Per la responsabilità amministrativa dell’ente ex D.Lgs. 231/01 è necessario che venga commesso un reato da parte del soggetto riconducibile alla società; non è, invece, altrettanto necessario che tale reato venga accertato con individuazione e condanna del responsabile.
Il caso
La sentenza in commento trae origine da un ricorso immediato per cassazione proposto dal pubblico ministero avverso la sentenza di assoluzione di una banca dall’illecito amministrativo di cui all’art. 5 del D.Lgs. 231/01.
A sostegno dell’impugnativa in parola veniva dedotta l’erronea applicazione dell’art. 8 del succitato decreto attesa la ritenuta sussistenza, da parte del giudice a quo (Tribunale di Milano), del reato presupposto. Tale circostanza avrebbe dovuto escludere l’automatica assoluzione dell’ente, attesa l’autonomia della responsabilità societaria rispetto a quella del reato presupposto, come, d’altronde confermato dallo stesso art. 8 del D.Lgs. 231/01 (“La responsabilità dell’ente sussiste anche quando : a) l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile”).
La società resistente, nel contestare le deduzioni della pubblica accusa eccepiva, tra l’altro, l’improcedibilità della contestazione per l’intervenuta prescrizione del reato presupposto, maturata, a suo dire, prima della sentenza di primo grado.
Gli effetti della prescrizione del reato presupposto sulla perseguibilità dell’illecito amministrativo
Come noto l’art. 60 del D.Lgs. 231/01 impedisce la contestazione dell’illecito amministrativo nel caso di avvenuta prescrizione del reato presupposto.
Come rilevato dalla Corte adita, la suddetta forma di estinzione dell’illecito penale deve essere interpretata quale condizione ostativa alla sola possibilità di contestare l’illecito amministrativo e non anche quale fattispecie idonea a impedire la prosecuzione del relativo procedimento già incardinato (come erroneamente sostenuto dalla società resistente).
A ciò si aggiunga che la prescrizione non corre fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il procedimento. Infatti, come specificato dai Giudici di legittimità, se è vero che l’illecito amministrativo si prescrive in cinque anni dalla commissione del reato, è altrettanto vero che si devono applicare le cause interruttive del codice civile (artt. 2943 e 2945 c.c.). Da ciò consegue che l’eventuale cognizione di un’infrazione amministrativa da parte del giudice penale (come nel caso in specie) porterà ad attribuire al relativo processo – originato da un rapporto regolarmente notificato all’interessato, ai sensi degli artt. 14 e 24, 2^ comma, L. 689/81 – un’efficacia interruttiva dei termini di prescrizione dell’illecito amministrativo, fino al passaggio in giudicato della relativa sentenza.
La responsabilità dell’ente ed accertamento del reato presupposto
Gli Ermellini, ripercorrendo le varie argomentazioni elaborate, nel tempo, dalla giurisprudenza in riferimento ai criteri di interpretazione delineati dall’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale (letterale, teleologico soggettivo e teleologico oggettivo), individuano quale elemento indefettibile ai fini della configurabilità della responsabilità amministrativa in argomento, l’ascrivibilità di un reato a carico del soggetto riferibile all’ente (ex art. 5 D.Lgs. 231/01); ritenendo, per converso, non altrettanto necessario l’accertamento del medesimo con individuazione e condanna del responsabile.
La responsabilità penale, infatti, potrà essere ritenuta in via incidentale (si pensi al caso in cui non sia stato possibile individuare il soggetto responsabile o perché non imputabile), senza che ciò possa impedire la sanzionabilità, in via amministrativa, della società.
Il senso letterale dell’art. 8 del D.Lgs. 231/01 è chiarissimo nell’evidenziare non tanto l’autonomia delle due fattispecie – dal momento che, comunque, l’illecito amministrativo presuppone, e quindi dipende, da quello penale – quanto piuttosto l’autonomia delle due condanne sotto il profilo processuale.
La decisione della Corte
In applicazione dei suddetti principi la Corte ha ravvisato nella sentenza censurata una violazione di legge essendo stata, ivi, ritenuta l’automatica esclusione della responsabilità amministrativa dell’ente quale conseguenza dell’assoluzione del suo funzionario.
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