L’esclusione dei concorrenti nelle gare di appalti per lavori, forniture e servizi per omessa dichiarazione dei requisiti di idoneità morale dei procuratori ed institori

Russo Pasquale 14/04/14
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  1. 1.     I requisiti di idoneità prescritti per gli amministratori delle società concorrenti –

Nel sistema ordinamentale italiano, alle procedure di evidenza pubblica sono ammessi a partecipare solo  operatori economici qualificati che siano in condizione di offrire garanzie di affidabilità e nonché di capacità tecnica, individuate dal legislatore in specifici requisiti  sia di ordine morale (c.d. requisiti di ordine generale) che di carattere speciale (requisiti di idoneità professionale, di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionali).

In particolare, i requisiti di idoneità morale che i concorrenti debbono possedere a pena di esclusione dalle gare di appalto per lavori, forniture e servizi, sono stabiliti dall’art. 38 comma 1 del D.Lgs. 12-4-2006 n. 163  e precisamente alle lett. b), c) ed m-ter) laddove prescrive che  essi debbono essere posseduti, tra gli altri, da “……..gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza……”

Ai sensi del comma 2 della stessa disposizione, il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle previsioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445. Le predette dichiarazioni,  ai sensi rispettivamente delle fattispecie di cui agli art. 46 e 47,  sottoscritte dall’interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni concernenti  stati, qualità e fatti personali, nella prima ipotesi, e dichiarazioni concernenti stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato nella seconda ipotesi, in caso di accertata mendacità o falsità, danno luogo a responsabilità penale come espressamente menzionato dall’ 76 del surrichiamato decreto.

L’elencazione dei requisiti di ordine generale contenuta nel comma 1dell’art.38 del D.Lgs. n.163/2006, deve ritenersi tassativa e di stretta interpretazione, con la conseguenza che è precluso alle stazioni appaltanti richiedere agli operatori economici requisiti ulteriori e diversi da quelli contemplati dalla norma richiamata ostandovi l’espresso divieto sancito dal comma 1bis dell’art.46 del D.Lgs. n.163/2006, introdotto dal decreto legge n.70/2011, a mente del  quale le stazioni appaltanti non possono  introdurre nei bandi e disciplinari  di gara prescrizioni a pena di esclusione ulteriori o diverse da quelle espressamente previste dal D.Lgs. n.163/2006, dal D.P.R. n.207/2010 o da altre norme di legge, con espressa comminatoria di nullità di dette eventuali ulteriori prescrizioni.

Attesa la gravità della sanzione stabilita dalla legge, le stazioni appaltanti si sono imbattute nel problema di definire i corretti confini entro cui disporre la esclusione dalla gara di quelle società  in cui sono presenti amministratori che non hanno reso la prescritta dichiarazione sul possesso dei requisiti di che trattasi.

Il nostro ordinamento civile  prevede tre diverse figure che coadiuvano con l’imprenditore e ne fanno le veci nella gestione dell’esercizio dell’azienda: i procuratori, gli institori e i commessi. Si tratta, in sostanza di quelle particolari figure professionali che collaborano con l’imprenditore i cui poteri di rappresentanza non derivano da una procura, ma dal fatto stesso di svolgere funzioni e compiti assegnati direttamente dal legale rappresentante o competente organo societario dell’azienda.

 

  1. 2.     – Procuratori, institori e commessi: il procuratore ad negotia –

Ai sensi dell’ art. 2209 c.c. sono procuratori coloro che in base a un rapporto continuativo, abbiano il potere di compiere per l’imprenditore gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur non essendo preposti ad esso. L’inserimento del procuratore nel contesto della gestione dell’impresa lo differenzia dal “procuratore ad negotia”, figura solo eventuale nell’assetto della società  e che è titolare solo di limitati  poteri gestori definiti nell’atto di procura, finendo con il soggiacere alle direttive degli organi societari. Tale diversa condizione è stata oggetto di precisazione con sentenza della Cassazione civile (Sez. I – 17/6/1982 n. 3679)  secondo la quale il rapporto continuativo con l’imprenditore  “deve consistere in un tipo contrattuale che configuri un obbligo di collaborazione  di carattere intellettuale  che faccia da supporto alla collaborazione giuridica in cui si sostanzia la rappresentanza” di cui all’art. 1387. Ne consegue che in assenza di una specifica previsione normativa, il procuratore ad negotia non ha obbligo di rendere le dichiarazioni di cui all’art. 38 del D. Lgs. 163/2006.

