CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI, ORDINANZA N. 12659 DEL 17 GIUGNO 2016
OBBLIGO DI MOTIVAZIONE: L’AVVISO DI ACCERTAMENTO ICI PER AREE EDIFICABILI DEVE SEMPRE BASARSI SUI PARAMETRI PREVISTI DALLA LEGGE PER LA DETERMINAZIONE DELL’IMPONIBILE
L’obbligo di motivazione dell’atto impositivo, elemento fondamentale della pretesa erariale, rinviene –come è noto – il suo presupposto normativo nella L. n. 296 del 2006, articolo 1, comma 162, laddove è previsto che, ai fini dell’esercizio della potestà impositiva degli enti locali, per i tributi di loro competenza: “Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che li hanno determinati; se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto ne’ ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale…..”.
In ordine all’applicazione di tale disposto normativo, si sono registrate nel corso degli anni diverse pronunce giurisprudenziali, tutte – notoriamente – tese a ritenere adempiuto il suddetto obbligo motivazionale ogniqualvolta il contribuente sia stato messo in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente “an” e “quantum” (Cass. n. 17762 del 12.12.2002; n. 3549 del 12.03.2002; n. 7284 del 29.05.2001; n. 658 del 21-1-2000; n. 260 del 12-1-2000; n. 2807 del 21-9-1999).
Ebbene, nel solco di tale consolidato indirizzo interpretativo si inserisce la pronuncia in commento resa dalla Corte di Cassazione con Ordinanza n. 12659 del 17 giugno 2016, che, nel condividere tale granitico orientamento, ne ha chiarito il perimetro applicativo per i casi di accertamento ici per le aree edificabili.
Sull’argomento, invero, è stato precisato che la motivazione dell’avviso di accertamento deve – comunque ed indipendentemente dall’esistenza di uno strumento di comparazione per similitudine – essere integrata dai riferimenti che la legge esige per determinare l’imponibile e cioè il “valore venale in comune commercio al 1 gennaio dell’anno d’imposizione”, imponibile che la legge medesima vuole ricavato in base a molteplici parametri, quali previsti dall’articolo 5 Decreto del Presidente della Repubblica n. 504/1992.
Parametri, questi, che nel caso delle aree fabbricabili devono avere “riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche”, con la precisazione che, per quanto attiene all’edificabilità questa non deve essere ipotetica ma “effettiva”.
E ciò, a ben vedere, non è risultato esser stato fatto nel caso di specie, ove l’ente impositore aveva provveduto alla rideterminazione del valore di un’area fabbricabile con destinazione urbanistica D2 – e, pertanto, edificabile – basandosi sulle risultanze di una compravendita relativa ad analogo bene immobile, la cui stima risaliva a diversi anni di distanza, senza quindi tener conto dei presupposti normativamente imposti dall’art. 5 D.P.R. n.. 504/92 che, ai fini del giudizio di stima, stabilisce che il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione.
Ed invero, nel merito, le Commissioni Tributarie Provinciale e Regionale adite, avevano ritenuto che -in presenza dell’identificazione dei criteri di valutazione dell’area edificabile – l’avviso di accertamento null’altro dovesse contenere che la determinazione in termini pecuniari della base impositiva, dovendosi poi desumere il criterio di valutazione dallo stesso dato normativo.
In tal modo, quindi, era stata erroneamente attribuita idoneità alla motivazione del provvedimento impositivo nonostante in esso nulla si dicesse circa le specifiche ragioni che avevano indotto l’Amministrazione a disattendere il valore proposto nella dichiarazione ai fini del citato periodo di imposta.
Di tal guisa è stata allora rilevata dai giudici di Piazza Cavour un’evidente la violazione dei criteri normativi che presiedono alla legittima motivazione del provvedimento impositivo, atteso che, in coerenza con il carattere di “provocatio ad opponendum” riconosciuto all’avviso di accertamento, è indispensabile che questo consenta al contribuente di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali onde poterla efficacemente contrastare (in termini anche Cass. n. 1209 del 4-2-2000; Sez. 5, Sentenza n. 21571 del 15/11/2004; Sez. 5, Sentenza n. 14385 del 15/06/2010).
È stato ribadito, infatti, che il requisito motivazionale dell’accertamento esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, anche soltanto l’indicazione di fatti astrattamente giustificativi di essa, purchè consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva. Ove, pertanto, l’accertamento specifichi detti estremi del rapporto sostanziale, lo stesso deve ritenersi correttamente effettuato.
In conclusione, quindi, la Suprema Corte, nel ravvisare il palese conflitto della ratio decidendi della pronuncia impugnata con la disciplina di legge ed il costante indirizzo giurisprudenziale richiamato, ha voluto chiarire che ove l’amministrazione faccia riferimento, ai fini della identificazione del valore da attribuire ad un immobile ai fini ICI, esclusivamente alle risultanze di un atto di compravendita, senza nulla aggiungere in merito ai parametri previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 504 del 1992, tale motivazione deve essere ritenuta carente se non integrata dai riferimenti che la legge esige per determinare l’imponibile.
Pertanto, nel caso delle aree edificabili, a prescindere dall’esistenza di uno strumento di comparazione, occorre sempre che l’atto impositivo richiami i riferimenti che la legge impone per determinare l’imponibile, cioè il valore venale in comune commercio all’inizio dell’anno di imposizione, così come ricavabile in base ai diversi parametri indicati dall’art. 5 di cui al D.P.R.n. 504/92.
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