minimo inderogabile fissato dal legislatore, rappresentato appunto dalla presenza, tra gli scopi dei soggetti richiedenti l’iscrizione, quello di prestare assistenza e solidarietà alle vittime dell’estorsione>>.
Lotta all’usura ed al racket: scopi esclusivi o meno? Da ciò si desume che deve essere il principale fine, ma non quello esclusivo. Ergo la onlus <<non è tenuta a limitarsi alla sola finalità di assistere e tutelare le vittime dell’usura e dell’estorsione, ben potendo svolgere anche altre attività, purché, tuttavia, queste assumano una posizione secondaria, recessiva rispetto alla finalità principale, che altrimenti non sarebbe tale>>.
Se lo statuto ha più scopi principali? Nel nostro caso tutti i citati fini sono posti sullo stesso piano. Si guarderà, perciò, all’indicazione numerica degli stessi (quello richiesto è messo per primo) e se ne potrà desumere la prevalenza sugli altri dalle molte e documentate cause, giudiziali e stragiudiziali, nella lotta contro questi crimini (prova per tabulas). I provvedimenti impugnati devono quindi essere annullati confermando l’ultimo decreto di rinserimento nell’elenco.
Giurisprudenza incerta: errore scusabile e nessun indennizzo. <<La mera illegittimità dell’attività provvedimentale non può costituire presupposto sufficiente per l’attribuzione di tutela risarcitoria, ove non accompagnato dalla dimostrazione della sussistenza dell’elemento psicologico dell’illecito sub specie, quanto meno, della colpa>>. Deve essere negato se l’errore era scusabile, << per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l’incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto>> (CDS 23/13, 4984/12 e 4333/11) : detta ordinanza cautelare del CDS evidenzia una giurisprudenza non univoca, tale da ritenere la soluzione lite non pacifica. Infatti sia il Tar che il CDS, pur << con la sommarietà propria della fase cautelare >>, avevano analizzato il merito << della pretesa annullatoria, ritenendola il primo infondata ed il secondo fondata>>. Da ciò si desume l’assenza dell’elemento soggettivo (colpa della PA) e la richiesta di indennizzo deve essere respinta.
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