L’ institore, ai sensi dell’ art. 2203 c.c. è rappresentante generale dell’imprenditore preposto all’esercizio dell’impresa commerciale o di un suo ramo epuò compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa a cui è preposto, salve le limitazioni  contenute nella procura; può stare in giudizio in nome del preponente per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell’esercizio dell’impresa a cui è preposto ed è tenuto, insieme con l’imprenditore, all’osservanza delle disposizioni riguardanti l’iscrizione nel registro delle imprese e alla tenuta delle scritture contabili

La differenza sostanziale tra la figura dell’institore e quella del procuratore sta nel fatto che questi non è, come l’institore,  preposto alla gestione dell’impresa o di un suo ramo, ma essendo, comunque, ausiliario con potere direttivo, ha anche la rappresentanza dell’imprenditore per gli specifici incarichi che deve svolgere nella gestione degli affari d’azienda. Inoltre, proprio perché non sono preposti  non sono preposti all’esercizio dell’impresa, e, quindi, non hanno lo stesso ruolo dell’ institore, al procuratore  si applicano solo alcune norme che il codice civile detta in materia e, partitamente,  l’art. 2206 relativo alla pubblicità della procura e l’art. 2207 relativo alla modifica e revoca della procura, che devono essere iscritte nel registro delle imprese per l’opponibilità ai terzi.

Al procuratore, invece, non spetta la rappresentanza processuale dell’imprenditore che, invece, spetta all’institore ex art. 77 c.p.c. e  non è soggetto agli obblighi che gravano sull’institore alla tenuta delle scritture contabili e all’iscrizione nel registro delle imprese ex art. 2205 né, infine, è assoggettato al regime della responsabilità ex ‘art. 2208 propria dell’institore nel caso in cui  agisca senza mettere a  conoscenza del terzo la sua qualità.

I commessi, infine, sono figura secondaria rispetto ai procuratori ed institori, disciplinati dagli artt.2210 – 2213 del codice civile e si sostanziano in ausiliari subordinati dell’imprenditore che hanno un limitato potere di rappresentanza limitatamente ad attività di impresa di carattere ordinaria ed esecutive ( non possono derogare alle condizioni generali di contratto se non espressamente autorizzati; non possono ricevere il corrispettivo delle merci che non consegnano essi stessi e comunque non fuori dalla sede dell’impresa se non espressamente autorizzati; possono chiedere provvedimenti cautelari nell’interesse dell’imprenditore.)

 

  1. 3.     – L’esclusione dei concorrenti per mancata dichiarazione dei requisiti di idoneità morale degli amministratori muniti di rappresentanza –

Nelle procedure di evidenza pubblica gli operatori economici che non dichiarino il possesso, tra gli altri di specifici requisiti  di ordine morale, per espressa statuizione normativa, sono esclusi dalla procedura. Detta circostanza vale anche quando a non rendere la prescritta dichiarazione sono gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza dell’impresa.

In ordine a tale evenienza si sono formati due indirizzi giurisprudenziali: il primo, c.d. formalistico, ritiene che ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. n. 163/06 si debba rimanere ancorati, con rigore ermeneutico, al dato formale della norma, che richiede la compresenza della qualità di amministratore e del potere di rappresentanza (che può essere limitato per gli amministratori ex art. 2384, comma 2, c.c.) e non vi è alcuna possibilità per estendere l’applicabilità della disposizione a soggetti, quali i procuratori, che amministratori non sono. Inoltre, l’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 , nell’individuare i soggetti tenuti a rendere la dichiarazione , fa riferimento soltanto agli “amministratori muniti di potere di rappresentanza”, cioè proprio ai soggetti che siano titolari di ampi e generali poteri di amministrazione, senza estendere l’obbligo ai procuratori.  ( C.d.S. sez. III, n. 1471 del 16 marzo 2013; Sez. V, n. 95 del 10 gennaio 2013; n. 3340 del 6 giugno 2012; n. 2970 del 22 maggio 2012; n. 6163 del 21 novembre 2011 (che può essere limitato per gli amministratori ex art. 2384, comma 2, c.c.).

Il secondo indirizzo, definito sostanzialista, superando il dato formale dell’art. 38,  e muovendo dalla nozione di  “amministratori muniti di potere di rappresentanza”, ammette che si possa procedere all’esame dei poteri, delle funzioni e del ruolo effettivamente attribuiti al soggetto considerato, indipendentemente dalle qualifiche formali rivestite, così da selezionare i  “soggetti che hanno avuto un significativo ruolo decisionale e gestionale societario”. In particolare,  estende l’obbligo della dichiarazione della sussistenza dei requisiti morali e professionali a quei procuratori che, per avere consistenti poteri di rappresentanza dell’impresa, “siano in grado di trasmettere, con il proprio comportamento, la riprovazione dell’ordinamento nei riguardi della propria condotta al soggetto rappresentato” (Cons. St., sez. VI, n. 178 del 18 gennaio 2012; n. 6374 del 12 dicembre 2012; n. 5150 del 28 settembre 2012: sez. IV, n. 6664 del 21 dicembre 2012).

