Allorchè i Comuni procedono alla riscossione delle sanzioni conseguenti a violazioni al Codice della Strada, devono avvalersi delle norme di cui al DPR 602/1973 e successive modificazioni, con la formazione del ruolo esattoriale. Infatti il combinato disposto dell’art. 27 della legge 689/81 e dell’art. 206 Codice della Strada impone all’amministrazione di riscuotere la sanzione “in base alle norme previste per la esazione delle imposte dirette”, di cui al DPR 602/73. In altre parole l’amministrazione deve provvedere alla formazione dei ruoli esattoriali e consegnare detti ruoli all’esattore per la riscossione, restando inibita all’amministrazione qualsiasi altra e diversa forma di riscossione coattiva.
Ne consegue che, una volta formato il titolo esecutivo con la corretta e tempestiva notifica del verbale di contestazione, l’inutile decorso del termine utile al pagamento o la definizione del procedimento di opposizione, al trasgressore verrà notificata la cartella esattoriale, quale atto prodromico alla riscossione coattiva.
Il trasgressore potrà ugualmente proporre ricorso avverso la cartella ma la Cassazione (con le note sentenze a sezioni unite n. 491 del 13.07.2000 e n. 562 del 10.08.2000, confermate da ultimo da sent. n.2819 del 08.02.2006, sent. n.4891 del 07.03.2006) ha precisato che detta opposizione potrà essere proposta con le forme di cui all’art. 22 della legge 689/81 soltanto nel caso in cui il ricorrente sostenga di non avere mai ricevuto la notifica del verbale di contestazione. In tal caso, con la sent. n.17312 del 07.08.2007, la Suprema Corte ha determinato in sessanta giorni il termine utile al ricorso, in quanto attraverso l’impugnazione della cartella, non preceduta dalla notifica del verbale, il ricorrente si trova per la prima volta nella concreta possibilità di contestare il fondamento della pretesa sanzionatoria.
In ogni altro caso di ricorso fondato su altro tipo di eccezioni, andrà proposta opposizione all’esecuzione ex art. 615 cpc (o ex art. 617 cpc per eventuali vizi degli atti esecutivi).
“Nel caso di plurime contestazioni, con un unico atto di opposizione possono quindi essere proposte anche le tre diverse azioni sopra sintetizzate e, se ciò accade, la sentenza che le decide è soggetta, quanto al regime di impugnazione, a quello stabilito in riferimento ad ognuna di esse del 2002)”. (Cassaz. Civ. Sez. 1, Sentenza n. 21629 del 15.11. 2004).
Resta il dubbio di come valutare il ricorso ex art. 22 legge 689/81 che contenga eccezioni proponibili con i ricorsi previsti dal codice di procedura civile (artt. 615 e 617 cpc).
Si è quindi posto il quesito della posizione processuale dell’esattore nei giudizi di opposizione, in considerazione del fatto che l’esattore è un semplice delegato alla riscossione e non è il titolare della pretesa.
La Cassazione non è sempre stata univoca al riguardo; recentemente, tuttavia con sentenza 20.11.2007 n. 24154, è stato definitivamente chiarito che anche l’esattore ha un proprio interesse alla partecipazione al giudizio di opposizione ed è quindi da ritenersi litisconsorte necessario (in senso analogo Cassaz. civ. Sent.n.709 del 16.01.2008)..
Possiamo considerare due ipotesi:
prima ipotesi: il ricorrente eccepisce di non avere mai ricevuto la notifica del verbale di contestazione e propone ricorso ex art. 22 legge 689/81 contestando la formazione del titolo esecutivo. Anche se l’esattore è estraneo a tutto quanto forma oggetto del procedimento di formazione del titolo, egli ha comunque interesse a partecipare al giudizio, in quanto l’eventuale accoglimento del ricorso ha “innegabili riflessi nei rapporti con l’ente” che ha provveduto alla formazione dei ruoli. L’esattore, inoltre, prendendo parte al giudizio, è in grado di conoscere eventuali provvedimenti di sospensione o altri provvedimenti istruttori che, diversamente, non gli sarebbero opponibili.
seconda ipotesi: il ricorrente eccepisce vizi propri della cartella (è recente la discussione in ordine ai requisiti di sottoscrizione della cartella, dell’indicazione del responsabile del procedimento, affrontati dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 377 del 09.11.2007 e dal cosiddetto decreto mille proroghe DL 31.12.2007 n.248 convertito con modificazioni).
In tal caso, addirittura, l’esattore è il principale destinatario delle eccezioni del ricorrente, in quanto non viene in discussione la regolarità della formazione del titolo esecutivo, bensì la ritualità degli atti propri dell’esattore. L’eventuale accoglimento del ricorso avrebbe innegabili effetti anche nel rapporto fra ente impositore ed esattore e tale osservazione giustifica il litisconsorzio necessario per entrambi.
Un’ultima osservazione concerne le spese processuali. Anche in tema di sanzioni amministrative è pienamente ammissibile che il Giudice, nel pronunciarsi sull’accoglimento o meno del ricorso, decida se addebitare le spese al soggetto soccombente. Il concetto di soccombenza appare diverso da quello abitualmente adottato nel giudizio ordinario di cognizione, in considerazione della presunzione di legittimità dell’atto amministrativo.
Mentre, da un lato, un ricorso palesemente infondato e pretestuoso può giustificare la condanna alle spese del ricorrente soccombente, non altrettanto può dirsi in caso di accoglimento del ricorso; non è così automatico che all’accoglimento del ricorso debba conseguire la condanna dell’ente alle spese processuali. Andrà valutato il caso concreto per rinvenire eventuali atti illegittimi, compiuti dalla pubblica amministrazione nelle sequenza obbligata degli atti descritta dalla legge.
Analogamente l’esattore potrà essere chiamato a rispondere di eventuali negligenze compiute dopo la formazione del ruolo e nel corso degli atti di sua competenza per la procedura di riscossione.
Non può quindi escludersi che, in caso di accoglimento del ricorso in opposizione all’esecuzione (art. 615 cpc) o agli atti esecutivi (art. 617 cpc), l’esattore, o l’ente creditore della sanzione, possano essere condannati al pagamento delle spese processuali, in ragione di accertati elementi di soccombenza.
In tal senso Cassaz.civ.19.11.2007 n. 23993 espone che nel valutare la soccombenza e la conseguente condanna alle spese processuali, non si può omettere di considerare che, seppure in casi particolari, il cittadino può essere assoggettato ad esazione senza che ne ricorrano i presupposti e che, in tal caso, egli venga a trovarsi nella condizione di dover far valere le proprie ragioni in un giudizio, con l’accollo delle spese relative. Adire il Giudice e farsi assistere professionalmente costituiscono, in simili casi, l’attuazione concreta di un diritto inviolabile previsto dall’art. 24 della Costituzione.
Renato Amoroso – coordinatore ufficio del Giudice di Pace di Monza.
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