Il problema sorge per il fatto che gli amministratori muniti del potere di rappresentanza sono quelli nominati dall’assemblea (art. 2380-bis) con specifici poteri di impegnare la società nella quale sono organicamente inseriti, a differenza dei c.d. “procuratori ad negotia”  che sono investiti di limitati poteri gestori in forza di procura degli amministratori della società, a questi subordinati e soggetti alle loro direttive, ma i cui poteri possono essere tali da impegnare sul piano decisionale la società a tal punto che si possono ripercuotere sull’affidabilità morale della società, al pari degli amministratori formalmente muniti del potere di rappresentanza puntualmente pubblicizzata nei certificati camerali.

A fronte dell’incertezza che si è creata, il Consiglio di Stato, in Adunanza plenaria, con sentenza n. 23 del 16/10/2013, aderendo alla tesi sostanzialistica , ha affermato che l’esigenza di accertare il possesso dei requisiti di idoneità morale sussista anche per i procuratori e gli institori, in quanto  assimilabili agli amministratori muniti di potere di rappresentanza. Tuttavia l’obbligo dichiarativo, secondo la statuizione surriferita, sussiste soltanto in caso di espressa previsione del bando in tal senso. In caso di bando generico sul punto, l’esclusione potrà essere disposta soltanto in caso di effettiva mancanza del requisito e non invece in caso di omessa autodichiarazione, laddove il requisito effettivamente  sussista.

La ratio della norma che impone tale obbligo dichiarativo viene individuata nella volontà del legislatore di permettere all’ente appaltante di operare un controllo sulla idoneità morale di tutti quei soggetti che siano potenzialmente in grado di impegnare la società all’esterno (vd. Cons. di Stato sez. III, 16.3.2012, m. 1471).

Ma la posizione assunta dal Consiglio di Stato non ha incontrato il favore dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture,  che, nell’esercizio del potere di segnalazione al Governo ed al Parlamento di cui all’art. 6, comma 7, lett. f), del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 ha inteso formulare alcune osservazioni in merito agli obblighi di comunicazione di cui all’art. 38 comma 1 lett. b), c) ed m-ter) e al loro ambito di applicazione soggettivo.

In particolare, con  atto di segnalazione n. 1/2014, approvato dal Consiglio nella seduta del 12 marzo 2014 , l’ Autorità ha precisato che “La soluzione accolta dall’Adunanza Plenaria non appare idonea a risolvere tutta la gamma dei possibili scenari che possono verificarsi. Infatti, ammettendo che la verifica dei requisiti debba riguardare anche i procuratori, ma non tutti, soltanto quelli i cui poteri siano di portata tale da impegnare la società in scelte decisionali che incidano sul suo operato, si lascia molto spazio a valutazioni discrezionali. E’ evidente che l’eccessiva discrezionalità delle stazioni appaltanti nella verifica spesso comporta il prodursi di disequità e comportamenti non omogenei. Inoltre, vi sono molte realtà i cui assetti societari non permettono facilmente di districarsi nella selva di incarichi, attribuiti attraverso mandati singoli o plurimi, a vari soggetti che spesso sfuggono anche al controllo dell’amministrazione  e che risulta molto complesso identificare e perfino reperire.”

Ed a tal proposito l’Autorità evidenzia come si imponga alla stazione appaltante, qualora scelga di prevedere espressamente nella lex specialis l’obbligo di rendere la dichiarazione da parti dei summenzionati soggetti, un onere interpretativo di non trascurabile entità nella “individuazione delle categorie astratte di ordine generale cui ricondurre i poteri dei procuratori tenuti a rendere le dichiarazioni.” Con la conseguenza che  “La situazione che si viene a creare è evidentemente molto confusa.”

Per alleggerire e snellire la procedura prevista dall’art. 38 ed eliminare, o almeno attenuare le predette criticità, l’Autorità, con il precitato atto di segnalazione, promuove al Governo una modifica dell’art. 38 del Codice appalti (e le altre norme che regolano le dichiarazioni sostitutive) prevedendo che l’obbligo di dichiarazione ai sensi del comma 1 lett. b) c) e m ter) per i procuratori speciali gravi sul soggetto che sottoscrive i documenti di gara, così come già stabilito per i cessati dalla carica. Il soggetto dichiarante, in sostanza in qualità di legale rappresentante del soggetto partecipante alla specifica gara d’appalto, potrebbe raccogliere le autodichiarazioni rese da tutti  i procuratori speciali incaricati dalla società, indipendentemente dall’estensione dei poteri attribuiti.

Ciò sarebbe in sintonia, precisa l’Autorità con un costante indirizzo giurisprudenziale (tra le varie pronunce: Cons. St., V, 15.10.2010 n. 7524) secondo il quale  l’obbligo di dichiarare l’assenza dei pregiudizi penali può ritenersi assolto dal legale rappresentante dell’impresa anche riguardo ai terzi, nel presupposto che, anche in questo caso, operano le previsioni di responsabilità penale e il potere di verifica da parte della stazione appaltante. Analogamente, nel caso delle dichiarazioni rese per conto dei procuratori speciali da parte dei rappresentati legali della società concorrente, si configurerebbe la facoltà del legale rappresentante dell’impresa di dichiarare, per quanto a propria conoscenza la sussistenza dei requisiti in capo ai procuratori speciali.

Conclude poi l’Autorità che l e dichiarazioni sostitutive, quando la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, di cui all’art. 6-bis del Codice andrà a regime potranno essere inserite nel sistema AVCPass con la conseguenza, quindi, che la nuova normativa sarebbe improntata ad una semplificazione in linea con gli orientamenti del Parlamento europeo che al punto 84 della nuova direttiva 26/2/2014 n. 2014/24/Ue prevede in materia di gare ad evidenza pubblica di livello comunitario il c.d. “Documento di gara unico europeo” (DGUE) che dovrebbe consentire un’autodichiarazione aggiornata come prova documentale preliminare in sostituzione dei certificati rilasciati dalle autorità pubbliche o terzi in cui si confermi che l’operatore economico soddisfa le condizioni richiamate dalla precitata norma, comprese quelle relative proprio l’assenza di condanne penali.

 

 

  1. – Considerazioni conclusive –

L’atto di segnalazione dell’Autorità di vigilanza dianzi enunciato ha evidenziato che  la soluzione accolta dall’Adunanza Plenaria non appare idonea a risolvere tutta la gamma dei possibili scenari che possono verificarsi in quanto, anche ad ammettere che “la verifica dei requisiti debba riguardare anche i procuratori, ma non tutti, soltanto quelli i cui poteri siano di portata tale da impegnare la società in scelte decisionali che incidano sul suo operato, si lascia molto spazio a valutazioni discrezionali.”  Con la conseguenza che l’eccessiva discrezionalità delle stazioni appaltanti nella verifica delle casistiche cui si presta il caso di specie produrrebbe  “disequità e comportamenti non omogenei”, atteso che nel mondo commerciale esistono molti operatori economici i cui assetti societari sono talmente variegati che spesso sfuggono al controllo dell’amministrazione. Tuttavia, la proposta di modifica dell’art. 38 del codice degli appalti pubblici, così come definita dall’AVCP nel surriferito atto di segnalazione, si risolve in una mera estensione della facoltà di autodichiarazione del terzo, già prevista per gli amministratori cessati dalla carica,per conto degli amministratori tenuti alle dichiarazioni di cui alle lettere b), c) ed m-ter). In sostanza, con il nuovo regime auspicato dall’Autorità, sarebbe spostato l’obbligo dai procuratori ed institori presenti nell’organizzazione aziendale al legale rappresentante del sodalizio il quale, però, a sua volta, ad evitare di incorrere egli stesso nelle sanzioni penali per le dichiarazioni mendaci o false, dovrà farsi dichiarare la sussistenza dei requisiti prescritti dagli stessi interessati. Ma a ben vedere, siffatta soluzione non sembra  contribuire sostanzialmente ad un ulteriore semplificazione degli adempimenti, ma, è il caso di sottolinearlo, alla mera estensione di una fattispecie regolativa, quella della facoltà di autodichiarazione per conto di altri soggetti, che si può ritenere già sottesa alla statuizione che la consente, ma la cui ratio, ed è il caso di evidenziarlo,  non può, evidentemente, che fondarsi sulla difficoltà di rintracciare i precedenti amministratori fuoriusciti dalla compagine sociale e che non hanno neanche interesse a contribuire alle sue  performance.

Con le conseguenti riserve che si possono trarre dal sostenere l’impiego di un identico istituto giuridico, la dichiarazione sostitutiva di notorietà, per assolvere a due finalità distinte, il cui impiego sottopone, in caso di non veridicità dei fatti, stati e qualità personali  dichiarate, il soggetto titolare della società alle sanzioni previste dalla legge penale, oltre che alla esclusione dalla gara, finendo così con scaricare l’obiettivo  di semplificazione degli oneri della P.A. sulla sfera di responsabilità personale dell’operatore che, invece, ne dovrebbe beneficiare senza oneri. 

Russo Pasquale

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